Libia: Vertice Hollande per nascondere il fiasco

di Marc de Miramon | michelcollon.info
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

La guerra condotta dalla NATO in Libia ha compiuto il processo di destabilizzazione regionale: accostando gli stati “falliti” (Mali, Niger) ai giganti con i piedi d’argilla (Nigeria, Camerun). Dove già agiva la devastazione della povertà e delle disuguaglianze sociali, ecco le meraviglie della guerra moderna: droni, mercenari, bombardamenti mirati. Grazie Boko Haram?

Riuniti a Parigi nel quadro di un mini-vertice sulla “sicurezza”, cinque capi di stato africani (Nigeria, Camerun, Benin, Niger, Ciad) hanno quindi dichiarato la “guerra totale” a Boko Haram, la potente setta islamista responsabile del rapimento di 223 studentesse. Con una capacità di nuocere soprattutto all’interno delle frontiere e al confine della Nigeria, senza coinvolgimento nel terrorismo internazionale, la setta e il suo leader Abubakar Shekau hanno raggiunto il grado di maggiore minaccia regionale e globale. “Boko Haram non è un gruppo terroristico locale: è chiaramente un ramo di Al Qaeda”, ha detto il presidente nigeriano Goodluck Jonathan in sintonia con François Hollande, per i quali i due gruppi avrebbero “comprovati” collegamenti.

“Le attività di depredazione, traffico e rapimento contro riscatto rispondono alle necessità finanziarie, ma il loro rendimento è aleatorio, spesso insufficiente a mantenere le truppe e devono essere integrate da fonti più affidabili e regolari che possono arrivare solo da sponsor stranieri facoltosi interessati in un modo o nell’altro alle attività del movimento (come il Qatar e l’Arabia Saudita). E’ necessario aggiungere che per questo le suddette attività hanno una visibilità sufficiente ad attrarre l’attenzione oltre frontiera” (1), ha sottolineato Alain Chouet, ex capo dei “servizi di intelligence” alla DGSE.

Grazie al coinvolgimento emotivo e “popolare” a livello planetario, da Michelle Obama fino a Carla Bruni, ecco gli islamismi di Boko Haram effettivamente sulla ribalta del terrorismo internazionale. “La guerra totale”, che include l’uso dei droni, degli “attacchi chirurgici”, l’invio di forze speciali e dei mercenari delle compagnie militari private, non ha possibilità di venire a capo dell’attuale espansione della setta, che prospera sullo sfondo di una miseria sociale e di disuguaglianze clamorose tra una Nigeria del nord musulmana, emarginata e revanchista e un sud pregno di petrolio sfruttato dalle nuove élites cristiane del paese. Per quanto riguarda l’esplosione demografica in atto, la Nigeria è già la nazione più popolosa del continente (177 milioni di persone, 390 previste nel 2050): dovrebbe assicurare un vivaio di disperati su larga scala, figli di una sub-regione totalmente destabilizzata.

Boko Haram, perfetto spauracchio dei politici occidentali e africani, uniti nella loro ossessione di un approccio esclusivamente sul piano della sicurezza (in mancanza di quella sociale, medica o alimentare), maschera un altro processo di destabilizzazione in corso nell’Africa occidentale, eredità diretta della disastrosa spedizione libica del 2011.

I presidenti dei paesi vicini della zona saheliana consegnati ai gruppi mafiosi e/o jihadisti, come il Mali o il Niger, avevano avvertito delle conseguenze del crollo del regime di Muammar Gheddafi. Contrariamente alle fanfaronate di un Bernard-Henri Lévy, la guerra civile continua nonostante la caduta del dittatore: le milizie islamiste affrontano qui i reggimenti comandati da ciò che rimane dell’esercito “ufficiale”, che non si sa a chi sia realmente sottomesso, là dal pseudo “Esercito Nazionale Libero” (ANL) guidato dal generale Haftar (2), tornato dall’esilio negli Stati Uniti per il colpo contro il regime di Gheddafi…

Un po’ più a sud, ci sono i tuareg del MNLA, alleati oggettivi dei corrispettivi di Al Qaeda nel Sahel, che attaccano l’esercito del Mali nella regione di Kidal, l’unica ancora sfuggita al governo legittimo di Bamako, diretto dal candidato della Francia, Ibrahim Boubacar Keita. Al prezzo di decine di morti, l’esercito nazionale maliano avrebbe conquistato (per quanto tempo?) la maggior parte delle posizioni strategiche in Kidal, simbolo del fallimento di un processo di riconciliazione fino a qui incompiuto. In un contesto di caccia internazionale per ritrovare le 223 liceali, si tratta di una militarizzazione strisciante che minaccia tutta l’Africa occidentale e il Sahel: il prolungamento di una assurda “guerra globale contro il terrorismo”, ormai assunta da Francia e Stati Uniti.

Note:

1) «A quoi sert Boko-Haram ?», par Alain Chouet, publié sur le site espritcorsaire.com
2) NDLR : Nous avions étudié dès 2011 le rôle du Général Haftar dans le chapitre “Le rôle des services secrets” du livre “Libye, Otan et Médiamensonges” (de Michel Collon) publié par Investig’Action.