Chi riuscirà a fermare la guerra in Ucraina?

ukraine 0123 super 169di Aristart A. Kovalëv

LEGGI IN VERSIONE PDF

Lo scritto di Aristart A. Kovalev, è stato pubblicato in russo su Političeskoe prosveščenie [Formazione politica, organo del Partito Comunista della Federazione Russa], n 2 (91) 2016, pp. 135-148, e in traduzione italiana sul n. 1-2/2016 di MarxVentuno rivista.

Dopo la dissoluzione dell’Urss gli Usa hanno trascinato la Russia e l’Ucraina (così come gli altri stati postsovietici) nell’orbita di un asservimento neocoloniale. Tuttavia, dopo che la Russia ha dichiarato l’avvio di una propria politica estera nel 2007, il presidente dell’Ucraina Janukovyč ha cominciato a barcamenarsi tra UE e Russia. Gli imperialisti avevano bisogno di sostituire Janukovyč con una marionetta più arrendevole, di trascinare l’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato e di provocare per suo tramite una guerra con la Russia. A tale scopo gli Usa hanno attuato un colpo di stato, sfruttando come principale forza d’urto i fascisti seguaci di Bandera. Viene quindi analizzata l’origine storica di questi ultimi.

L’aggressione fascista ha provocato una vasta resistenza da parte della popolazione, in particolare nelle regioni sud-orientali dell’Ucraina. Essa è stata crudelmente repressa, ma le cose sono andate diversamente in Crimea e nel Donbass. Il ricongiungimento della Crimea alla Russia e l’insurrezione nel Donbass hanno funto da artificioso “pretesto” con cui Kiev ha scatenato una guerra vera e propria contro il suo popolo, presentandola come una guerra contro la Russia, indicata come aggressore. Nel Donbass il popolo insorto ha proclamato la nascita della Repubblica Popolare di Doneck (DNR) e della Repubblica Popolare di Lugansk (LNR). Viene quindi analizzata da un punto di vista di classe la situazione in Ucraina, nel Donbass e in Russia, con tutte le sue contraddizioni, e proposto un programma per l’instaurazione di un autentico potere popolare. Il compito principale della resistenza mondiale oggi è la vittoria degli antifascisti nel Donbass, che susciterebbe un’ondata di sommosse popolari in tutta l’Ucraina, e darebbe impulso alla lotta sociale e di classe sul territorio dell’ex Urss e poi in tutta l’Europa.

In Ucraina da quasi due anni imperversa una guerra spaventosa di cui non si riesce a vedere la fine. I tentativi di riportare la pace sulla base degli Accordi di Minsk nella pratica non stanno avendo successo. Chi riuscirà a fermare questa guerra? Per rispondere a questa domanda è necessario districare un nodo sanguinoso in cui si sono intrecciati interessi contraddittori: Usa e Russia, Ucraina e Russia, Kiev e il Donbass, il popolo e gli oligarchi, fascisti e antifascisti. Partiamo dunque dall’analisi della situazione in cui si è trovata l’Ucraina dopo la dissoluzione dell’Urss.

Prigionieri dell’asservimento imperialista

Sull’arena mondiale da più di un secolo un pugno di stati imperialisti sfrutta la maggior parte dei paesi da essi dipendenti. L’interesse degli imperialisti è quello di impadronirsi delle materie prime e di manodopera a basso costo, sia perché ciò è alla base del loro dominio, sia ai fini di acquisire un vantaggio sui concorrenti. Questo interesse è generato dall’azione delle leggi dell’appropriazione capitalistica. Essa agisce in maniera crudele e spietata, non accetta compromessi ed è indipendente dalla volontà e dalle idee di questo o quel governante. Per usare le parole di Karl Marx, la borghesia a livello mondiale è capace di qualunque crimine pur di ottenere i suoi sovrapprofitti. Essa comprende solo il linguaggio della forza.

Dopo la dissoluzione dell’Urss, gli Usa, animati da un interesse puramente predatorio, hanno trascinato la Russia e l’Ucraina (così come gli altri stati postsovietici) nell’orbita di un asservimento neocoloniale. A tale scopo si ponevano i seguenti obiettivi: introdurre il capitalismo, liquidare l’industria manifatturiera, trasformare l’economia ucraina in modo da farne un paese che esportasse materie prime in Occidente; ridurre la popolazione al minimo necessario per il mantenimento di un’economia di esportazione di materie prime, mettere a punto un meccanismo di travaso delle ricchezze dell’Ucraina nei paesi imperialisti.

Tuttavia, dopo che la Russia ha dichiarato l’avvio di una propria politica estera con il discorso di Putin nel 2007 a Monaco, il presidente dell’Ucraina V. Janukovyč ha cominciato a barcamenarsi tra l’Unione Europea e la Russia; dopodiché, un attimo prima di firmare l’accordo per l’ingresso dell’Ucraina nel Partenariato Orientale dell’Unione Europea, si è tirato indietro. Ciò era in contrasto con gli interessi degli imperialisti. Tanto più che in questo periodo, dopo l’inizio della crisi economico-finanziaria del 2008-2009, il capitalismo mondiale continuava a stagnare, rendendo sempre più acuto il problema delle risorse a basso costo di cui sono tanto ricche Russia e Ucraina.

Gli imperialisti avevano bisogno di sostituire Janukovyč con una marionetta più arrendevole, di trascinare l’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato e di provocare per suo tramite una guerra con la Russia, indebolendola ai fini di un’ulteriore colonizzazione tanto della Russia, quanto dell’Ucraina. A tale scopo gli Usa hanno attuato un colpo di stato, sfruttando come principale forza d’urto i fascisti banderiani. Per convincersi ancora una volta del carattere fascista dei nazionalisti banderiani, che a volte molti contestano sia in Ucraina che in Russia, ci soffermeremo brevemente su questa questione.

Il fascismo americano-banderiano

L’origine del fascismo banderiano affonda le sue radici nella storia. Per quasi dieci secoli la popolazione della Galizia (la parte occidentale dell’Ucraina) è stata soggiogata da altri stati – Polonia, Lituania, Austria-Ungheria – che erano in guerra contro la Russia o si trovavano in rapporti di inimicizia nei suoi confronti. Tale ostilità verso i moskali [2] è entrata a far parte della memoria storica di una determinata parte degli ucraini occidentali, e questa memoria è risultata essere assai longeva. Perciò, sfruttando l’aspirazione all’indipendenza di questi ultimi dopo un plurisecolare servaggio, i nazionalisti radicali capeggiati da Stepan Bandera ai tempi della Grande Guerra Patriottica [3] riuscirono a coinvolgere molti ucraini nella loro guerra contro l’Urss al fianco della Germania. Dai fascisti tedeschi essi assimilarono una particolare ideologia fascista.

È così che hanno preso forma le mostruose peculiarità dei nazisti banderiani: l’imposizione della propria eccezionalità e supremazia, l’intolleranza verso chi la pensa diversamente, l’aggressività e la bellicosità verso gli altri popoli. Il loro credo è depredare e uccidere senza pietà i moskali, i “giudei” e i comunisti. Per la crudeltà e mostruosità delle loro atrocità essi surclassarono i propri idoli tedeschi, cosa che già nel primo dopoguerra sperimentarono appieno sulla propria pelle gli abitanti della stessa Galizia che presero le parti del potere sovietico.

Dopo il 1991 gli americani sono andati a ripescare i banderiani dall’oscurità e nell’Ucraina borghese essi sono stati preparati per 20 anni alla guerra con la Russia.

La scelta è caduta su di loro per “affinità d’animo”, giacché gli stessi Usa non sono meglio dei fascisti. Essi hanno sempre condotto guerre predatorie. Gli storici hanno calcolato che per tutta la loro storia gli Stati Uniti hanno fatto una guerra ogni due anni. Il mondo ricorda Hiroshima e Nagasaki, sulle quali gli americani gettarono delle bombe atomiche senza che ve ne fosse la necessità militare, e lo sterminio dei vietnamiti con il napalm. Per non dire delle atroci torture nei campi di concentramento sparsi in vari paesi del mondo, e di molto altro. Il conto già da tempo arriva a milioni di innocenti uccisi, torturati e mutilati: africani, giapponesi, vietnamiti, arabi, serbi… E più si va avanti, più l’imperialismo americano diventa aggressivo. Nei confronti degli altri popoli e paesi gli Usa conducono apertamente una politica di egemonia globale, di asservimento e di dominio. E non lo nascondono. Qualche tempo fa Obama ha dichiarato: “l’America è più importante di tutti”. Qual è la differenza con la propaganda fascista riguardo alla razza superiore e all’eccezionalità del popolo tedesco? Da molto tempo un nuovo Tribunale di Norimberga aspetta i boia degli Usa, e senz’altro aspetterà tutto il tempo che sarà necessario.

Per tutte queste ragioni, il fascismo in Ucraina può essere a buon titolo chiamato fascismo bandero-americano.

I banderiani sono stati addestrati alla guerra contro la Russia in speciali campi ubicati in Ucraina, in Polonia, nei paesi baltici e altrove, sotto la guida di istruttori della Nato. Per le stesse finalità nel paese sono state costituite migliaia di organizzazioni non-governative che hanno propagandato l’eccezionalità della nazione ucraina, la russofobia, l’odio contro i moskali, i “giudei” e i comunisti; in breve, hanno propagandato fascismo. 

Preparare l’Ucraina alla guerra è venuto a costare agli americani miliardi di dollari. Usa significa affari. Il calcolo era semplice: combattere la Russia con le forze degli ucraini costa meno che farlo con le proprie forze, spendendo migliaia di miliardi di dollari.

Occorre notare che in questi 20 anni anche le autorità borghesi dell’Ucraina hanno appoggiato i banderiani. E non sono state le sole. In molti paesi europei (Germania, Polonia, paesi baltici, Italia, Austria) la borghesia organizza e finanzia bande, associazioni e partiti fascisti, principalmente per la lotta contro il movimento proletario. In tal modo il fascismo sta ormai diventando un fenomeno mondiale, la forma più aggressiva di dominio del capitale mondiale.

L’occupazione dell’Ucraina da parte dei fascisti e l’ondata di resistenza

Come pretesto per il colpo di stato in Ucraina gli americani e i loro satelliti hanno sfruttato il marcato inasprimento delle contraddizioni tra l’oligarchia dominante e la popolazione diseredata. Tramite i social network la CIA ha fatto detonare un’esplosione sociale in Ucraina, alla cui testa si sono posti come forza d’urto banderiani e nazisti. Il risultato di questo consueto modo di agire degli Usa era già predeterminato, così come il corso degli eventi era prevedibile. Al potere è salito un governo pienamente sotto controllo Usa. La sua ideologia filofascista proclamava lo sradicamento di tutto ciò che è russo, fra le altre cose la lingua, la cultura, e le tradizioni, e la messa al bando di tutto ciò che è sovietico e comunista. Il principale idolo è diventato Stepan Bandera, mentre l’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA) [4] è stato riconosciuto come esercito di combattenti per la libertà e l’indipendenza del paese.

È da rilevare che gli oligarchi ucraini che hanno finanziato la Majdan hanno poi occupato posti chiave nella gerarchia del potere, dal presidente dell’Ucraina fino ai governatori delle regioni, e hanno utilizzato i nazisti per una nuova spartizione delle proprietà e del potere.

L’aggressione fascista ha provocato una vasta resistenza da parte della popolazione, in particolare nelle regioni sud-orientali dell’Ucraina. Essa è stata crudelmente repressa, in particolare a Char’kov, a Odessa e nelle altre città. Le cose sono invece andate diversamente in Crimea e nel Donbass.

In Crimea per la popolazione russa che vi risiede si è fatta reale la minaccia di una “notte di San Bartolomeo” dei fascisti banderiani e di parte della popolazione tatara locale, che appoggiava la Turchia ed aspirava ad instaurare un proprio governo sulla penisola. Inoltre, incombeva una minaccia anche sulla base della flotta russa del Mar Nero ubicata a Sebastopoli, verso la quale già si era diretta una squadra di cacciatorpediniere statunitense per farvi base. In questo drammatico momento la schiacciante maggioranza dei crimeani si è espressa con un referendum a favore dell’ingresso nella Federazione Russa, il che ha permesso di salvare letteralmente la popolazione della Crimea da un genocidio.

Nel Donbass il popolo insorto ha proclamato la nascita della Repubblica popolare di Doneck (DNR) e della Repubblica Popolare di Lugansk (LNR). Le cause dell’insurrezione nel Donbass (a differenza delle altre regioni dell’Ucraina) vengono spesso ridotte alla speranza della sua popolazione di ricongiungersi con la Russia, basata sull’assicurazione di Putin che “non abbandoneremo l’Ucraina ai banderiani”. Tutto ciò c’è stato davvero, sia le assicurazioni che le speranze tradite. Tuttavia, a nostro parere, la cosa principale che ha spinto alla resistenza armata contro i fascisti è stato lo spirito combattivo proletario della popolazione operaia di questa regione estremamente industrializzata, la sua memoria del passato sovietico e della vittoria sul fascismo, nonché la storica (e geografica) vicinanza alla Russia (in passato questa regione era nata come parte dell’Impero Russo).

La “crociata” nel Donbass

Il ricongiungimento della Crimea alla Russia e l’insurrezione nel Donbass hanno funto da artificioso “pretesto” con cui la junta di Kiev ha scatenato una guerra vera e propria contro il suo popolo, presentandola come una guerra contro la Russia, indicata come aggressore. Ed effettivamente si tratta di artificioso “pretesto”, in quanto ben prima della Crimea e del Donbass tutte le azioni degli Usa per il rivolgimento militare a Kiev erano rivolte a una guerra contro la Russia.

Qui gli interessi principali degli Usa si sono strettamente intrecciati a quelli degli oligarchi della junta kieviana e della Russia.

Il principale obiettivo strategico degli Usa è quello di portare e alimentare la guerra alla Russia per poterla indebolire e sottomettere.

L’interesse degli oligarchi è in primo luogo quello di impadronirsi delle ricchissime risorse naturali dell’Ucraina e della sua assai sviluppata base industriale e scientifica; in secondo luogo, di ottenere sovrapprofitti dalle forniture militari. Quanto più materiale militare viene distrutto, quanti più proiettili vengono sparati, tante più commesse militari ci saranno. Ciò spiega il disordinato bombardamento delle aree popolate del Donbass da parte delle truppe ucraine anche durante la tregua.

Gli interessi della junta di Kiev, che svolge il ruolo di istigatrice della guerra dell’Ucraina contro la Russia per conto degli Stati Uniti, sono anzitutto quelli di ricevere una tranche di aiuti dal Fmi per la guerra alla Russia, i quali fungeranno anche da fonte di arricchimento per i suoi funzionari più alti in grado. Pur di avere sempre nuovi bocconi essi compiono continue provocazioni nelle capitali dei creditori – Washington, Bruxelles, ecc. – presentando l’Ucraina come vittima di un’aggressione da parte della Russia e come paladina della lotta per gli ideali di democrazia e libertà del mondo occidentale. Erogando loro sempre nuove tranche di aiuti, i creditori a parole condannano la corruzione, ma in realtà comprendono bene che il denaro rubato è il premio con cui essi incoraggiano le proprie marionette in cambio di fedeli servigi. Per questo, tra l’altro, la corruzione in Ucraina è “invincibile” nell’attuale regime e trascinerà sempre più a fondo il paese nella spirale del debito.

Per quanto riguarda gli interessi della Russia, essi non sono univoci, anzi sono contraddittori. Come si è già fatto notare, dal 2007 Putin ha dichiarato che avrebbe condotto una politica estera indipendente. Ed effettivamente la Russia conduce una politica estera indipendente, sulla base del suo potenziale atomico. Tuttavia, la politica economica condotta dal governo filoccidentale, principalmente negli interessi degli Usa e degli oligarchi russi, rimane in sostanza neocoloniale. Continuando a seguire gli approcci neoliberisti, il governo, nonostante le ricchissime risorse naturali e il cospicuo potenziale scientifico e di quadri ancora esistente, per tutti gli ultimi anni ha mantenuto l’economia in una condizione di depressione e ha permesso l’abbassamento dei suoi principali indicatori, mentre il livello di vita della maggioranza della popolazione si trova ancora al di sotto della soglia di povertà.

Circa un terzo delle terre arabili (più di 40 milioni di ettari) sono in stato di abbandono, l’industria manifatturiera è stata distrutta, non vengono utilizzate le innumerevoli risorse naturali, rimangono inutilizzati enormi porzioni di territorio, sulle quali lanciano sguardi rapaci gli stati imperialisti come gli Usa, l’Europa e il Giappone, pronti, in caso di indebolimento della Russia, a “farla a pezzi”, per usare l’espressione di Obama. In tali condizioni, il paese obiettivamente non ha interesse ad annettere altri territori, a occupare l’Ucraina o a prendersi il Donbass. Come si usa dire, non sappiamo che farcene neppure di quel che abbiamo. 

Le forze d’urto dell’imperialismo, i fascisti americo-banderiani, sono già sulla soglia della Russia, e in caso di caduta del Donbass minacciano di estendere l’incendio bellico al territorio della Russia. Per questo l’aiuto al Donbass nella sua guerra contro il fascismo risponde agli interessi nazionali della Russia: non solo a quello di difendere la propria indipendenza e sovranità, ma anche a quello di annientare il fascismo in quanto cancro sul corpo dell’umanità. Per tutte queste caratteristiche, l’aiuto da parte russa non è imperialistico, come afferma la calunnia diffusa dai suoi nemici, ma viene dato anche nell’interesse del popolo dell’Ucraina.

Ma gli interessi nazionali della Russia sono contrapposti a quelli degli oligarchi russi, alla componente liberale del potere, i quali sono espressione di interessi filoamericani ed esercitano un’influenza considerevole sulle decisioni che il Cremlino prende sul Donbass. Per gli oligarchi la cosa più importante, come è noto, è massimizzare i profitti. Nel pieno della guerra nel Donbass essi instauravano in Ucraina dei blocchi, dei centri di armamento che venivano utilizzati contro le milizie popolari. Avendo subito nette perdite a causa delle sanzioni, essi prendono attivamente posizione per la resa della Crimea e del Donbass. Liberali come Medvedev, Šuvalov, Gref, Kudrin, Siluanov, Nabiulina e altri sognano il momento in cui essi, dopo aver preso nelle proprie mani il potere, non soltanto cederanno il Donbass e la Crimea agli americani, ma senza riserve adempiranno qualunque loro richiesta, compreso il disarmo nucleare del paese, la sua frantumazione in stati separati, ecc.

L’influenza della componente oligarchico-liberale sulle decisioni del Cremlino riguardo alla DNR e LNR riduce costantemente le loro possibilità, lega le mani alle milizie e alla loro guerra di liberazione. Un esempio tipico è stato il momento in cui il Cremlino, davanti alla minaccia di ulteriori sanzioni, ha fermato le milizie prima dell’attacco alla città portuale di Mariupol’, la cui ubicazione è strategica e la cui presa era ormai inevitabile e avrebbe mutato in modo essenziale la situazione a favore delle milizie. Per questa ragione, la guerra ha assunto un carattere di lunga durata, con il barbaro massacro della popolazione e la distruzione delle case e delle infrastrutture. 

In tal modo si è venuta a creare una situazione gelatinosa: da una parte gli Stati Uniti incitano alla guerra nel Donbass, cercano di indebolire e distruggere la Russia; dall’altra la Russia non può abbandonare il Donbass al suo destino, il che significherebbe di fatto la sua capitolazione agli Usa e la sua distruzione.

La lotta degli antifascisti per il potere popolare

Nella lotta delle varie forze contrapposte in primo piano c’è la guerra tra fascisti e antifascisti. Qui occorre mettere in rilievo tre orientamenti fondamentali: nel Donbass, in Ucraina e in Russia.

Il movimento degli antifascisti nel Donbass ha assunto sin dall’inizio un carattere popolare. L’aspirazione a liberarsi dalla minaccia del fascismo, ad instaurare un potere popolare, anche nella prospettiva di unirsi alla Russia, è stata espressa dalla schiacciante maggioranza dei voti nei referendum del maggio 2014 nella DNR e LNR. Qui lavoratori, insegnanti, medici, militari e rappresentanti dei più variegati strati della popolazione, armi alla mano, si sono messi di traverso sulla strada della peste bruna del XXI secolo. Al loro fianco si battono gli internazionalisti, fra i quali vi sono russi, greci, tedeschi, italiani, spagnoli e altri. Pertanto, il tentativo di ridurre questo conflitto a una guerra degli ucraini contro i russi o dei cattolici contro gli slavi costituisce un grossolano errore. È evidente che si tratta di una guerra tra fascisti e antifascisti.

Tuttavia, il permanere alla base dell’economia delle neonate repubbliche della proprietà privata dei mezzi di produzione da parte dei capitalisti, oligarchi compresi, introduce elementi di estraniazione dal potere del popolo insorto. La condizione della classe operaia – minatori, metallurgici, metalmeccanici, e altri gruppi – che formano una potente forza sociale, praticamente non è cambiata: essi si trovano a dipendere dagli oligarchi tanto quanto prima. Come prima, essi continuano a dover battere i caschi per ottenere aumenti al loro misero salario. Per questa ragione, pur avendo votato attivamente per l’indipendenza delle repubbliche al referendum, la massa del popolo lavoratore fondamentalmente non è andata a riempire i ranghi delle milizie, come si aspettavano i dirigenti della lotta di liberazione.

Inoltre, i dirigenti delle repubbliche sono rimasti dipendenti dal Cremlino, che li controlla e dirige per mezzo di un dosaggio di varie forme di aiuti (umanitari, militari, volontari e altro) forniti sulla base dei propri interessi, compresi quelli degli oligarchi. E così, nella fabbrica metallurgica di Alčevsk (regione di Lugansk), dove spadroneggia l’oligarca russo Karmanov, parte degli utili viene trasferita sul conto del fratello di V. Surkov, assistente del presidente della Federazione Russa, il quale è responsabile dell’amministrazione della Presidenza per la DNR e LNR. Il tentativo del comandante di brigata Aleksej Mozgovoj di utilizzare i profitti per le necessità della milizia gli è costato la vita. Anche se questa è stata solo una delle ragioni, e non la principale. 

Il proclamato potere popolare di fatto è risultato essere in larga parte filoborghese. Tutto questo, naturalmente, indebolisce lo spirito combattivo della resistenza antifascista. Per le medesime ragioni si va sempre più esaurendo il flusso di aiuti dall’estero raccolti a livello popolare.

La contraddizione che è emersa tra l’aver dichiarato il potere popolare e il suo carattere borghese di fatto ha generato anzitutto un’opposizione tra le milizie, in particolare nella LNR, il cui leader è un grosso imprenditore, Plotnickij, caratterizzato da un’irrazionale tendenza filo-Cremlino. Questo movimento, in sostanza, è stato sconfitto: alcuni comandanti di brigata sono stati gettati in prigione, altri fucilati. Una tragica vittima è stata Aleksej Mozgovoj leggendario comandante della brigata comunista Prizrak [“fantasma”], di convinzioni socialiste e sincero sostenitore del potere popolare.

Ma il popolo, che al referendum ha votato per il potere popolare, è rimasto. È evidente che il potere popolare e il permanere degli oligarchi sono incompatibili. Non solo la storia dello scorso secolo, ma anche gli avvenimenti degli ultimi mesi in Ucraina testimoniano come siano proprio gli oligarchi a generare il fascismo come strumento del proprio dominio, e non si può condurre la lotta contro il fascismo senza lottare anche contro il potere degli oligarchi. 

È quindi inevitabile che la lotta contro il fascismo sia accompagnata dalla lotta democratico-popolare, dalla lotta di classe tra proletariato e borghesia, tra il popolo lavoratore e il parassitismo dei burocrati. E solo il potere popolare può far sollevare tutto il popolo contro il fascismo e sconfiggerlo.

Un tempo Fidel Castro, alla domanda “come ha fatto un pugno di rivoluzionari a prendere il potere?”, rispose: “perché si è sollevato tutto il popolo”. Certo, la situazione nella LNR e DNR è complicata, ma per rafforzare il potere popolare e far sollevare tutto il popolo del Donbass nella lotta contro il fascismo e nell’attività creatrice, è a mio parere necessario attuare per lo meno le seguenti trasformazioni:

1. Rendere patrimonio del popolo tutte le imprese private che appartengono agli oligarchi, le altre grandi imprese e in parte anche le medie. Nazionalizzare tutte le banche, cosa che permetterà di amministrare i flussi finanziari, evitare le speculazioni, gli illeciti e qualsiasi tipo di appropriazione parassitaria. Introdurre il monopolio sul commercio estero.

2. Nelle imprese, quale che ne sia il tipo di proprietà, organizzare immediatamente il controllo operaio sulla produzione, la distribuzione degli utili, la gestione delle finanze e l’attività dell’amministrazione. È necessario che i lavoratori sentano e capiscano che essi non solo producono, ma distribuiscono gli utili e li usano nell’interesse comune. Le funzioni di controllo operaio e partecipazione degli operai alla gestione vanno trasferite a un Consiglio elettivo dei lavoratori dell’impresa. I Consigli operai devono diventare degli organi statali nelle imprese, un importantissimo anello della catena del sistema di potere statale.

3. Far diventare proprietà dello stato la terra, il sottosuolo, l’acqua, le foreste e le altre risorse naturali. La terra va data in uso gratuitamente e senza limiti temporali a collettivi di contadini (kolchoz) e a singoli contadini (alle loro famiglie) che non sfruttano lavoro altrui. Gli appezzamenti di terra, i giardini, ecc. possono anch’essi essere assegnati all’utilizzo da parte dei cittadini con diritto di eredità ma senza diritto di compravendita.

4. Formare un comitato di pianificazione statale (Gosplan) per l’instaurazione e la regolazione dei rapporti di produzione con il ricorso a commesse statali, ecc.

5. Per garantirsi un ruolo decisivo nella formazione e nel funzionamento del potere popolare, la classe operaia deve basarsi sul principio che tutto deve partire “dal basso”, in particolare per quanto riguarda il principio di produzione. Ciò significa che la maggior parte dei deputati degli organi di governo locale, fino al Consiglio Supremo della repubblica, devono essere eletti dai collettivi di lavoratori tramite dei Consigli elettivi degli operai, mentre la parte restante dei deputati deve essere eletta dai Consigli di autogoverno territoriale.

6. È indispensabile chiamare le più ampie masse della popolazione a contribuire all’attività degli organi di governo a tutti i livelli. A tale scopo in ogni organo di governo devono formarsi delle commissioni di collettivi di lavoratori e della popolazione che su basi comuni partecipino al lavoro di questi organi, ne controllino l’attività e interagiscano in un modo o nell’altro con il resto della popolazione. 

7. Sradicare la corruzione e il burocratismo (che è un nemico tanto quanto la borghesia), applicando le misure punitive più severe con la confisca di ogni proprietà e lunghi periodi di detenzione, ma principalmente sulla base del controllo statale e popolare, dell’attiva partecipazione di ampie masse di lavoratori e lavoratrici (direttamente oppure tramite vari tipi di commissioni aggiunte ai Consigli) agli affari pubblici e statali.

8. Togliere di mezzo speculatori e intermediari tra produttori e consumatori e in tal modo abbassare i prezzi, in particolare quelli dei prodotti alimentari e di altri beni di prima necessità. A tale scopo organizzare delle cooperative di consumo, di approvvigionamento, di commercializzazione, ecc. sotto il controllo delle organizzazioni partecipanti e dello stato.

9. Introdurre una tassazione progressiva sui patrimoni e sui redditi dei cittadini.

10. Introdurre la gratuità dell’istruzione prescolastica, media e superiore per il periodo di scuola media dell’obbligo e la gratuità dell’assistenza sanitaria.

È indispensabile iniziare da subito la realizzazione di questi obiettivi di potere popolare nonostante lo stato di guerra. Indugiare equivale a morire. È necessario sbarazzarsi dell’illusione che occorra prima vincere la guerra e solo poi occuparsi della costruzione dello stato. L’organizzazione di uno stato rispondente agli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici che bramano la libertà dallo sfruttamento è per l’appunto la condizione prima del successo in questa lotta. Ricordiamo che, quando, nella notte del 25 ottobre 1917, fu proclamato il potere dei soviet, Lenin lanciò i suoi celebri slogan: la pace ai popoli, le fabbriche agli operai, la terra ai contadini. Immediatamente seguirono il “Decreto sul controllo operaio”, la “Legge sulla terra” e altri importantissimi decreti. Ciò rispondeva agli interessi della maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici, ed essi si posero dalla parte del potere sovietico e vinsero. Un tipo di potere come quello popolare deve essere visibile nelle cose concrete relative alla realizzazione degli interessi degli operai, dei contadini, dei lavoratori dell’intelletto, allo sradicamento del parassitismo del capitale e della burocrazia. Tali azioni solleveranno immensamente lo spirito combattivo della popolazione, moltiplicheranno per due, per tre, per dieci il sostegno al nuovo potere nel Donbass, e non solo da parte dei suoi cittadini, ma anche da parte del popolo lavoratore di tutta l’Ucraina, e anche della Russia, della Bielorussia, del movimento operaio e comunista mondiale.

Invece la vaghezza e l’indeterminatezza riguardo al modello di società futura, la confusione e l’oscillazione nella scelta dell’ordinamento statale o la sua estraneità alla maggior parte dei lavoratori e lavoratrici li allontana ed estrania dalla comune lotta e genera schiere di osservatori che non partecipano all’azione e non capiscono a quale scopo dovrebbero sacrificare la propria vita in una guerra incomprensibile.

Nel Donbass vi è un numero sufficiente di forze comuniste, socialiste e di sinistra per instaurare un potere autenticamente popolare. Qui vi sono anche condizioni estremamente favorevoli per la soluzione di questi problemi, nonostante tutta la tragicità delle condizioni presenti della popolazione.

In primo luogo, qui si sono scontrate due potenze nucleari, gli Usa e la Russia, e per salvaguardare la propria indipendenza dall’asservimento coloniale la Russia è costretta ad aiutare la DNR e la LNR anche nel caso in cui in queste repubbliche si formasse un potere autenticamente popolare, giacché la loro sconfitta significherebbe per la Russia la capitolazione agli Usa e la distruzione. Perciò le minacce dei vari Surkov di interrompere gli aiuti in caso di insubordinazione sono solo un ricatto per la promozione degli interessi degli oligarchi in questa regione. 

In secondo luogo, la classe operaia del Donbass è costituita in gran parte da un proletariato industriale piuttosto numeroso, con una ricca tradizione rivoluzionaria e una grande esperienza nell’organizzazione delle lotte. 

In terzo luogo, in tempo di guerra le persone semplici capiscono le cose con molto maggiore incisività e si rendono conto molto più rapidamente dei propri interessi di classe e dell’ostilità della borghesia e della burocrazia nei loro confronti.

In quarto luogo, vi è una minaccia reale di rappresaglia fisica sulla popolazione da parte dei fascisti nel caso in cui le repubbliche vengano sconfitte. A suo tempo i nazionalisti ucraini hanno sterminato decine di migliaia di abitanti in Galizia, hanno arso vivi degli innocenti a Chatyn’, e ai nostri tempi hanno bruciato vive delle persone a Odessa, ucciso poliziotti e semplici cittadini a Mariupol’, sottoposto a fuoco intenso le case delle città del Donbass, torturato la popolazione sui territori da loro occupati.

Le forze di sinistra devono approfittare di questa situazione favorevole all’azione rivoluzionaria che si è venuta a creare, e dovrebbero farlo soprattutto i comunisti, per prendere il potere nelle proprie mani e formare una società liberata dal parassitismo del capitale e della burocrazia.

* * *

Alla popolazione della parte di Ucraina occupata dai fascisti toccherà risolvere i medesimi problemi e fare lo stesso percorso su cui si è avviato il Donbass.

Come è stato notato, la junta di Kiev per provocare una guerra con la Russia riceve tranche di aiuti dal Fmi, a condizione di ulteriori tagli ai redditi e alle spese sociali destinate alla popolazione. Ma poiché il paese è al limite della sopravvivenza, le autorità intensificano sempre di più il loro lavorio psico-ideologico sulla popolazione propagandando un bellicoso nazionalismo, che poi in sostanza è un fascismo, un’aggressione alla Russia.

La diffusione dell’inimicizia per la Russia, gli appelli a uccidere i miliziani “separatisti” del Donbass, presentandoli come non-persone, i colorados [5], l’estirpazione di tutto il passato sovietico e comunista (con le leggi sulla decomunistizzazione), la persecuzione (nelle camere di tortura dell’SBU langue il presidente dell’Unione degli Operai Panucraina A. V. Bondarčuk) e l’eliminazione fisica di chi la pensa diversamente (ad esempio l’assassinio del noto giornalista e scrittore Oles’ Buzina) sono diventate prassi comune dei fascisti d’Ucraina, il che ricorda il terrore fascista nella Germania degli anni Trenta del secolo scorso.

Allo stesso tempo l’ideologia e la prassi del nazismo si ammanta degli sfarzosi abiti della legalità e dello spirito pacifico, si offre avvolta dal falso luccichio della democrazia europea. Strappate la maschera al potere di Kiev, però, e vedrete nel digrignar di denti del fascismo un’intera galleria di odiosi personaggi, a partire dal presidente Porošenko, i cui miliardi sono parte di un passato criminale. Sul sangue e sull’abuso giuridico si è costruita la carriera politica di Jacenjuk, Avakov, Klyčko, Tymošenko, Ljaško e altri fra gli odierni avventurieri politici dell’Ucraina. 

Ciò nonostante, il veleno della propaganda goebbelsiana, della menzogna e della calunnia, che giorno e notte vengono imposte su tutti i canali dei media svenduti, è pronto a colpire chiunque, impregna di sé tutto e tutti e intossica gli animi ingenui, creduloni e rispettabili di molti piccolo-borghesi, cosa che ricorda la trasformazione delle masse in zombi nella Germania fascista degli anni Trenta del secolo scorso. Ma persino ai tempi della guerra con la Germania hitleriana i fascisti non venivano confusi con il popolo tedesco.

Gli antifascisti d’Ucraina hanno quindi davanti a sé dei compiti urgenti ed estremamente difficili: spiegare al popolo l’essenza fascista del potere attuale, rafforzare la fraterna amicizia tra lavoratori e lavoratrici di Ucraina e Russia, unire e organizzare la lotta degli antifascisti per l’instaurazione di un potere sovietico autenticamente popolare. 

La resistenza antifascista in Ucraina sta subendo una spietata repressione: alcuni antifascisti li hanno eliminati fisicamente, altri li hanno gettati in prigione, altri ancora li hanno costretti a emigrare. Tuttavia, il popolo non è stato messo in ginocchio e continua a lottare. La nuova forma che la lotta ha assunto è l’organizzazione della Opposizione di Sinistra, di cui sono entrati a far parte il Partito Comunista d’Ucraina, il Partito Progressista Socialista d’Ucraina, il Partito Operaio d’Ucraina e altre associazioni politico-sociali progressiste. Il suo Manifesto ha un carattere antifascista e democratico generale.

Oltre a ciò, la pratica della lotta nel Donbass ha mostrato che un vago modello di società futura, la prospettiva di continuare ad essere sfruttata dalla borghesia non ispirano la classe operaia a sollevarsi e a lottare, anche quando i fascisti irrompono nelle case. Naturalmente, in questa lotta sono possibili delle tappe. Ma la logica oggettiva, secondo la quale la proprietà privata produce gli oligarchi, e gli oligarchi il fascismo, esige che per la prima tappa vengano introdotte delle direttive ad hoc affinché le proprietà degli oligarchi diventino patrimonio di tutto il popolo. Tenendo conto del carattere globale del dominio dell’oligarchia, la lotta contro di essa è allo stesso tempo una lotta di liberazione nazionale.

La classe operaia oggettivamente rimane la classe più rivoluzionaria della società contemporanea, e solo la sua partecipazione di massa come avanguardia di tutte le forze progressiste può garantire il successo della causa comune. Perciò il dare al movimento operaio una coscienza socialista, la sua organizzazione per la lotta per l’instaurazione di un potere autenticamente popolare (la dittatura del proletariato) è il primo compito nella lotta contro la dittatura fascista e contro il dominio degli oligarchi. Ciò esige la chiamata a raccolta e l’unione di tutti i comunisti e delle altre forze progressiste dell’Ucraina, un sostanziale innalzamento del loro livello di preparazione ideologica e teorica e di combattività rivoluzionaria.

La forza del fascismo può essere abbattuta solo con la forza del proletariato organizzato. Pertanto i comunisti devono liberarsi dell’illusione di risolvere tutti i problemi per via parlamentare. Al primo posto deve esserci il compito di organizzare la lotta extraparlamentare, la quale non esclude l’utilizzo della tribuna parlamentare.

* * *

Anche in Russia si stanno creando le condizioni per la maturazione di un movimento di orientamento fascista. Da un lato, tutta la politica del governo neoliberista filoamericano, con la distruzione della produzione, della scienza e dell’istruzione e con l’abbassamento del tenore di vita del popolo crea le condizioni per una sana protesta di ampi strati di lavoratori e lavoratrici. Dall’altro, si stanno formando delle forze “di opposizione” che sono pronte a strumentalizzare la protesta negli interessi degli imperialisti. In particolare, sono comparse forze che, utilizzando denaro proveniente dall’estero, organizzano proteste di vario tipo (prototipi della Majdan di Kiev), capeggiate da paladini dei valori occidentali che si sono formati all’estero e che ricevono borse di studio da oltrefrontiera. La loro ideologia è plasmata e diffusa da una vasta rete mediatica che calunnia il passato della Russia e tutto ciò che è sovietico, e travisa gli ideali comunisti dopo aver esaltato gli ideali e il modello di vita occidentali. In questo essi si uniscono alla junta di Kiev. Nella stessa direzione agisce anche la maggior parte delle organizzazioni non-governative finanziate dall’estero.

Ad aspirare al ruolo di unificatore dei circoli governativi filoamericani e delle forze di protesta di destra in Russia è l’ex ministro delle Finanze Aleksej Kudrin, il quale ha dato un contributo incalcolabile (per gli Usa) alla trasformazione della Russia in fornitore di materie prime dell’Occidente.

In tal modo la situazione politica in Russia si sta sviluppando seguendo un corso simile a quello dell’Ucraina. L’Ucraina di oggi è potenzialmente la Russia di domani. Per questo in Russia già oggi si sta formando un movimento antifascista e, nella misura in cui il popolo si renderà conto della minaccia del fascismo, esso prenderà sempre più forza.

Oggi il compito è unire in un’unica, vigorosa corrente di resistenza antifascista tutte le principali correnti di lotta degli antifascisti. Considerando che il fascismo sta diventando un fenomeno sempre più globale, è necessario ampliare questo fronte per conto degli altri paesi dove stanno operando e alzando sempre più la testa le bande fasciste e creare un fronte internazionale di antifascisti con un unico centro di coordinamento. 

Il programma politico d’azione degli antifascisti può prevedere due tappe di lotta: nella prima, l’organizzazione di un vigoroso movimento per la presa del potere e la creazione di una repubblica democratico-popolare che impedisca il dominio del capitale oligarchico; nella seconda, la creazione di una società socialista che elimini lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Il compito principale della resistenza mondiale oggi è la vittoria degli antifascisti nel Donbass. La caduta del Donbass non solo coprirebbe l’intera Ucraina con le fitte tenebre dell’irreparabilità, ma aprirebbe le chiuse al fetido flusso del fascismo in Russia. La vittoria del Donbass, invece,solleverebbe un’ondata di sommosse popolari in tutta l’Ucraina, e darebbe impulso alla lotta sociale e di classe sul territorio dell’ex Urss, e poi in tutta l’Europa.

Per questo è necessario l’aiuto di tutti al Donbass, alle sue forze democratico-popolari e patriottiche, onde sbarazzarsi delle forze liberali del Cremlino e decidere in autonomia sulle questioni relative alla propria liberazione.

Solo un popolo che abbia preso tutto il potere nelle sue mani e che lotti in maniera decisa per la difesa dei suoi interessi e la propria indipendenza può mettere vittoriosamente fine alla guerra.

NOTE

[1] “Kto ostanovit vojnu na Ukrajne?”, in Političeskoe prosveščenie [Formazione politica, organo del Partito Comunista della Federazione Russa], n 2 (91) 2016, pp. 135-148. Traduzione dal russo di Fabio de Leonardis.
[2] Termine spregiativo con cui in Ucraina vengono indicati i russi, NdT.
[3] Espressione con cui in Russia si indica la guerra contro la Germania nazista e i suoi alleati del 1941-45, NdT.
[4] Formazione guerrigliera nazionalista ucraina nata nel 1942 e di taglio fascisteggiante. In una prima fase collaborò con i nazisti contro i partigiani polacchi e l’Armata rossa e nello sterminio degli ebrei, per poi rivoltarsi anche contro i primi; si distinse per la particolare efferatezza che usava contro i propri nemici e per il ricorso alla pulizia etnica ai danni della popolazione polacca ed ebraica. Continuò le azioni armate contro l’Unione Sovietica anche dopo la guerra e fu definitivamente sconfitta solo nel 1950 [NdR].
[5] Espressione spregiativa usata dai nazionalisti ucraini per indicare i ribelli del Donbass, i loro sostenitori e più in generale i filorussi, NdR.