di Federico La Mattina per Marx21.it
I media occidentali tendono a parlare poco dell’America Latina, focalizzando la propria attenzione su aspetti secondari molto spesso fuorvianti. Pochi giorni fa circolava l’ennesima menzogna sulla morte di Fidel Castro; il recente fermo della blogger Yoani Sanchez ha fatto tuonare le testate giornalistiche di tutta Europa al punto da essere data come favorita per il Nobel per la “pace”. Per quanto riguarda l’Argentina, i media, El Pais in testa, hanno espresso solidarietà nei confronti della società spagnola Repsol, “danneggiata” dalla nazionalizzazione della compagnia petrolifera YPF ( lo Stato ha assunto il 51% delle azioni). La Repsol riceverà, come previsto dalla Costituzione, un indennizzo stabilito da un tribunale argentino. O ancora, c’è chi si avventura in improbabili paragoni tra Chavez e Berlusconi. Sembra quasi che la rivoluzione cubana e la democratica rielezione di Chavez siano i problemi dell’America Latina.
E’ chiara la volontà di ostacolare le forze progressiste che si oppongono agli interessi economici statunitensi in Sudamerica. Negli ultimi anni quello che per decenni è stato il “cortile di casa” degli USA, sta vivendo importanti cambiamenti politici. Si sono sviluppati movimenti di carattere patriottico e sovranista, di marcata tendenza socialista, che osano mettere in discussione l’egemonia statunitense e i programmi di ristrutturazione economica ( neoliberali) richiesti dal Fondo Monetario Internazionale. I movimenti popolari e democratici di riscossa nazionale, nati nella terra in cui per centinaia di anni ha dominato quello che Eduardo Galeano ha definito l’assurdo organizzato, ci vengono spesso presentati come pericolosi per la “democrazia”. Sappiamo benissimo che per gli Stati Uniti la democrazia va bene fintanto che è compatibile con i propri interessi economici e strategici. La storia, passata e recente, dell’America Latina ce lo insegna. Recenti infatti sono i golpe riusciti in Honduras (2009) e Paraguay ( giugno 2012). Tentativi di golpe sono stati effettuati anche in Ecuador (2010) e Bolivia (2008).
Manuel Zelaya, eletto nel 2006 presidente della Repubblica in Honduras, è stato deposto con la forza dai militari nel giugno 2009. Membro del PLH (Partito liberale dell’Honduras) non era affatto un rivoluzionario. Il governo di Zelaya aveva però promosso politiche di redistribuzione del reddito e soprattutto aveva decretato l’ingresso dell’Honduras nell’ ALBA ( Alleanza Bolivariana per le Americhe, organizzazione fondata nel 2004, al cui interno vi è anche Cuba). Zelaya nel 2008 dichiarava: “Il nostro Paese e la sua popolazione non hanno bisogno di chiedere il permesso a nessuno per sottoscrivere l’impegno per aderire all’Alba”. Evidentemente non la pensavano allo stesso modo l’opposizione e le oligarchie industriali.
In Paraguay il presidente Fernando Lugo è stato destituito con un colpo di mano in Senato. A seguito di uno scontro a fuoco tra polizia e braccianti a Curuguaty , tramutatosi in strage, il Senato ha intentato un velocissimo processo politico nei confronti dell’ex presidente, accusandolo di avere gestito male la crisi di Curuguaty e di avere favorito l’occupazione “illegale” di terre. Si è chiaramente trattato di una manovra studiata ad hoc per frenare un governo, seppur cautamente, progressista. Scrive a tal proposito Idlio Mendez Grimaldi, giornalista e analista politico Paraguayano: [1] “ Tres intereses convergieron para el derrocamiento de Fernando Lugo: los intereses de las transnacionales del agronegocio y del sector financiero; los de la oligarquía terrateniente, aliada al capital transnacional, y los de los partidos políticos de derecha. Todos apadrinados por Estados Unidos”.
In Argentina il governo di Cristina Fernandez ha portato avanti le politiche economiche di opposizione al neoliberismo iniziate dal marito Nestor Kirchner, rinforzando il ruolo dello Stato nella gestione dell’economia tramite nazionalizzazioni strategiche e attuando politiche di redistribuzione del reddito. Inoltre, in sintonia con Nestor, ha favorito i processi di unità latinoamericana con i governi progressisti della regione. Guillermo Moreno, segretario del commercio interno dell’attuale governo, ha rilasciato il 12 ottobre un’intervista alla rivista comunista “Nuestra Palabra” [2]. Moreno, riferendosi alle politiche economiche europee afferma: “ L’Europa porta avanti politiche sbagliate che non è necessario descrivere dato che le viviamo in prima persona e quindi, ciò che possiamo aspettarci, non può essere altro che un conflitto sociale”. Per quanto riguarda gli attacchi della destra, in particolare in riferimento all’inflazione, dichiara: “è parte di questo clima di destabilizzazione perché cambiando umore la gente si chiude in se stessa, si riducono i consumi, ci vogliono portare alla recessione. Non diamogli questo piacere, organizziamo feste straordinarie per le nostre famiglie e facciamo un grande sforzo per realizzarlo. Agli attacchi rispondiamo con la felicità”.
Mentre il Sudamerica, continuamente oggetto di pressioni esterne e destabilizzazioni interne, si conferma in larga parte progressista ( la recente rielezione di Chavez è stata fondamentale in questo senso), il Centroamerica subisce maggiormente influenze statunitensi. Il processo di unità latinoamericana è ancora lungo e pieno di ostacoli e i media spesso banalizzano ( non privi di faziosità) le complesse dinamiche dell’America Latina. Esemplare, sotto questo punto di vista, è la comune riduzione dello scontro Chavez/Capriles in “populismo chavista” contro “ forze democratiche”, ignorando volontariamente la storia del Venezuela precedente la prima democratica elezione di Hugo Chavez e il golpe del 2002.
[1] http://www.jornada.unam.mx/2012/06/25/mundo/032a1mun
[2] http://www.pcce.com.ar/186_moreno.htm