La storia infinita della ”Guerra mondiale africana”

di Andrea Genovali
 

kony josephLa notizia data da alcuni media italiani riguardante il criminale ugandese Joseph Kony che con il suo Esercito di Resistenza del Signore rapisce bambini e ne fa dei soldati e ruba bambine per farle divenire prostitute è drammatica e fa giustamente accapponare la pelle. Ma i media non dicono come nasce questo, e altri, criminali in terra d’Africa e in quale mare hanno finora galleggiato. Ci appare semplicistico e fuorviante evidenziare solo questo criminale, senza denunciare anche chi sono i giocatori che muovono le pedine, come Kony, di questa tragedia africana.
 

Nessuno ci ha detto che Joseph Kony fu ministro del dittatore Idi Amin Dada che nel 1971 prese il potere con un golpe militare immediatamente riconosciuto e sostenuto da Israele, Gran Bretagna e dal Sudafrica razzista. Questo signore, inoltre, si dichiara cristiano e portavoce di Dio e in contrapposizione agli estremisti islamici egli vuole dar vita ad uno stato teocratico cristiano sulla base dei dieci comandamenti.
 

Per cercare di comprendere un minimo le dinamiche e le responsabilità anche, e soprattutto, occidentali di questa situazione si deve partire, se pur in maniera rapida, dall’ottocento, cioè dal congresso di Berlino che spartisce l’Africa alle potenze mondiali con squadra e righello. Così l’odierno Congo diviene una colonia del Belgio; e quando in modo delinquenziale i colonizzatori dividono le popolazioni del Ruanda e del Congo sulla base del rango sociale e dei tratti somatici in Hutu e Tutsi, appoggiandosi a questi ultimi per governare, anche se in realtà sono in minoranza rispetto agli Hutu, pongono tutte le necessarie premesse per i futuri massacri. Alla fine del processo di decolonizzazione, gli Hutu riversano tutto il loro odio nei confronti dei Tutsi in un vero e proprio massacro prima nel 1962, poi nel 1994 in quello che sarà definito il peggior genocidio del secondo millennio dopo quello contro gli ebrei e di cui ancora ben poco si sa in Italia.
 

La trentennale dittatura di Sese Seka Mobutu non serve a calmare i dissapori. Dopo gli ultimi scontri gli Hutu formano delle milizie paramilitari – le Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR), che nel 1998 si rendono responsabili di un nuovo massacro dei Tutsi; questi ultimi invece costituiscono il Congresso Nazionale per la difesa del Popolo (CNDP). Da ciò ha inizio quella che viene chiamata la “Guerra Mondiale Africana”, che termina nel 2003. Pagina nerissima per la storia dell’umanità in cui l’occidente ha infinite responsabilità.
 

Al termine del conflitto, la zona orientale del Congo, il Nord Kivu, rimane occupata da gruppi ribelli stranieri, che creano continui momenti di tensione e migliaia di sfollati. L’accordo di pace firmato agli inizi del 2008 non è servito a placare i massacri. La presenza di una esigua quantità di Caschi blu dell’Onu, la MONUC, pari a circa più o meno 10.000 soldati rispetto ad una popolazione che nella sola regione del Kivu conta 10 milioni di civili, risulta insufficiente a garantire stabilità e controllo della regione. Negli ultimi mesi del 2008 la situazione è degenerata nuovamente quando l’Uganda ed il Ruanda hanno deciso di appoggiare gli attacchi del CNDP (Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo), guidato da Laurendt Nkunda, accusando il Congo di sostenere i terribili e feroci “Interahamwe” delle “Forze armate di Liberazione del Ruanda”(FDLR), gli estremisti Hutu responsabili del genocidio in Ruanda.
 

Uganda e Ruanda sostengono quindi la legittimità di colpire le basi del FDLR e dei suoi alleati, “l’Esercito di Resistenza del Signore” (LRA) di Kony, che si trovano nella regione congolose del Nord Kivu. L’avanzata di Nkunda è stata veloce, occupando in poco tempo le città di Rutshuru e Goma, capitale del Nord Kivu, insieme alla base militare di Rumangabo. Nel frattempo la popolazione è stata vittima di violenze congiunte da parte sia del LRA e sia dello stesso CNDP. I civili sono stretti dalla morsa delle milizie locali e dei ribelli che con le loro azioni costringono i profughi a spostarsi continuamente in zone che in ogni momento potrebbero diventare altrettanti teatri di guerra.
 

Il 22 gennaio del 2009 viene arrestato Laurendt Nkunda, figura appoggiata economicamente e militarmente dagli Stati Uniti. Stando alle accuse a lui mosse, dietro il dichiarato intento di combattere un governo corrotto, il generale portava avanti una politica di pulizia etnica nei confronti degli Hutu. Ma la pace non si instaura e ancor oggi si combatte nella regione nel silenzio colpevole dei media e delle Nazioni Unite.
 

La guerra ha finora prodotto circa 6 milioni di morti di cui almeno 3 milioni sono bambini. In questo scenario di guerra, ricondurre le cause della violenza alle sole ragioni dell’odio e delle rivalità inter-etniche risulta errato. Dietro ai massacri tra tribù, vi sono altri attori che muovono le fila di questi burattini inconsapevoli o anche consapevoli poco cambia. Il Congo è una miniera aperta, un paese ricco di risorse naturali quali cobalto (essenziale per le industrie nucleari, chimiche, aerospaziali e della difesa), diamanti, stagno, oro, rame, petrolio, carbone, uranio e zinco, senza contare le immense risorse di legno che fanno tanto gola alle potenze imperialiste e alla multinazionali e sono proprio questi gli attori che stanno dietro ai massacri africani. Ma la risorsa oggi diventata più importante è il coltan, di cui il Congo orientale è la più grande riserva mondiale. Il coltan è un minerale simile a fango di sabbia nera ma dalla capacità economica e strategica immensa, in quanto viene usato per ottimizzare il consumo della corrente elettronica nei chip di nuovissima generazione. Viene quindi utilizzato nei telefonini, nelle telecamere, nei pc portatili dove è necessario risparmiare energia della batteria.