Trump fa le prove dell’invasione del Venezuela

usa venezuela ziosamdi Atilio Borón

da https://www.alainet.org

Traduzione di Mauro Gemma per Marx21.it

La frustrata incursione di un gruppo di mercenari che ha cercato di sbarcare sulle rive di Macuto, nello stato di La Guaira, è l’ennesima prova che gli Stati Uniti sono uno “stato canaglia”; vale a dire un paese che viola sistematicamente la legalità internazionale e in tal modo mette in pericolo la pace nel mondo.

Il tentativo del 3 maggio scorso conferma che la Casa Bianca persiste nel suo atteggiamento criminale di mantenere il blocco e di cercare in ogni modo di rovesciare i governi di Cuba, Venezuela e Nicaragua. E insiste in questo atteggiamento nel mezzo del disastro che la pandemia sta causando nel suo paese (69.000 morti e oltre 30 milioni di disoccupati). Per nulla turbato dal caos, Trump ha il tempo di ordinare a una banda di mercenari di mettere in atto la loro criminale invasione, come annunciato ufficialmente dal brigante di New York. L’obiettivo di questo primo attacco è stato quello di testare la capacità di risposta delle FANB (Forze Armate Nazionali Bolivariane), la loro coesione contro gli invasori e la loro eventuale vulnerabilità di fronte alla tentazione che la taglia milionaria offerta da Washington suscita tra i criminali di ogni sorta.


Per non confondersi: ciò che è accaduto a Macuto non è un episodio isolato ma l’ingranaggio di un piano meticolosamente concepito e il cui risultato finale, nell’allucinazione febbrile di coloro che lo hanno ideato, dovrebbe essere il rapimento o l’omicidio del presidente Nicolás Maduro e la realizzazione del tanto desiderato quanto illusorio “cambio di regime”. In effetti, il giorno dopo il primo incidente a Macuto, un nuovo gruppo mercenario è stato intercettato e neutralizzato dalle milizie popolari a Chuao, nella regione costiera dello Stato di Aragua.

Non c’è dubbio che la portata di questa operazione è stata incomparabilmente inferiore a quella lanciata da un gruppo di controrivoluzionari cubani con lo sbarco a Playa Girón il 15 aprile 1961. In quell’occasione furono mobilitati circa 1.400 uomini, più di una dozzina di aerei, da trasporto e bombardieri, numerose navi, carri armati e armi impressionanti. La schiacciante risposta delle forze armate rivoluzionarie cubane aveva impedito agli invasori di raggiungere il loro primo obiettivo strategico, un preambolo ad altri più ambiziosi obiettivi: creare una “zona liberata” in cui installare un governo provvisorio che avrebbe ottenuto il riconoscimento immediato da parte della Casa Bianca e dell’OSA (Organizzazione degli Stati Americani) e che avrebbe consentito ai media, ai politici asserviti e ai servi dell’impero di fare pressione su altri governi per far riconoscere il nuovo governo cubano e per lanciare una campagna globale per ottenere dalla “comunità internazionale” il sostegno a questa manovra.

Ciò che è accaduto a Macuto ha un’altra dimensione, ma non si dovrebbe cadere nell’errore di credere che ciò esaurisca l’intero piano. La nuova incursione a Chuao dimostra ciò che abbiamo detto. Entrambe le operazioni sono “esperimenti” per misurare la velocità e la forza della risposta del Chavismo e, inoltre, manovre di distrazione per facilitare l’eventuale ingresso di contingenti mercenari – “appaltatori militari privati”, secondo la legge degli Stati Uniti, come Academi (ex Blackwater) e Triple Canopy che hanno migliaia di effettivi – assunti regolarmente dalla CIA e dal Dipartimento di Stato per eseguire quelle che vengono eufemisticamente chiamate “operazioni speciali”.

Ad esempio, l’organizzazione di micro-operazioni sulla lunga costa atlantica-caraibica del Venezuela o lungo il vasto confine colombiano-venezuelano (2.219 chilometri) che offre molte vie alternative di ingresso illegale e difficili da individuare. Naturalmente, il governo narco di Iván Duque in Colombia farà assolutamente tutto ciò che viene richiesto da Trump perché è consapevole che, in caso di disobbedienza agli ordini, lui e il suo capo politico, Álvaro Uribe Vélez, potrebbero finire i loro giorni in un carcere di massima sicurezza. come l’ex presidente panamense Manuel Antonio Noriega.

D’altra parte, il fatto che la Quarta Flotta degli Stati Uniti abbia pattugliato il Mar dei Caraibi per settimane con il pretesto di smantellare le reti di traffico di droga non può essere dimenticato proprio nel momento in cui i rapporti della DEA indicano che il 93% della cocaina che entra in questo paese proviene dalla Colombia attraverso l’Oceano Pacifico. Quel vasto dispiegamento navale è stato progettato per fornire supporto logistico, e infine truppe e attrezzature, alle operazioni interrotte nelle ultime ore.

La situazione, pertanto, è estremamente grave e la sottovalutazione da parte della stampa è la prova migliore che si vuole minimizzare il pericolo affinché il governo bolivariano abbassi la guardia e pensi che il peggio sia passato. Un simile atteggiamento sottovaluta notevolmente la leadership di Nicolás Maduro e il patriottismo dei venezuelani che, se si verificasse l’attacco, infliggerebbero una tremenda sconfitta agli invasori. Sarebbe bene che qualcuno racconti a quell’ignorante di Trump cosa è successo agli Stati Uniti a Playa Girón e in Vietnam.

I sicari dei media dell’impero affermano che gli attacchi al Venezuela hanno l’approvazione, o almeno l’acquiescenza, della “comunità internazionale”. Ma è un dato di fatto che una tale comunità non esiste. Così l’ha descritta un esperto americano, Samuel P. Huntington, un conservatore, ma poco amico delle “post-verità” e degli schemi propagandistici della destra. Egli ha scritto che “i leader statunitensi affermano costantemente di parlare a nome della” comunità internazionale “. Ma chi hanno in mente? La Cina, la Russia, l’India,il Pakistan, l’Iran, il mondo arabo, l’America Latina, la Francia? Non potrebbe essere che alcuni di questi paesi e regioni non percepiscano gli Stati Uniti come il portavoce di una comunità di cui sono parte integrante? La comunità di cui parlano gli Stati Uniti comprende, al massimo, i loro cugini anglosassoni (Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda) … la Germania e alcune democrazie minori europee … Israele per quanto riguarda le questioni legate al Medio Oriente e il Giappone. Sono stati importanti, ma lungi dal rappresentare la “comunità internazionale globale”. 

Nonostante ciò, Trump e i suoi seguaci della Fundación Libertad continuano ad affermare, ad esempio, che Juan Guaidó e il blocco a Cuba e Venezuela sono sostenuti dalla “comunità internazionale”. E che accusare i governi latinoamericani di essere “populisti”, “autoritari” e violatori della separazione dei poteri e di privilegiare la salute delle loro popolazioni invece di garantire la libera operatività dei mercati è qualcosa che per Mario Vargas Llosa e la sua truppa di impresentabili politici a cominciare da Álvaro Uribe Vélez, José María Aznar e Mauricio Macri, rifletterebbe le aspirazioni della “comunità internazionale”. Mentono consapevolmente ma dovrebbero ricordare, prima di avere un brusco risveglio, la saggia frase di Abraham Lincoln quando disse che: “Puoi ingannare tutti per un po’ di tempo. Puoi ingannarne qualcuno per tutto il tempo. Ma non puoi ingannare tutti in continuazione. “

Di fronte a questa offensiva di Washington, la prima cosa che si impone è la necessità di serrare i ranghi in difesa del governo bolivariano. L’ingerenza degli Stati Uniti e del suo servo colombiano negli affari interni del Venezuela è assolutamente inammissibile e deve essere fortemente condannata. E’ un imperativo categorico, con radici kantiane, essenziale per impedire che il sistema internazionale sia spinto in una spirale irrefrenabile di caos, violenza e morti. In secondo luogo, anche qualsiasi atteggiamento eclettico o che cerchi di appellarsi a una neutralità immaginaria è inaccettabile, soprattutto in tempi di pandemia. E se alcuni governanti sono in preda allo smarrimento, perché cedono alla coercizione della Casa Bianca o a causa delle loro debolezze ideologiche, dovrebbero sapere che il rifiuto popolare di tale comportamento prima o poi potrebbe causare il crollo dei loro governi.

Terza e ultima cosa: occorre rafforzare i dispositivi di coordinamento attraverso Internet che siamo stati costretti a utilizzare a causa della quarantena per formare un grande movimento di opinione continentale che ripudi l’offensiva nordamericana contro il governo bolivariano e, naturalmente, contro Cuba, Nicaragua e Iran. E, aggiungiamo, contro le politiche di sanzioni economiche nei confronti della Russia e della Cina e contro la “extraterritorialità” delle leggi degli Stati Uniti che aggravano le già pericolose tensioni del sistema internazionale. Abbiamo imparato che anche quando non possiamo incontrarci fisicamente, possiamo farlo virtualmente promuovendo iniziative di autodifesa che impediscano al capitale di usare le devastazioni della pandemia per ricostruire, in chiave ancora più autoritaria, il suo dominio sui popoli. Questo “associazionismo digitale” può e deve rappresentare un contributo significativo a facilitare il coordinamento internazionale delle lotte antimperialiste e lo strumento ideale per combattere le menzogne ​​e le manipolazioni dei media con cui ci si vuole soggiogare.