su “Atlas alternatif”* | Traduzione a cura di Marx21.it
*Il blog «Atlas alternatif», diretto da Frédéric Delorca si propone dal 2006 di offrire un contributo collettivo (42 collaboratori) al servizio della critica del dominio dei grandi gruppi industriali, finanziari, mediatici e degli Stati occidentali nel mondo e a sostegno dell’iniziativa, sul piano internazionale, delle forze progressiste antimperialiste.
“Ho autorizzato un numero ristretto di forze combattenti equipaggiate statunitensi a dislocarsi in Africa Centrale per fornire aiuto alle forze regionali che operano per estromettere Joseph Kony dal campo di battaglia”, ha dichiarato il presidente Obama in una lettera inviata ai presidenti della Camera dei rappresentanti e del Senato, basandosi sulla legge di assistenza votata dal Congresso nel 2009 (Northern Uganda Recovery Act).
L’invio di un centinaio di soldati americani in Uganda per combattere l’Esercito di resistenza del Signore (Lord’s Resistance Army -LRA) ha sorpreso. Certo il LRA ha devastato l’Uganda per 25 anni con le sue milizie di bambini soldati, ma non si è mai opposto agli Stati Uniti e l’affermazione secondo cui l’impegno di Washington contro di esso corrisponderebbe “all’interesse della sicurezza nazionale” ha lasciato perplessi in molti. Negli ambienti conservatori americani, il cronista Rush Limbaugh ha messo in discussione questa decisione giudicando inopportuno che gli Stati Uniti attacchino una guerriglia cristiana, e il libertario (repubblicano, ndt) Ron Paul ha dichiarato che l’invio di truppe è incostituzionale. Entrambi sottolineano che tale impegno senza dubbio nasconde un progetto bellico più ambizioso. Il LRA conta in effetti circa 500 combattenti e l’invio di 100 soldati americani per contrastarli sembrerebbe sproporzionato.
In verità, si tratta di un’operazione che permetterà all’Uganda di diventare una baseperla proiezione dell’esercito americano nei paesi vicini, in particolare in Sudan e Congo.
L’Uganda vede così consacrato il suo ruolo di partner privilegiato di Washington nella zona. E’ già pesantemente implicato nella repressione delle milizie islamiste Shebab in Somalia e ha la funzione di subappaltatore degli Stati Uniti in quel paese (il che, recentemente, gli è costato un attentato islamista nella sua capitale). Nel giugno scorso il Pentagono gli ha concesso 45 milioni di dollari di equipaggiamento militare (malgrado la crisi finanziaria) come al Burundi (attrezzature per le ispezioni notturne, droni, ecc.).
Anche il Kenya (dove si troverebbero basi segrete americane di droni per assassini mirati in Somalia) è coinvolto in questa guerra: recentemente, in seguito ad alcuni rapimenti avvenuti sul territorio somalo, una quarantina di veicoli militari del Kenya sono entrati nella città somala di Dhobley, un’ingerenza che è stata approvata solo a a metà dal portavoce del governo somalo, Abdirahman Omar Osman, che ha detto di apprezzare l’aiuto del Kenya ma di non appoggiare la presenza militare del vicino sul suolo somalo.
I Shebab controllano la maggior parte del sud e del centro della Somalia, ma hanno perduto la parte più importante della capitale, Mogadiscio, e arretrano in questo momento davanti alle forze governative che hanno conquistato nelle scorse settimane Qoqani, una città della regione del Basso Giuba, alla frontiera con il Kenya.
Il presidente ugandese Yoweri Museveni ha insistito sul fatto che le truppe speciali statunitensi sarebbero semplici “consiglieri militari” che non parteciperanno ai combattimenti. Il sito Antiwar.com ricorda che si tratta comunque di forze speciali che si tengono raramente ai margini del campo di battaglia, e che anche la guerra del Vietnam era cominciata con l’invio di soldati definiti solo “consiglieri” dell’esercito del Vietnam del Sud.
FD