VI Vertice delle Americhe: Gli USA hanno perso il “cortile” continentale

di Tito Pulsinelli (Caracas) | da http://cambiailmondo.org

bandera-cortina32 Paesi su 34 dicono che Cuba è America – Dal Consenso di Washington al consenso senza Wahington – Le Malvine sono dell’Argentina – USA devono ridurre il mercato interno del consumo di cocaina
 

13/4 – Cartagena de India, Il vertice delle nazioni americane di questo fine settimana, renderà visibile anche ai ciechi che gli Stati Uniti hanno definitivamente perso il loro storico “cortile”. Non riesce più ad imporre la propria agenda, nè ad escludere Paesi sovrani e temi scottanti di interesse mondiale. 32 Paesi su 34 hanno rifiutato l’esclusione aprioristica ed unilaterale di Cuba da questa assise.
 

Si sono spinti a telefonare a Raul Castro per sollecitare il suo arrivo nella città caraibica colombiana. Gli USA sono isolati, appoggiati alla stampella del Canada, nazione dalla curiosa sovranità limitata. Soprattutto per la politica estera, è totalmente subordinata alla corona inglese, automaticamente allineata alla Casa Bianca. Questa coppia anglosassone, si ritrova contro lo schieramento compatto delle Americhe a sud del rio Bravo e dei Caraibi.

Concretamente, la recente fondada CELAC (Comunità degli Stati Latino Americani e Caraibici), manifesta la sua unione all’interno dello strumento storico con cui gli USA hanno dettato legge. Oggi è ridotto ad un fragile guscio d’uovo. Guarda caso, il CELAC dà una prova tangibile della sua forza contro gli unici due Paesi che ha escluso dalle sue fila: USA e Canada.

Impossibile escludere dal dibattito il tema sempre più implosivo delle isole Malvine, e neppure disinnescarlo, riducendolo a problema bilaterale tra Argentina e la corona britannica. 32 Paesi -su 34- fanno proprie le rivendicazioni argentine, che parla senza eufemismi di decolonizzazione, ed esige da Londra il rispetto di ben 40 risoluzioni dell’ONU. Washington si ritrova in una difficile situazione. Schierarsi apertamente con gli inglesi, non è più una prassi indolore e moltiplica le lacerazioni. Oggi implica pagare un costo sensibile. Significa contrapporsi frontalmente alla CELAC e al blocco sudamericano dell’UNASUR. A breve, la mina vagante della devoluzione delle Malvine -e delle sue aree marittime ricche di idrocarburi- sarà portata all’interno dell’altro organismo di controllo emisferico della Casa Bianca, e non è difficile prevedere che provocherà la frammentazione ed il definitivo declino della OSA (Organizzazione degli Stati Americani).
 

L’economia criminale della cocaina e la codificata -ma fallimentare- strategia finora imposta per combatterla è un altro punto discordia. Concentrare il controllo repressivo solo nelle aeree di coltivazione della pianta e produzione del cloridrato di coca, è cosa sempre più indigesta alla maggior parte dei 32 Paesi dissidenti. Il rifiuto degli USA a ridurre il maggior mercato mondiale di consumo -interno alle sue frontiere- mentre scarica in modo manicheo le responsabilità e i costi altrove, è ormai apertamente osteggiato.
E’ insostenibile sopportare la criminalizzazione internazionale, il peso delle dilaganti narcomafie, capaci di destabilizzare pericolosamete nazioni come il Messico, e dall’altro lato godersi i frutti finanziari del “lavaggio” di capitali che rimangono nelle banche anglosassoni.
 

La pretesa di dettare anche l’ortodossia delle metodologie della lotta antinarcotici, è un cavallo di Troia per infiltrare e infestare di agenzie segrete nordamericane i Paesi da controllare e/o destabilizzare. Su questo fronte, persino nell’area di transito centroamericana sta aumentando il malumore. Sotto il peso di cartelli e narcomafie alleate, diventate un flagello per la popolazione civile ed un onere insopportabile per quei microStati, persino governi di destra como quello del Guatemala invocano la depenalizzazione della droga all’interno di un mercato regolato dagli Stati. La Bolivia grida contro la pretesa di proibire l’uso della foglia di coca agli indigeni, razionale come la proibizione dell’uva in nome dell’antialcolismo.
 

A Cartagena de India, antico porto in cui sbarcavano e venivano smistati gli schiavi africani, Obama dovrà prendere atto che gli USA hanno perso il “cortile continentale”, e che la dottrina Monroe è pronta a seguire la sorte dell’ALCA: la sepoltura.