Intervista a Camila Vallejo, dirigente studentesca cilena e comunista

fonte Demos Giurisprudenza | da ELMOSTRADOR.CL, 25 ottobre 2011

 

vallejo intervistaCamila Vallejo, militante della Gioventù Comunista Cilena, è presidentessa della Federazione degli Studenti Universitari del paese andino. In questi mesi è stata tra i dirigenti più rappresentativi dell’enorme movimento di massa per un sistema formativo pubblico, gratuito e di qualità. Proponiamo qui la traduzione di una sua intervista come testimonianza di un metodo e di una cultura di lotta che lavoriamo da anni per affermare anche tra gli studenti italiani. NdR

 

Camila: “Comprendiamo la lotta degli indignati, ma in Cile stiamo superando la fase del malcontento.”

 

Camila Vallejo, presidentessa della Federazione degli Studenti Universitari del Cile (CONFECH) afferma che le richieste degli studenti non siano emerse spontaneamente, ma che obbediscano a “un processo lungo basato su un’analisi profonda di quello che succede in Cile, dell’ingiustizia” e ha assicurato che ora “bisogna guardare avanti e costruire un’alternativa per il paese.”

 

Ha anche manifestato il suo desiderio di “proiettare politicamente questo movimento, perché per la prima volta una rivendicazione settoriale è passata ad essere un movimento sociale che interessa molti settori.”
Dopo circa sei mesi di proteste, il movimento studentesco, che chiede una educazione pubblica gratuita, continua a segnare l’agenda politica del paese. Questo martedì inizierà un nuovo blocco di 48 ore.
Studenti, professori, ambientalisti e la Centrale Unitaria dei Lavoratori, uno dei principali sindacati cileni, sostengono la protesta, che avrà il suo culmine nella manifestazione convocata per mercoledì pomeriggio.
Alla vigilia di queste giornate di mobilitazione, BBC World ha incontrato a Parigi Camila Vallejo, uno dei volti visibili del movimento.
Vallejo, di 22 anni e studentessa di geografia, si trova in Europa insieme ad altri rappresentanti studenteschi cileni per esporre le sue rivendicazioni e tentare di “internazionalizzare” il movimento.

Siete venuti in Europa per incontrarvi con istituzioni internazionali e intellettuali. Dei consigli che vi hanno dato gli intellettuali, quale le è piaciuto di più?

Il filosofo Edgard Morin ci ha dato fiducia. Ci ha detto che l’educazione superiore non può essere legata al mercato, ma che deve essere garantita una educazione pubblica perché i paesi ne hanno bisogno per il loro sviluppo.
E Stéphane Hessel (autore del libro “Indignatevi!”) ci ha spronati a intensificare le comunicazioni e la diffusione delle nostre idee a livello mondiale, a diffondere le nostre proposte con tutti i mezzi.

Parlando di Stéphane Hessel, crede che il movimento studentesco cileno abbia dei tratti in comune con movimenti sociali come quello degli indignati o Occupy Wall Street?

Il movimento studentesco cileno non parte dagli indignati. Non è un movimento spontaneo, ma un processo lungo basato su un’analisi profonda di quello che succede in Cile, dell’ingiustizia.
Comprendiamo la lotta degli indignati, ma in Cile stiamo superando la fase del malcontento. Ora bisogna guardare avanti e costruire un’alternativa per il paese.

Tenendo conto che già esistono proteste studentesche in altri paesi, come crede che si possa internazionalizzare il movimento?

I differenti movimenti – in Cile, Colombia, Brasile, Francia, Spagna – non nascono come copie, bensì hanno delle particolarità.
Ma si visualizzano come un insieme. E’ la lotta di chi si è risvegliato per costruire un modello di società diverso a livello nazionale e internazionale. Esiste una coerenza, rappresentata da una resistenza al modello privatizzatore o un’avanzata in direzione della conquista dei diritti.
In Francia ci siamo incontrati con l’UNEF (Unione Nazionale degli Studenti di Francia). Ci hanno descritto il lavoro di costruzione di coscienza che stanno facendo per resistere alla privatizzazione strisciante portata avanti dal governo. Siamo parte di processi distinti, ma abbiamo gli stessi obiettivi, ed esistono legami di solidarietà internazionale tra la gioventù.

Che modello di educazione propone per il Cile?

Nessuno studente vuole copiare nulla. Il Cile pensa a un modello proprio, che permetta l’integrazione di tutti e che sia gratuito. Vogliamo un’educazione capace di trasformare la società e da cui escano professionisti capaci di costruire la democrazia.

Come vede il futuro del movimento studentesco?

Il movimento studentesco attraversa un momento determinante, dopo cinque mesi di mobilitazione. Bisogna pensare a come avanzare tatticamente per proseguire.
Ad oggi il dialogo col Governo è rotto. Stanno per mettere mano alla riforma delle borse di studio e ci stanno escludendo da questa discussione, che vogliono trasferire in Parlamento.
Sicché, con tutta la fiducia che possiamo avere nel Parlamento, dovremo portare avanti un lavoro nei loro confronti. Vogliamo che non approvino la legge finanziaria finché non ci siano progetti di legge che siano concordati con gli studenti in materia di educazione.

Non crede che il suo protagonismo penalizzi il movimento studentesco nel suo complesso?

La personalizzazione del movimento si deve ai politici e ai mezzi di comunicazione. E’ una strategia utilizzata molto spesso nei confronti di chi porta avanti rivendicazioni sociali. In Cile è molto applicata e credo lo sia anche in altri paesi.
Per Cuba si parla di castrismo e per il Venezuela di chavismo. Tutto viene personificato con presunti leaders, e non si vede che è un processo condiviso da una maggioranza. In definitiva si tratta di distruggere per poi demolire il movimento.
Così siamo stati come più vulnerabili. Sono stata accusata di essere manipolata dal Partito Comunista, di guadagnare sulle interviste che rilascio. Mi è stato detto che sto lucrando su tutto questo.

Lei è sul punto di laurearsi. Pensa di continuare a seguire il movimento, malgrado ciò?

Riguardo alle questioni studentesche continuerò a partecipare, in relazione al risultato delle prossime elezioni della FECh. Vogliamo costruire, io e tutti i miei coetanei che non sono volti visibili. E vogliamo proiettare politicamente questo movimento, perché per la prima volta una rivendicazione settoriale è diventata un movimento sociale che comprende molti settori.

Pensa a una carriera politica?

Io sono una militante e sono disposta a mettermi a disposizione delle necessità di costruzione tanto di questo come di altri movimenti.
Per quanto riguarda le prossime elezioni, penso che non sia tanto una cosa mia, ma che i giovani debbano iscriversi al registro elettorale come candidati consiglieri. Che vadano a contendere i municipi alla destra, o a chi non accetti di corrispondere alle nostre proposte che sono giuste.
Ora i giovani si stanno interessando alla politica e devono assumersi questa responsabilità. Dobbiamo prenderci carico e potare avanti un progetto costruito partecipativamente. E quindi dobbiamo avere una vocazione al potere, ma nel senso buono della parola.