«Ascoltiamo quei giovani: vogliono cambiare»

di Umberto De Giovannangeli | da l’Unità del 24 giugno 2013

valter-pomarIntervista a Valter Pomar

«Le mobilitazioni in corso sono una grande opportunità per far pressione sul nostro governo affinché acceleri i mutamenti socio-economici e renda il Brasile più democratico». A sostenerlo è Valter Pomar, storico, figura di primo piano del Pt, segretario generale del Foro di San Paolo.

Come nasce la rivolta che sta segnando il Brasile?

«Il trasporto pubblico in Brasile è di pessima qualità e molto caro. Da sempre esistono movimenti sociali che si battono per una migliore qualità del trasporto pubblici e per tariffe più base. Uno di questi movimenti, forte specialmente a San Paolo e diretto da giovani lavoratori o giovani figli di lavoratori, si chiama “Passe Livre” (Passaggio gratis). Il 13 giugno, una manifestazione organizzata da questo movimento è stata repressa brutalmente dalla Polizia militare, che in Brasile è diretta dai governatori dello Stato.

In questo caso, la Polizia militare dipendeva dal governo guidato dal Partito social-democratico brasiliano (Psdb), un partito di destra, che si opone al governo federale  del Pt. La reazione popolare è stata possente. Ci sono state imponenti manifestazioni di solidarietà con una partecipazione senza precedenti. A questa istanza iniziale si è compenetrata la grande insoddisfazione sociale che vive la gioventù brasiliana e che si sostanzia in una lotta per migliorare le condizione di vita esistenti nelle grandi città, e contro il sistema politico brasiliano.  È proprio in questo momento che la destra brasiliana e i mass media hanno cambiato posizione…».

In che senso l’hanno cambiata?

«I grandi media che fino ad allora avevano quasi ridicolizzato il movimento “Passe Livre” e avevano sostenuto la repressione, si sono trasformati in strenui difensori delle stesse manifestazioni, tentando di influenzare la linea del movimento perché diventasse contro il governo federale. L’obiettivo della destra è indirizzare la protesta sociale contro il governo e cavalcare l’ondata di critica alla politica “scagliandola” contro il Pt».

C’è chi sostiene che alla base della protesta, soprattutto dei giovani, c’è una crescente  diseguaglianza sociale a cui il governo del Pt non fa fronte e una denuncia della corruzione.

«I giovani protagonisti della rivolta 
non hanno vissuto la crisi degli anni ‘80 in Brasile, non c’erano durante i governi neoliberisti. Conoscono soltanto i governi del Pt, e non hanno alcun parametro personale per capire che il Brasile adesso sta molto meglio. Quello che percepiscono è che la vita continua ad essere dura. Nelle ultime manifestazioni, però, hanno cominciato a partecipare anche settori della classe medio-alta, che sono contro “Passe Livre”, contro le rivendicazioni sociali della sinistra e che partecipano alle manifestazioni solo per protestare contro il governo federale e il Pt, utilizzando, tra i vari argomenti, quello della corruzione. Secondo loro, la politica brasiliana è corrotta. E questo in parte è vero. Ciò che non è vero è che la colpa sia del Pt, ma una bugia ripetuta tutti i giorni alla televisione finisce per sembrare una verità agli occhi di quanti si nutrono di televisione tutti i giorni».

La rivolta in atto è anche il segno di una crisi nel rapporto tra i ceti popolari e i governi a guida Pt?

«Ciò che sta accadendo era in qualche modo prevedibile. Il fatto è che ci sono settori della sinistra brasiliana che stanno adottando logiche e comportamenti da tecnocrati. I tecnocrati credono che il popolo sia “paziente”. Paziente nel senso di essere oggetto e non soggetto. E paziente nel senso di saper attendere. Molte volte questo accade. Ci sono però casi in cui il popolo smette di esserlo, paziente, e si trasforma in soggetto e chiede, si batte, perché il cambiamento sia adesso.Equesto è un ottimo segnale. La cosa peggiore che può accadere in un Paese è che il popolo sia passivo.Èquesto vale ancora di più per i suoi giovani».

Il Brasile si sente orfano di Lula? C’è chi sostiene che l’ttuale presidente, Dilma Rousseff, si sia distaccata dalla linea del suo predecessore.

«Dilma sta adottando la politica di Lula. Quelle che sono cambiate sono le condizioni interne e internazionali. Ora è necessario che il governo adotti un’altra strategia perché i mutamenti siano più profondi e più rapidi. Un’altra strategia significa un più intenso conflitto con il grande capitale e con i partiti di destra e i grandi mezzi di comunicazione».

Il Brasile ha voltato le spalle al futébol?

«Le spese per la Coppa del mondo sono la piccola parte delle spese generali del Paese. Il problema è politico. Il governo ha puntato molto sul Mondiale del 2014. Ma ora è necessario che mostri la stessa attenzione alla qualità delle scuole, della sanità, dei trasporti. Noi abbiamo migliorato il Paese, ma il Brasile continua ad essere profondamente diseguale. Non dobbiamo avere paura delle piazze e di quanti si battono per il cambiamento. Il cambiamento può realizzarsi nella combinazione tra lotte sociali e azione di governo. Solo così si può cambiare il Paese. Per questo ritengo che sia una straordinaria opportunità o che queste manifestazione siano avvenute adesso, un anno prima delle elezioni. Ci dà il tempo per fare le correzioni necessarie».

(ha collaborato Francesca D’Ulisse)