di Jean Ortiz | Collective Communiste Polex
Nessuno venga a piangere domani quando verranno assassinati, torturati e “scompariranno” i militanti chavisti. I precedenti storici sono, malauguratamente, numerosi.
Le classi dominanti venezuelane vogliono una rivincita sociale, liquidare la “rivoluzione bolivariana”, o ciò che ne resta, allo scopo di non far più sollevare la testa al popolo degli “invisibili”. L’oligarchia vuole che questi “figli del nulla”, a cui il chavismo ha offerto status e dignità, ritornino nel nulla.
Si può anche muovere delle critiche sulla gestione, sulla strategia del presidente Maduro. Ma egli è stato eletto, certo di poco, ma eletto. Quindi è un presidente legittimo. Propone il dialogo, e ha il diritto di difendersi dai rivoltosi. La maggior parte dei media venezuelani e stranieri offre con accanimento l’immagine di un paese nel caos, addossando ai chavisti i soprusi commessi da gruppi violentissimi, mascherati, spesso armati, le “guarimbas”, che vogliono la guerra civile.
L’opposizione venezuelana non è tutta favorevole a questo colpo di Stato permanente, che porterebbe al massacro. Ma i settori che dominano questa opposizione sono riusciti a radicalizzare, a strumentalizzare il malessere di settori popolari provati. Sono per lo più di ultra-destra, vogliono lo scontro, rapidamente. Apertamente incoraggiati dal bruto fautore della guerra Trump, raddoppiano i soprusi, i sabotaggi, la distruzione di edifici e servizi pubblici, le violenze di ogni tipo.
Nel paese che è ancora in gran parte capitalistico, l’oligarchia, i proprietari, i ricchi organizzano la guerra economica su prodotti presi di mira, e addossano le difficoltà strutturali della penuria e delle code interminabili al governo, che pure non è del tutto esente da responsabilità, ma che cerca, attraverso l’Assemblea Costituente, una soluzione pacifica alla crisi abissale.
Si può anche criticare gli errori del regime, ma non dobbiamo mai dimenticare che i chavisti e il popolo (anche se una parte può allontanarsi) sono permanentemente sotto il fuoco di una vera e propria guerra condotta dagli Stati Uniti contro un paese dalle enormi risorse petrolifere, che ha osato resistere all’ “Impero” per più di quindici anni. E che ha cercato un’altra via rispetto a quella dell’asservimento, verso l’indipendenza, la giustizia sociale, il socialismo. Che ha avuto il coraggio, attraverso la voce di Hugo Chavez, di mettere (“¡Váyanse pal carajo, yanquis de mierda!”) al loro posto.
Non è allora venuto il momento che la sinistra nel suo complesso agisca ed esprima la sua condanna dell’ingerenza straniera in un paese sovrano, ed affermi la sua solidarietà, anche critica (senza chiudere gli occhi e neppure impartendo lezioni), con la rivoluzione bolivariana? Bisogna essere ciechi, o incoerenti, per non capire che cosa oggi sia in gioco in Venezuela.