di Marco Consolo | fonte Ombre Rosse, da www.controlacrisi.org
Nel silenzio assordante della stragrande maggioranza dei media italiani, la contro-offensiva statunitense contro i governi progressisti in America Latina ha fatto un’altra vittima. Lo scorso 22 giugno Fernando Lugo, Presidente del Paraguay dal 2008 ed ex-vescovo cattolico, è stato destituito a velocità supersonica con un “giudizio politico” da parte del Parlamento che gli ha concesso meno di 24 ore per preparare la sua difesa e due ore per presentarla di fronte alle Camere. Un golpe parlamentare, un parla-golpe istituzionale sulla falsa riga di quello dell’Honduras del 2009. Il vice-presidente Federico Franco, una vera e propria “serpe in seno”, è stato nominato immediatamente dall’opposizione come “nuovo Presidente”. La destituzione di Lugo era pianificata da tempo, secondo le informazioni inviate dall’ambasciata statunitense nel 2009 e pubblicate da wikileaks [1].
Dopo ben 22 tentativi, l’opposizione aspettava solo il momento giusto per realizzarla. Il pretesto utilizzato è stato l’oscuro massacro avvenuto nei giorni scorsi a Curuguaty durante lo sgombero di un’occupazione di terre, dove sono stati uccisi 11 contadini e 6 membri della polizia (con 80 feriti e 54 persone con accuse gravi). Il massacro, secondo diverse denunce, sarebbe stato nient’altro che una trappola organizzata ad hoc, per fornire un argomento politico alla magistratura ed al parlamento, tra le istituzioni più corrotte del Paese. E se non fosse tragico, l’atto di accusa del Parlamento [2] sembrerebbe uno scherzo di cattivo gusto, una perla fatta di affermazioni senza prove e fotocopie di articoli di giornale.
Dopo innumerevoli tentativi, il riuscito parla-golpe spara dritto al cuore del difficile processo di trasformazione del Paese iniziato con la vittoria elettorale di Lugo dell’aprile 2008. Una vittoria che aveva posto fine a 60 anni di strapotere del reazionario Partido Colorado ed ai 35 di Alfredo Stroessner [3], a capo di una delle più sanguinarie dittature militari latinoamericane, che diede rifugio tra gli altri al nazista Joseph Mengele ed al dittatore nicaraguense Alfredo Somoza. Una trappola ben preparata contro la transizione democratica, il protagonismo e la mobilitazione popolare che spaventava il bipartitismo tradizionale dei partiti Colorado e Liberal. Ma possibile anche grazie all’ingenuità politica di Lugo, il “vescovo dei poveri” con nessuna esperienza di governo.
I protagonisti visibili del parla-golpe sono le stesse forze cavernicole dell’oligarchia creola che non si sono mai date per vinte e che hanno cercato di bloccare in tutti i modi le trasformazioni sociali ed il protagonismo popolare in Paraguay, ostacolando inoltre l’integrazione latinoamericana. Oggi, in maniera grottesca, quello stesso Parlamento in mano ai partiti tradizionali, in gran parte espressione dei latifondisti e dell’oligarchia più retriva, si erge a difesa della democrazia, mentre in realtà cerca di difenderne i privilegi, in alleanza con il potere giudiziario e i grandi mezzi di comunicazione come il quotidiano ABC Color, vera e propria artiglieria del golpe.
Dietro le quinte, oltre a Washington, ci sono le multinazionali dell’alimentazione e della chimica (Monsanto in primis) e dell’alluminio (Rio Tinto Alcán). La prima è impegnata nell’estendere l’“impero della soia” i cui confini si perdono tra Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay. Per i contadini difendere o recuperare la terra è letteralmente una questione di vita o morte, e numerosi sono i conflitti con le bande paramilitari dei cosiddetti “brasiguayos” (imprenditori brasiliani della soia che si sono impadroniti di migliaia di ettari), i migliori alleati della Monsanto e suo vero e proprio braccio armato. La stessa Monsanto ha interessi concreti nel golpe, dato che nei mesi scorsi il Servizio Nazionale di Qualità e Salute Vegetale e delle Sementi (SENAVE) non aveva voluto dare luce verde alle nuove sementi transgeniche, come chiedeva la Monsanto ed i latifondisti.
Da parte sua il gigante canadese dell’alluminio, la Rio Tinto Alcàn, da diversi anni cerca di installare nel Paese quel modello estrattivo e depredatore che tanti danni continua a fare nel continente.
LUCI ED OMBRE DELLA GESTIONE DI LUGO
Facciamo un passo indietro.
Con un parlamento in cui la base di appoggio reale del Presidente era meno del 5%, e con una magistratura tra le più corrotte e screditate in America Latina, dal 2008 il governo di Lugo ha cercato di affrontare i problemi storici del Paese, tra cui la povertà endemica e la corruzione imperante. Alcuni passi in avanti erano stati fatti, a partire dall’educazione, l’accesso alla casa, la creazione di un sistema sanitario pubblico e gratuito, con la realizzazione di più di 500 “unità di salute familiare” che hanno permesso la copertura sanitaria di circa 1.5 milioni di persone altrimenti “dimenticate”. Chi scrive ha negli occhi l’orgoglio di una medica paraguayana che rivendicava la legge che per la prima volta permetteva ai poveri l’accesso ad un diritto storicamente negato.
Il governo aveva come priorità le politiche sociali, soprattutto contro la povertà e la riduzione delle diseguaglianze, in particolare verso le popolazioni originarie, mal chiamati “indigeni”. Il programma di lotta alla povertà “Tekoporá” che riuniva fondi per l’appoggio a comunità selezionate, passava dalle 14000 famiglie beneficiate del 2008, alle 112.000 nel giugno 2010, con una crescita dell’800% [4].
L’altro tema decisivo è stata la rinegoziazione con Brasile ed Argentina della fattura energetica delle due grandi centrali idroelettriche (Itaipù e Yacireità), che ha permesso di aumentare significativamente gli introiti statali e di iniziare quella “sovranità energetica” che puntava all’integrazione con il resto del continente. Passi avanti erano stati fatti anche sul terreno decisivo dell’informazione, con la creazione della “TV Pública Paraguay” mai esistita nella storia del Paese, inaugurata il 14 maggio 2011, ma che ha realizzato la sua prima trasmissione ufficiale appena il 29 Ottobre 2011 con la messa in onda della Vertice Iberoamericano celebrato nella capitale Asunciòn. E la stessa Radio Nacional, per decenni strumento di propaganda governativa del Partido Colorado e del dittatore Stroessner, iniziava ad essere una Radio Pubblica.
Ma senza dubbio il punto cruciale è stato ed è la questione agraria. Nonostante i tentativi di diversificare l’economia storicamente legata allo sfruttamento di risorse primarie ed all’agro-esportazione, la terra è la chiave di sviluppo, come lo è stata per secoli. Anche qui l’accumulazione capitalista è stata fatta con la violenza armata ed il sopruso. Secondo la denuncia della Comisión Verdad y Justicia, quasi 8 milioni di ettari (19% del Paese) di terre statali sono stati rubati ed assegnati in maniera fraudolenta e clientelare dalla dittatura di Stroessner (e fino al 2003) a militari, politici amici, ex-presidenti, latifondisti, etc. Terre che il governo di Lugo stava cercando di recuperare.
Inoltre tra il 2006 ed il 2010, con l’espansione della soia, molti gruppi agro-industriali brasiliani, francesi, tedeschi, portoghesi, spagnoli e giapponesi hanno comprato circa 1,8 milioni di ettari, e quasi 9-10 milioni negli ultimi 20 anni. E nonostante le dichiarazioni, dal 2008 poco è stato fatto per avanzare sul terreno decisivo della riforma agraria, chiesta a gran voce dai “sin tierra” e dai piccoli contadini contro la brutale concentrazione del latifondo. Infatti ancora oggi, il 2% della popolazione controlla circa l’80% delle terre fertili mentre i piccoli proprietari (circa il 40% della popolazione) solo il 5%. Il 30% della popolazione rurale è senza terra [5].
Tra le ombre della gestione di Lugo c’è da segnalare l’approvazione della Legge Antiterrorista propiziata dagli Stati Uniti in tutto il mondo dopo l’11 settembre, ed utilizzata per criminalizzare i movimenti sociali, a partire da quello contadino. Negli ultimi anni è cresciuta la presenza militare colombiana per l’addestramento delle FF.AA. paraguayane nella lotta “antidroga ed anti-terrorista”. Nel 2010 Lugo ha autorizzato la cosiddetta “Iniciativa Zona Norte”, ovvero l’istallazione di truppe e civili statunitensi al Nord della Regione Orientale (al confine del Brasile) in teoria per attività a favore delle comunità contadine della zona. Ma già dal maggio 2005, prima della vittoria di Lugo, lo stesso Parlamento aveva autorizzato l’ingresso di truppe statunitensi con immunità, permesso di transito e permanenza prorogabile automaticamente. Il Paraguay rinunciava così alla propria giurisdizione, dato che le truppe con armamento, materiale e medicine potevano agire in tutto il Paese, senza bisogno di nuove autorizzazioni. In quell’occasione entrò un primo contingente di 400 soldati, uno dei colpi più contundenti di Washington contro il Mercosur.
C’è poi un’altra notizia passata inosservata: nelle ore del golpe una missione di generali statunitensi è volata ad Asunción per riunirsi con parlamentari (legati alla passata dittatura) della Commissione Difesa [6] e discutere la possibilità di istallare nuove basi Usa in Paraguay. Già oggi, a 11 minuti di volo dalla Bolivia, c’è la base aerea Mariscal Estigarribia, con una pista d’atterraggio lunga più di 3 chilometri in un Paese praticamente senza aviazione. La pista, made in USA e modernizzata negli ultimi anni, è disegnata per ricevere migliaia di soldati e aerei di grandi dimensioni con materiale ed armamento. Come la pista della Base di Palmerola in Honduras.
Nel 2009 Lugo si era opposto alla possibilità di imponenti manovre militari del Comando Sur in Paraguay, ma in realtà le truppe a stelle e a strisce non sono mai andate via. Quando il dittatore Stroessner fu deposto da un golpe “di amici” nel febbraio 1989, rimasero al potere i militari, protagonisti diretti della lunga dittatura. Grazie ad accordi firmati allora, il Paese perse il diritto di poter investigare i delitti commessi da truppe straniere e denunciare Washington alla Corte Penale Internazionale, violando così la propria legislazione.
La situazione che vive il Paraguay si intreccia con la rimilitarizzazione statunitense in tutto il continente. Insieme alla riedizione della IV flotta (che era ferma dalla fine della seconda guerra mondiale) che naviga davanti a Venezuela e Brasile, alla solida presenza in Colombia, alle decine di vecchie e nuove basi militari o di intelligence sparse in America Latina, l’infrastruttura statunitense si rafforza in un Paese di importanza geo-strategica al confine con Bolivia, Brasile, Argentina. Una presenza militare ingombrante, che ipoteca il controllo dell’Acquifero Guaranì, una riserva di acqua potabile tra le maggiori al mondo, nella “Triple Frontera”, tra Paraguay, Argentina e Brasile.
Come dice una barzelletta da anni in voga nel continente, nelle Americhe l’unico paese dove non c’è stato un golpe sono gli Stati Uniti, perché lì non c’è nessuna ambasciata Usa. Solo nell’ultimo decennio abbiamo visto nel 2002 il tentativo fallito di rovesciare con la forza il Presidente Chavez e la Rivoluzione Bolivariana in Venezuela; nel 2009 il riuscito colpo di Stato contro Manuel Zelaya in Honduras; nel 2010 il tentativo di golpe contro il Presidente Correa e la “rivoluzione cittadina” in Ecuador; in Bolivia dopo la fallita secessione della “media luna”, negli ultimi mesi le campagne di destabilizzazione contro il Presidente Evo Morales. Sono tutti segnali della strategia imperiale contro i processi di cambiamento politico e sociale in America Latina. IL VATICANO A FIANCO DEL GOLPE
A favore del nuovo governo golpista, insieme a Canada, Spagna, Taiwan e Germania, si è schierato da subito il Vaticano, con il nunzio apostolico che ha chiesto a Lugo di farsi da parte ed accettare la farsa grottesca dell’impeachment. Identico copione del tentato golpe del 2002 in Venezuela contro Hugo Chavez, quando il nunzio a Caracas cercò di convincerlo a firmare la sua rinuncia «per evitare spargimenti di sangue».
Al contrario, la Unasur, il Mercosur, la Celac ed i Paesi dell’ Alba, hanno da subito condannato il “giudizio politico” contro il presidente Fernando Lugo, isolando i golpisti nel continente. Nei giorni seguenti sia Mercosur che la Unasur hanno sospeso il Paraguay dalle rispettive alleanze regionali. Gli stessi governi della destra (Colombia, Cile e paradossalmente lo stesso Honduras) hanno dovuto prendere le distanze dal colpo di mano facendo appello alla «mancanza di un regolare processo» nei confronti di Lugo.
Ed in Paraguay, la variegata base sociale di Lugo, fatta da movimenti sociali e dalle molte e litigiose organizzazioni della sinistra, solo nel marzo 2010 si è unita nel Frente Guasù (Fronte Ampio in lingua Guaranì) mettendo insieme una decina di organizzazioni. Con una base sociale debole, senza forza organizzata nelle strade e nel Parlamento, la gestione di Lugo è stata marcata da buone intenzioni, da inefficienza e da molta ingenuità. E la frammentata sinistra ha trovato coesione troppo tardi per dispiegare una massa critica sufficiente ad arginare le forze golpiste, quelle che avevano parzialmente perso il governo, ma non certo il potere reale. Oggi la resistenza ai golpisti si riorganizza in un cartello che riparte con le mobilitazioni popolari in tutto il Paese [7].
Nel 2013 in Paraguay dovrebbero esserci le nuove elezioni. Al momento sembra difficile che fino ad allora la situazione possa tornare alla “normalità” di prima del parla-golpe. Di sicuro gli Stati Uniti ed i loro alleati faranno l’impossibile per bloccare qualsiasi trasformazione radicale in senso progressista nel “cortile di casa”. Anche i numerosi brogli elettorali in Messico la dicono lunga in materia.
[1]http://wikileaks.org/cable/2009/03/09ASUNCION189.html
[2]http://www.ultimahora.com/adjuntos/imagenes/000/432/0000432478.pdf
[3] Figlio di un emigrato tedesco, Hugo Strößner di Hof, Baviera e di Heriberta Matiauda, prese il potere il 15 agosto del 1954, abolendo la costituzione. Candidato unico alla presidenza in diverse elezioni, con l’appoggio degli Stati Uniti rimase in carica per 35 anni. Fu presidente e dittatore del suo Paese dal 15 agosto 1954 al 3 febbraio 1989.
[4] Fuente: Gobierno de la República del Paraguay, Contraloría General de la República, Dirección General de Control de Recursos Sociales, Informe Final. Auditoría a la Secretaría de Acción Social “ Programa Tekoporá”, Ejercicio fiscal 2007, (Asunción, julio 2009); y Secretaría de Acción Social. Dirección General de Protección Social y Desarrollo Humano. Programa de Transferencias Monetarias con Corresponsabilidad, Informe Trimestral 1º, Informe Trimestral 2º, (2009).
[5]www.mag.gov.py
[6]http://www.abc.com.py
[7]http://paraguayresiste.com