La statua di D’Annunzio, il poeta che divide

dannunzio statua librodi Maria Morigi

“Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno della libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola verità: e questa è Fiume; vi è un solo amore: e questo è Fiume! Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo ad un mare di abiezione… Io soldato, io volontario, io mutilato di guerra, credo di interpretare la volontà di tutto il sano popolo d’Italia proclamando l’annessione di Fiume.”

(Discorso tenuto da Gabriele D’Annunzio il 12 settembre 1919 dal Palazzo del Governo di Fiume)

Una statua a D’Annunzio verrà inaugurata il 12 settembre a Trieste in Piazza della Borsa, cuore del ‘salotto buono’ della città, di fronte alla Galleria del Tergesteo e alla sede della Camera di Commercio, prestigioso palazzo neoclassico. Il motivo dell’iniziativa, voluta fermamente e patrocinata da Sindaco e Regione, è la celebrazione del centenario della storica impresa (per qualcuno) o della insensata avventura (per qualcun altro) cioè l’annessione di Fiume da parte dei legionari partiti da Ronchi e la proclamazione della Reggenza del Quarnaro. Non voglio entrare nel merito della discussione storica, dei perché, dei come, delle collusioni, della portata simbolica dell’evento, delle opinioni… ormai è risaputo che l’avventura fiumana, durata 16 mesi, ha visto protagonista un vecchio pieno di acciacchi e gonfio di retorica, ma ha anche aperto le porte al più becero imperialismo nazionalista. Insomma fu ‘l’aperitivo’ di una stagione italiana di disprezzo, razzismo coloniale e supponenza culturale.

I promotori del solenne evento dedicatorio a un D’Annunzio pensoso mentre legge un volume (questa è la statua) parlano di “omaggio al poeta e non al politico”, evidentemente senza comprendere (o forse lo sanno benissimo) che non si può e non si deve MAI scindere persona e memoria, né distinguere tra quello che è stato pensato e scritto e ciò che è stato malauguratamente fatto.

Perché, a proposito di razzismo, il nostro ebbe a scrivere anche parole di fuoco:

in Il sudore di sangue- Lettera ai Dalmati : “il croato lurido, s’arrampicò su per le bugne del muro veneto, come una scimmia in furia, e con un ferraccio scarpellò il Leone alato.” (…) “quell’accozzaglia di Schiavi meridionali che sotto la maschera della giovine libertà e sotto un nome bastardo mal nasconde il vecchio ceffo odioso…“;

in Gli ultimi saranno i primi. Discorso al popolo di Roma nell’Augusteo, 4 maggio 1919 (…) “Laggiù , su le vie dell’Istria, su le vie della Dalmazia, che tutte sono romane, non udite la cadenza di un esercito in marcia? I morti vanno più presto dei vivi. E per tutto ritrovano essi i segni dei legionarii. Fuori la schiaveria bastarda e le sue lordure e le sue mandre di porci!”;

in Italia e vita del 24 ottobre 1919, scriveva: “come Idria, Postumia aspetta a noi. Se non la tenessimo, il flutto della gente balcanica, il flutto della barbarie schiava, giungerebbe a una ventina di chilometri dalle mura di Trieste.” (…) “Col distretto di Postumia lasceremmo in mano degli Schiavi meridionali il valico di Longatico, quello di Nauporto e forse quello di Prevaldo, che costituiscono da tempo immemorabile la vera Porta d’Italia, la soglia latina calcata dalle incursioni boreali e orientali dei Barbari di ogni evo”. Un vero innegabile poeta, che marginalmente scrisse anche versi gratificanti e suggestivi, e meno intrisi di odio.

Contro le celebrazioni triestine si è espresso il Sindaco di Fiume (Rijeka),Vojko Obersnel , che definisce “vergognosa e pericolosa” la celebrazione di D’Annunzio per l’ occupazione di Fiume; vari istituti di ricerca, tra cui il gruppo di Resistenza Storica di Trieste, Udine e Ronchi, hanno redatto un Manifesto che ha raccolto l’adesione di centinaia di firme di personalità della cultura, dall’Italia, alla Slovenia, dalla Croazia, all’Austria.

Mi fermo qui, perché io -che non sono triestina ma a Trieste vivo da più di 40 anni – non ne posso più di polemiche sulle Foibe, accaparramenti e strumentalizzazioni di priorità memoriali in nome di “Viva l’Istria italiana”, “Viva la Dalmazia italiana” ecc. ad opera di Salvini e di Tajani (anniversario delle Foibe febbraio 2019), celebrazioni retoriche della Resistenza alla Risiera di San Sabba da parte di una giunta comunale che viene metodicamente contestata da ANPI e da tutte le formazioni partigiane, cattoliche e comuniste, italiane ed ex-Yugo . Mi fermo qui anche perché non vedo l’ora che finalmente chiuda la mostra “DISOBBEDISCO” nella storica sede dell’ex-Pescheria (sono andata a vederla di nascosto e senza pagare): un coacervo di materiali – gagliardetti, bandiere, divise, lettere, locandine, suppellettili inutili – che mi ha messo una grande tristezza per la povertà di orizzonti appena dignitosamente culturali.

E vorrei che la ‘disgraziata’ Trieste, dove il Duce proclamò stentoreamente le Leggi Razziali nel 1938 in Piazza Unità d’Italia, fosse alla ribalta non per questioni di odio, insofferenza e intolleranza, ma fosse presente per l’importanza della sua cultura (Saba, Svevo, Veruda, Joyce…), lo sviluppo del suo porto e la capacità di convivere con il resto d’Italia e con i propri vicini: friulani, sloveni, croati, istriani e dalmati.

Infine vorrei  esprimere il mio disappunto per l’opinione di Claudio Magris sul Corriere della Sera a favore della statua. Non sono d’accordo con Magris che ha un grande seguito di lettori… e rivendico la mia contrarietà come un’ altrettanto legittima opinione.