Andamento del conflitto in Ucraina e problemi in discussione

di Giuseppe Amata

Dal tempo del colpo di Stato fascista in Ucraina (Euromaidan 2014) sono stati pubblicati o ripubblicati su marx21.it numerosi articoli e saggi di compagni (a partire da quelli del rimpianto Giulietto Chiesa) profondi conoscitori delle vicende post sovietiche (le quali, come è noto per non dimenticare, hanno permesso gli arricchimenti illeciti agli oligarchi operanti in tutto lo spazio geo-economico che fu dell’URSS e alle cricche politiche che si sono insediate sia in Russia che in Ucraina con in testa quella più solida facente capo a Eltsin che è durata quasi un decennio) ed in particolare della questione del Donbass, con al centro prima i diritti negati alla popolazione russofona, quindi i pesanti bombardamenti subiti dalle due Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, sorte come autodifesa dal regime fascista di Kiev e protese a difendere la memoria della storia sovietica, gli interessi nazionali, culturali ed etici della popolazione russofona.

Con l’inizio dell’Operazione militare speciale della Russia (24 febbraio 2022) in sostegno delle due repubbliche popolari e della popolazione russofona e contro il governo nazista capeggiato da Zelensky, diventato la punta di lancia dell’offensiva Nato e dell’Occidente collettivo contro la Russia, gli articoli dei compagni su marx21.it si sono moltiplicati trattando, a partire dalle vicende belliche, questioni strategiche geopolitiche, ruolo egemonico dell’imperialismo americano e della Nato e aspirazioni imperialistiche dell’Unione Europea con il dilemma se queste aspirazioni erano in sintonia o in antagonismo con il predominio Usa.

In verità su questo dilemma ci si dibatteva tra compagni già dopo che da qualche anno a Mosca si era insediato come presidente Vladimir Putin, il quale con molta pazienza, e all’inizio senza tanto clamore, aveva iniziato a rettificare la politica estera di Eltsin e per certi aspetti anche quella interna (rinascita dell’industria di Stato nel settore energetico che si collocava in una prospettiva di competizione e a volte di scontro con le sette sorelle ed altre multinazionali), creando con l’avviata SCO una linea preferenziale antiegemonica con la Repubblica Popolare Cinese.

Dopo un anno e mezzo di conflitto iniziato sul territorio ucraino e spostatosi, in seguito alla fornitura di armi moderne da parte della Nato al regime fascista di Kiev, anche in territorio russo con gli attacchi aerei in Crimea e in diverse città russe, compresa Mosca, e incursioni di gruppi armati ai confini della Federazione (in particolare intorno ala città di Belgorod), tant’è che assistiamo ad un conflitto serrato che si presenta come di lunga durata tra l’Occidente collettivo e la Federazione russa. In questo conflitto il governo fascista di Kiev è una marionetta nelle mani della Nato ed i cui dirigenti (a partire dal loquace Zelensky che recita ad alta voce quanto i suoi consiglieri interni ed esteri gli scrivono) ogni giorno declamano successi militari e proclami di vittoria totale a breve scadenza, spacciandoli come “successi della democrazia e del mondo libero grazie al coraggio e alla determinazione dei guerrieri ucraini”. In realtà si comportano né più né meno come il loro predecessore Hitler che, trincerato nel bunker, diffondeva messaggi di vittoria contro “i comunisti bolscevichi e le plutodemocrazie occidentali”.

La premessa di questo mio articolo non vuole essere uno stimolo a ripetere con altre parole quanto ho scritto in modo più esteso in passato sulle vicende ucraine, bensì affrontare un tema di discussione che divide tra le righe diversi compagni, seppur uniti nel condannare la Nato e l’Occidente collettivo come responsabili dell’inizio della guerra in corso, come giustamente ha detto Robert Fico (che non è comunista) vincitore delle elezioni in Slovacchia. Voglio subito specificare che non mi riferisco alle analisi delle organizzazioni di Rifondazione comunista e di Potere al popolo che mettono sullo stesso piano di responsabilità la Nato e la Federazione russa. Quelle posizioni sono per me profondamente errate e non aiutano alla creazione di un movimento di massa contro la guerra. Sia chiaro, però, che un movimento unitario contro la guerra deve confrontarsi anche con quelle posizioni, comprensibili nei personaggi di matrice borghese, per cercare un minimo di accordo, ma non comprensibili nelle persone che si definiscono comuniste.

La sottile divisione tra compagni che scrivono sulla guerra in Ucraina consiste appunto nell’analisi sul ruolo dell’Unione Europea, in quanto taluni pensano che per esigenze capitalistiche europee dovute in parte ad interessi economici diversi da quelli americani (l’Unione Europea ha molto interesse ad avere proficui scambi economici con la Cina nel breve e medio termine, come dichiarato soprattutto da Macron e Scholz, a differenza degli Usa che considerano ormai la Cina un nemico strategico e quindi vogliono ridurre l’interscambio strettamente a ciò che a loro è necessariamente utile solo nel breve periodo) e se il conflitto si prolunga ci possa essere un arretramento europeo al sostegno a Kiev.

A me non sembra così, sia per ragioni economiche e storiche che metterò in evidenza successivamente, sia analizzando le dichiarazioni dei leader europei, i quali con l’accentuazione del conflitto rinfocolano il loro sostegno materiale e morale a Kiev. Come ultimo passo in questa direzione è la presenza di industrie militari tedesche e di altri paesi nella creazione di un grande hub produttivo di armamenti nel territorio ucraino. Di rimando negli Stati Uniti si mette sotto accusa Biden per l’assistenza economica illimitata all’Ucraina che drena molte risorse finanziarie e aggrava il deficit americano accentuando la crisi del dollaro, dopo l’iniziativa dei paesi BRICS+ di emarginare il dollaro nel loro interscambio economico, promuovendo la fiducia reciproca nelle loro rispettive monete e tentando di creare nel lungo periodo una moneta, magari digitale, di riferimento.

Come è noto i più forti candidati repubblicani alla nomination, Trump e De Santis, sostengono che in caso di vittoria alle presidenziali del 2024 non elargiranno facilmente denaro al governo corrotto di Kiev che vive grazie ai dollari e agli euro mandati in abbondanza per riempire le tasche di chi comanda e pagare gli stipendi a personale dell’esercito e della pubblica amministrazione per far funzionare lo Stato in modo da prolungare una guerra, la quale da guerra per procura si è trasformata in guerra dell’Occidente collettivo alla Russia. Evidentemente la strategia repubblicana, già manifestata con la presidenza Trump è di contrapporsi frontalmente alla Cina, cercare un modus vivendi con la Federazione russa per tentare di spezzare la linea strategica antiegemonica di Cina e Russia, e soprattutto eliminare l’Unione Europea come potenza economica rivale degli interessi economici americani.

Abbiamo visto, invece, che la politica estera di Biden seppur portata a lungo a ridimensionare l’Unione Europea, invischiandola nell’avventura bellica in Ucraina e tentando in futuro di coinvolgerla nella creazione di una super Nato con l’entrata di paesi asiatici, ha scelto una linea soft che ha permesso con la guerra in Ucraina di ristabilire l’unità dei paesi Nato e di spingere in prima fila l’Europa nella guerra di accerchiamento della Federazione Russa, armando la Polonia, i paesi baltici e la Romania in primo luogo. L’Unione Europea nella sua stragrande maggioranza del suo Parlamento è pienamente d’accordo con questa politica, anche se in particolare la Germania (e non solo ma anche altri paesi fra cui l’Italia) ha dovuto pagare un alto prezzo con la distruzione dei gasdotti Stream 1 e 2, importanti per l’importazione di gas a basso prezzo dalla Federazione Russia.

Perché, cari compagni, da quando si è affermata la borghesia come classe dominante nel continente europeo (l’Inghilterra nella prima fase era interessata principalmente nella sua espansione coloniale), la sua direttrice d’espansione è stata verso Est, alla ricerca di materie prime e manodopera da sfruttare a basso costo. In Francia, con il direttorio (in seguito al golpe contro Robespierre esponente della piccola borghesia rivoluzionaria, degli artigiani e di tutto il popolo che si era sollevato il 14 luglio del 1789) al servizio della borghesia commerciale la linea di espansione è dapprima verso le colonie e poi con Napoleone Bonaparte iniziano le campagne militari verso l’Italia e l’Egitto e dopo proseguono verso est per dominare l’Europa in nome degli interessi liberali e contro il regime feudale ancora prevalente in Europa. Come si legge nel memoriale di Sant’Elena, Bonaparte ha giustificato le sue guerre di conquista con l’intento di unificare l’Europa in un grande Stato e scardinare il potere dell’aristocrazia russa che controllava un vasto territorio eurasiatico. Diceva che “non voleva far crollare i troni, ma consolidare i loro poteri sotto la direzione francese portatrice di libertà, di democrazia e di liberalismo contro l’autoritarismo dell’aristocrazia e le leggi feudali”.

La prima guerra mondiale non scoppia per la rispartizione dei mercati europei e delle colonie? Il nascente imperialismo prussiano era in competizione con quello francese e inglese, che voleva ridimensionare, ma si voleva espandere soprattutto ad est verso la maglia più debole imperialistica, quella russa. Il nazismo non cercava soprattutto l’espansione ad est? Dapprima smembrando la Cecoslovacchia, poi invadendo la Polonia e dall’altro lato assoggettando il governo francese con l’occupazione di una parte del suo territorio, compresa Parigi, per poi orientarsi definitivamente alla conquista dell’URSS.

Fino alla fine degli anni Settanta, quando la Comunità Economica Europea non aveva velleità di polo imperialistico, si adoperava per scambi equi e reciprocamente vantaggiosi con i paesi dell’est europeo, con l’URSS e con la Cina. Aveva iniziato Gronchi con la visita nell’inverno del 1960, con alle spalle l’Eni, l’Iri, la Montedison e la Fiat, poi De Grulle riconoscendo la Repubblica Popolare Cinese e promuovendo un partenariato con l’URSS, poi Will Brandt con la ostpolitik. Queste relazioni paritarie mutano con l’indebolimento economico dell’URSS negli anni Ottanta e soprattutto con il crollo dello Stato sovietico. Nasce allora con Mastricht nel 1992 il disegno di polo imperialistico europeo, sull’onda dell’appropriazione delle risorse russe (al tempo di Eltsin) e dei paesi dell’est governate da cricche imposte dall’Occidente, quindi avanzato con la nascita dell’euro e l’allargamento della Nato. Senza questa linfa derivante dallo sfruttamento delle risorse dell’est, l’Europa imperialistica non può sostenersi e il capitale finanziario europeo rischia il suo tracollo. Ecco perché sta tentando di puntellare senza limiti il regime fascista ucraino e la stragrande maggioranza del parlamento europeo è complice con questo disegno e pertanto il conflitto diventa di lunga durata.

Il senso del mio articolo è un invito alla riflessione nella nostra discussione per non cadere in facili stereotipi che derivano da una lettura superficiale del grande libro di Lenin, Imperialismo fase suprema del capitalismo, cosa che per altro verso fanno purtroppo diversi partiti comunisti, a cominciare da quello greco, che considerano Cina e Russia come rivali degli USA per la rispartizione del mondo.

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