Appunti per comprendere i Khmer Rouge

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Comprendere ciò che è accaduto nella Cambogia tra il 1976 e il 1979, quando si chiamava Kampuchea Democratica, resta un nodo ancora da sciogliere nella storia del movimento comunista.

Come un’esperienza nata dalla lotta antimperialista contro gli USA si è potuta trasformare in una delle grandi tragedie del XX secolo?

Questo breve saggio non ha lo scopo di riabilitare nessuno, vuole semplicemente gettare le basi per un profondo studio della storia dei Khmer Rouge e della loro rivoluzione.

Esistono lavori certamente più approfonditi, come “Il sorriso di Pol Pot” o i lavori, disponibili solamente in lingua inglese, di due importanti storici come Michael Vickery e David P. Chandler a cui rimando per ulteriori approfondimenti.

Chi erano i Khmer Rouge?

I Khmer Rouge erano dei rivoluzionari che vollero costruire una società egualitaria e indipendente. L’indipendenza e l’autosufficienza erano due concetti chiave della loro ideologia.

Per prima cosa va tenuta in considerazione la composizione della classe dirigente dei Khmer Rouge, che era il braccio armato del Partito Comunista Khmer.

Essenzialmente vi troviamo due categorie, chi, come Ta Mok, era erede dei Khmer Issarak, ovvero dei guerriglieri nazionalisti impegnati negli anni ‘50 nella dura lotta contro l’imperialismo francese per ottenere l’indipendenza della Cambogia, e chi, come Pol Pot, in quegli anni andò a studiare in Francia, a Parigi o come Nuon Chea in Thailandia.

Questi intellettuali, durante i loro studi parigini, incontrarono il marxismo, avvicinandosi al PCF.

Queste infarinature di marxismo erano utili alla loro visione di lotta per l’autonomia e lo sviluppo del paese, come si evince dalla tesi di laurea in economia di Khieu Samphan, Capo di stato dal 1976 della Kampuchea Democratica, sul sottosviluppo della Cambogia. 

In un certo qual modo, questi intellettuali si sentiranno sempre in debito nei confronti di chi lottò per l’indipendenza della Cambogia mentre loro studiavano all’estero.

Tornati in patria dovettero fare i conti con l’eclettismo e l’autocrazia del principe Sihanouk, il quale si spostò da posizioni di sinistra, con conseguente apertura alla sinistra cambogiana, a posizioni di destra che ebbero due conseguenze: la via della clandestinità per i Khmer Rouge e il progressivo trasferimento nelle mani dell’esercito del potere con il successivo golpe del 1970.

Mentre la Cambogia veniva coinvolta nel conflitto vietnamita e sul paese cadde una quantità gigantesca di bombe, i rivoluzionari di Pol Pot si erano rifugiati nella parte nord orientale del paese, in una zona nascosta dalla giungla, abitata da tribù primitive, contraddistinte da una società egualitaria da cui Pol Pot era affascinato, in una situazione di dipendenza dal Vietnam.

Nei rapporti con Hanoi Pol Pot vide lungo nella sua analisi, soprattutto quando venne invitato a studiare in Vietnam dal PCV e capì il vero obiettivo dei vietnamiti, controllare i partiti comunisti del Laos e della Cambogia per poter costruire una federazione socialista sotto la sua egemonia.

Pol Pot era un nazionalista, non poteva accettare una situazione simile, soprattutto alla luce della storia recente del suo paese, con una secolare lotta tra Vietnam e Thailandia per controllarlo.

Di conseguenza inizierà una dura lotta per ottenere una faticosa autonomia che costerà ai Khmer Rouge la perdita degli aiuti vietnamiti e un certo ritardo nella presa di Phnom Penh che avverrà il 17 aprile 1975.

La vittoria sul regime di Lon Nol venne facilitata anche dall’alleanza con il principe Sihanouk, utilizzato come strumento di propaganda e per ottenere un maggiore consenso da parte della popolazione, una volta ottenuta la vittoria finale verrà progressivamente ridotto all’esilio.  

Cosa successe dopo?

I Khmer Rouge entrarono in città e si verificarono subito degli scontri tra gli stessi guerriglieri, i quali non si conoscevano tra loro, frutto dell’estrema segretezza che ha contraddistinto l’intera esistenza del movimento guerrigliero.

La segretezza si accompagna ad una scarsa organizzazione e dai primi contrasti nel gruppo dirigente. Con l’eliminazione dei dirigenti moderati, ovvero Hou Youn e Hu Nim, prevarrà la linea di sinistra che porterà a scelte come l’evacuazione delle città, l’abolizione della moneta e l’instaurazione di una società agraria fortemente egualitaria.

Tolta la storia dell’uccisione di chi indossava gli occhiali, una vecchia leggenda che circolava anche ai tempi dei guerriglieri nazionalisti come certificato da Francois Ponchaud, un prete cattolico anticomunista che visse in Cambogia quando i Khmer Rouge presero il potere, l’arrivo dei guerriglieri nella città fu seguito dall’abbandono forzato di Phnom Penh e delle altre città del paese da parte dei loro abitanti, diretti, secondo le direttive dei guerriglieri, verso i loro villaggi di origine visto l’imminente attacco da parte degli USA.

La giustificazione della scarsità di cibo, dovuta alla guerra e al sovrappopolamento causato dall’arrivo negli anni dei contadini fuggiti dal conflitto, trova riscontro solamente per il caso della capitale ma non per altre città, come Battambang.

L’abbandono delle città venne caratterizzato da una scarsa organizzazione che provocò molti morti.

In generale la città veniva vista, in un’ottica da movimento contadino, come il cuore di un sistema corrotto e dispotico che ha generato una situazione di guerra, povertà e violenza, pertanto la città doveva essere rieducata, con i suoi abitanti: “Il badile sarà la vostra penna, la terra la vostra carta”.

L’Organizzazione Rivoluzionaria, con questo nome era conosciuto il Partito Comunista Khmer di cui si ignoravano segretario, ideologia ed esistenza, divise perciò la società in “nuova gente“, gli abitanti della città, e “vecchia gente“, i contadini.

La centralità della campagna non era frutto solamente di una visione da movimento contadino a cui molti episodi di violenza cieca possono essere rimandati, come afferma il sociologo marxista svedese Jan Mydral, anche perché progressivamente le industrie vennero rimesse in moto e le città vennero ripopolate, come raccontato dalle delegazioni che visitarono in quel periodo il paese, ma provengono da un’idea di autosufficienza spinta alle sue estreme conseguenze.

Se l’ambizione era quella di ottenere la prosperità e l’autosufficienza, le industrie e dei quadri tecnici erano indispensabili, quest’ultimo elemento entra in contrasto con la fede assoluta dei Khmer Rouge, ripresa dalla Cina maoista, nella creatività delle masse.

C’è una divertente storiella per spiegare questo fatto.

I Khmer Rouge riuscirono a catturare due aerei statunitensi e vollero imparare ad usarli.

Uno di loro, un contadino che non aveva mai imparato a guidare un aeroplano, venne messo alla guida del veicolo, data la cieca fiducia nella creatività delle masse dell’Organizzazione Rivoluzionaria.

Il povero sventurato imparò a guidare l’aereo ma non ad atterrare e si schiantò.

Per usare il secondo aereo venne chiamato un pilota che nel frattempo era stato spedito nelle risaie, costui si mise alla guida dell’aereo esclamando: “Si fa così compagni!” e volò via verso la Thailandia.

L’autosufficienza era sulla carta possibile, dato il rapporto tra popolazione e terra coltivabile disponibile, le strategie dei Khmer Rouge avevano un senso, come la costruzione dei canali di irrigazione che infatti vennero usati qualche decennio dopo dall’attuale governo, era errata la modalità con la quale ottenere tutto ciò.

I rapporti con il marxismo

I Khmer Rouge ebbero una breve infarinatura di marxismo in Francia. 

Il marxismo nelle loro idee ebbe sempre meno peso, diventando più una serie di slogan ripresi a piene mani dalla Cina di Mao, il modello di Pol Pot, che una serie di analisi frutto di attente elaborazioni teoriche.

Per esempio, quando un membro della delegazione svedese che visitò il paese ebbe l’opportunità di parlare con un Khmer Rouge, questi gli chiese se fosse soddisfatto di quanto fatto nel paese, lo svedese rispose che c’era ancora molto da fare e il khmer rispose che avevano instaurato la dittatura del partito, cosa dovevano fare di più?

Il marxismo era lo strumento per ottenere un rapido sviluppo, questa era l’idea di fondo.

Il Super Grande balzo in avanti aveva questo scopo, un rapido sviluppo del paese mirato alla costruzione della prima società comunista nella storia dell’umanità, un successo da mostrare al mondo intero.

Tutto era finalizzato per far tornare il paese ad un’epoca di splendore ed indipendenza come quella di Angokr, i cui riferimenti nella vicenda della Kampuchea Democratica non mancano.

Questo obiettivo venne esplicitamente dichiarato da Khieu Samphan nel suo incontro con il Primo ministro cinese Zhou Enlai, nonostante quest’ultimo, memore degli errori del Grande balzo in avanti, con il quale la Cina tentò di risolvere la contraddizione tra città e campagna, sviluppando velocemente le forze produttive, invitò il Capo di stato khmer ad agire con moderazione e gradualità per fare il bene del suo popolo.

Dalla Cina arrivò un altro segnale, un misto tra rassegnazione e avvertimento, quando il vecchio Mao disse in un colloquio privato con Pol Pot che la Cina non era un paese egualitario, l’egualitarismo c’era solo negli slogan, la Cina era un capitalismo di stato senza capitalisti, come disse Lenin, e la strada verso il socialismo era piena di problemi da affrontare.

Nonostante gli avvertimenti del potente alleato si andò avanti con la linea del Super Grande balzo in avanti.

Questo progetto doveva essere affiancato dalla costruzione dell’Uomo Nuovo, come delineato dall’Organizzazione Rivoluzionaria.

Costui doveva essere un soggetto senza legami con il vecchio passato e se li aveva, per questo motivo doveva essere rieducato.

Era un lavoratore dedito alla costruzione della nuova Kampuchea, alla rivoluzione, fortemente egualitario ed ateo.

Per questo motivo venne dichiarata guerra alle religioni e ad ogni vecchia istituzione sociale, compresa la famiglia.

Il concetto di “madre” e “padre” doveva essere superato, il figlio veniva separato dalla famiglia e poteva rivolgersi ad un’altra persona solamente con l’appellativo compagno/a.

Dal cibo all’atto sessuale tutto era gestito dall’Organizzazione Rivoluzionaria.

I dirigenti

Dietro all’Organizzazione Rivoluzionaria si nascondevano i volti degli ideatori della Kampuchea Democratica.

Pol Pot: studente universitario a Parigi, dove frequenta il circolo marxista di Sary. Membro e leader del Partito Comunista Khmer, Primo ministro della Kampuchea Democratica dal 1975.

Khieu Samphan: studente universitario a Parigi, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in economia e dove frequentò il circolo marxista di Sary. Divenne un parlamentare e oppositore di sinistra negli anni ‘60, diventando poi Capo di stato della Kampuchea Democratica dal 1976.

Ieng Sary: studente universitario a Parigi, dove fondò un circolo marxista, divenne Ministro degli Esteri della Kampuchea Democratica. Era il cognato di Pol Pot

Noun Chea: studente universitario in Thailandia, dove si laurea in giurisprudenza, divenne negli anni ‘60 il braccio destro di Pol Pot e, in seguito, Vice Primo ministro della Kampuchea Democratica.

Ieng Thirith: studentessa universitaria a Parigi, dove frequenta il circolo marxista di Sary che in seguito sposerà, divenne ministro degli Affari Sociali della Kampuchea Democratica.

Khieu Ponnary: fu una delle prime donne cambogiane a conseguire il diploma di scuola superiore, studentessa universitaria a Parigi, dove frequenta il circolo marxista di Sary. In seguito sposò Pol Pot e divenne membro del comitato centrale e presidente dell’organizzazione femminile della Kampuchea Democratica.

Son Sen: studente universitario a Parigi, poi insegnante. Fu il responsabile della zona nordorientale della Kampuchea Democratica ed in seguito ministro della Difesa.

Ta Mok: membro dei Khmer Issarak, fu responsabile della zona sudoccidentale della Kampuchea Democratica. Fu colui che destituì Pol Pot nel 1997, diventando l’ultimo leader dei Khmer Rouge.

Vorn Vet: Vice Primo ministro, ministro dell’Economia e membro del comitato centrale fino al novembre 1978.

Yun Yat: moglie di Son Sen, ministro della Sanità, della Cultura, dell’Educazione e dell’Informazione. Nel 1977 fu incaricata di estirpare il Buddhismo dalla nazione.

Ke Pauk: fu segretario del Partito per la zona nord dal 1975, e nel 1976 fu il responsabile delle purghe nella zona centrale e di grandi massacri di civili nella zona est nel 1978.

Suong Sikoeun: studente universitario a Parigi, dove frequenta il circolo marxista di Sary di cui in seguito diventa fidato collaboratore. Sarà il responsabile delle visite degli stranieri di minore importanza.

Ok Sakun: studente universitario a Parigi, dove frequenta il circolo marxista di Sary, sarà il rappresentante della Kampuchea Democratica a Ginevra.

Duch: insegnante, sarà il Comandante del centro S-21, la prigione della polizia segreta della Kampuchea Democratica.

Hu Nim: studente universitario a Parigi, dove frequenta il circolo marxista di Sary, diventa parlamentare di sinistra negli anni ‘60. Sarà ministro degli Interni del governo in esilio del principe Sihanouk, verrà assassinato dai Khmer Rouge tra il 1975 il 1976.

Hou Youn: si laurea in economia in Cambogia, dove sarà parlamentare di sinistra e ministro delle Finanze. Sarà ministro dell’Informazione della Kampuchea Democratica. Verrà giustiziato nel 1977.

Il fallimento

Come si arrivò al fallimento?

I Khmer Rouge abbiamo detto essere caratterizzati dalla segretezza, non si conosceva il nome del partito, l’ideologia, si dichiararono marxisti-leninisti solamente a causa delle pressioni cinesi, i suoi leader e durante la lotta armata non si conoscevano neanche tra i diversi gruppi armati.

Questa segretezza venne mantenuta anche nella gestione dello stato post-rivoluzionario.

Essenzialmente il paese venne diviso in zone affidate ad un capo locale, il quale assorbiva a modo suo le direttive del partito e i suoi piani.

L’eterogeneità così prodotta fece sì che in due villaggi vicini era facile avere da un lato una vita normale per i contadini e dall’altro un’acuta carestia. 

Bisognava realizzare in ogni modo i piani, pena l’eliminazione anche fisica.

Pur di realizzare i piani del raccolto per raggiungere l’autosufficienza alimentare venivano modificati i dati sulla produzione, producendo uno spostamento progressivo del riso prodotto dal cibo necessario alla riproduzione della forza-lavoro al surplus da dare all’autorità centrale.

I dati modificati portarono l’Organizzazione Rivoluzionaria ad alzare l’asticella degli obiettivi, iniziando ad esportare il riso anche in Cina in cambio di macchinari e armamenti.

In questo modo venne spremuta sempre di più la forza-lavoro, con turni di lavoro anche la notte, illuminati da alcuni lampioni con gli altoparlanti che senza sosta ripetevano gli slogan rivoluzionari, ed ebbe così inizio la carestia.

La carestia non venne associata ai piani troppo esigenti bensì al sabotaggio del nemico interno in combutta con il nemico esterno, sia esso il KGB, il Vietnam o gli USA.

La situazione reale venne camuffata agli occhi dell’Organizzazione Rivoluzionaria, i cui membri non potevano visitare realmente le zone del paese perché le autorità locali creavano per loro dei palcoscenici ad hoc per illuderli sulla situazione reale del paese e per mantenere il proprio potere.

Queste messe in scena venivano ripetute anche per i visitatori provenienti dall’estero, in particolar modo gli europei, per mostrare un paese che lavorava sodo e guardava con fiducia verso un futuro socialista.

Di conseguenza questa situazione portò all’aumento esponenziale della repressione e della caccia alle streghe per scovare il nemico e la sua rete, con lo scopo di salvare la rivoluzione.

Questa macchina terribile finì per inghiottire in una spirale di follia i suoi stessi ideatori, portando i Khmer Rouge ad avere dei veri e propri atteggiamenti xenofobi nei confronti di intere minoranze etniche. 

La repressioni fu incisiva contro tutte le minoranze etniche ma in particolar modo contro quelle vietnamite e cinesi.

I vietnamiti erano considerati la quinta colonna del grande nemico mentre i cinesi, nonostante l’alleanza con Pechino, rappresentano nelle società del Sudest asiatico quello che hanno rappresentato gli ebrei nell’Est Europa, ovvero una comunità nella comunità, con la sua cultura, che svolge nella società quasi sempre il ruolo del mercante e dello strozzino.

In Cambogia la repressione contro i cinesi, nonostante molti dirigenti khmer fossero di origine cinese, venne giustificata attraverso l’ideologia dei Khmer Rouge mentre in altri paesi della zona, come in Birmania, in Indonesia o in Malesia, venne giustificata attraverso la lotta al comunismo, ovvero contro la Cina di Mao, soprattutto negli anni della Rivoluzione Culturale. 

Infatti nei quadri dei partiti comunisti della Birmania, dell’Indonesia, della Malesia o della Thailandia c’era una folta maggioranza di militanti di origine cinese e i loro partiti, nella rottura tra Mosca e Pechino, si schierarono con quest’ultima.

La spirale di follia si materializza nella tragica vicenda della prigione della polizia segreta, la famosa S-21, dove ancora oggi, diventato un museo, possiamo vedere le foto delle persone giustiziate. I Khmer Rouge avevano l’abitudine di fotografare il condannato, prima, durante e dopo l’avvenuta esecuzione.

Il nazionalismo dei Khmer Rouge porterà al conflitto con il Vietnam, esploso nel 1977 a causa delle dispute territoriali per il controllo della zona del delta del Mekong, storicamente appartenuta alla Cambogia e abitata da una cospicua minoranza khmer.

Tuttavia, questo conflitto regionale tra due stati socialisti divenne l’ennesimo fronte della Guerra Fredda.

Al fianco del Vietnam si schierarono l’URSS ed i suoi alleati, mentre la Cina aiutò la Kampuchea Democratica.

La Cina in seguito invase, con una spedizione punitiva, il Vietnam nel 1979.

I Khmer Rouge vennero facilmente sconfitti e costretti a tornare nella giungla alle loro attività di guerriglia mentre i vietnamiti instaurarono un governo fantoccio con il sostegno di un gruppo di disertori dei Khmer Rouge che negli anni avevano deciso di andare in esilio in Vietnam. In questo gruppo svettano i nomi di Heng Samrin, Pen Sovan e dell’attuale padre padrone della Cambogia, Hun Sen.

La guerriglia e la fine

La vittoria vietnamita costrinse i Khmer Rouge a tornare alle loro attività di guerriglia, questa volta contro il Vietnam.

In questa loro lotta vennero sostenuti non solo dalla Cina, che anche dopo la morte di Mao continuò a sostenere Pol Pot in chiave antivietnamita ed antisovietica, ma anche dagli USA, dall’Inghilterra e dalla Thailandia.

Nel 1981 avvenne la rinuncia ufficiale al comunismo da parte del Partito Comunista Khmer, che divenne semplicemente il Partito della Kampuchea Democratica, ufficialmente di osservanza socialista democratica e favorevole al libero mercato.

Nel 1982 venne fondato il Governo di coalizione della Kampuchea Democratica, egemonizzato dai Khmer Rouge, con i monarchici di Sihanouk e gli anticomunisti di Son Sann, sostenuto dai dollari di Reagan.

La lotta contro i vietnamiti proseguì fino agli anni ‘90, in questo periodo Pol Pot rimase nell’ombra, cedendo il ruolo di leader dei Khmer Rouge a Khieu Samphan.

Nel 1991, aiutati dal collasso dell’URSS, venne firmato un accordo di pace tra tutte le parte in conflitto e vennero indette le elezioni, la Cambogia non era più uno stato socialista e tornò ad essere una monarchia costituzionale con il ritorno del principe Sihanouk.

Tuttavia i Khmer Rouge non accettarono l’esito delle elezioni e nel 1992 ripresero la lotta armata, arroccandosi nelle loro roccaforti, come Pailin.

Nel 1996 iniziarono le diserzioni di massa, con l’addio di molti leader storici dei Khmer Rouge, come Sary, Shampan, il quale cercò di trasformare in un partito politico il movimento, fallendo anche per cause esterne in questo tentativo, e Thirith.

Il canto del cigno si ebbe nel 1997, quando Pol Pot fece uccidere Son Sen e la sua famiglia con l’accusa di tradimento, ciò provocò la reazione di Ta Mok, il quale fece catturare Pol Pot e lo condannò all’ergastolo.

Pol Pot morì nel 1998 e i Khmer Rouge vennero sciolti l’anno successivo.

Conclusioni

Questa tragica vicenda mostra il fallimento di un progetto basato su un soggettivismo che ha alla base, in questo caso, un partito, che con la forza, dall’alto, avrebbe voluto modificare radicalmente una società nel giro di poco.

La loro era un fede incrollabile nella loro idea di uomo, capace di superare anche gli ostacoli di natura oggettiva.

Sembra di risentire le critiche del leggendario Charles Bettelheim a Che Guevara, quando questi era il ministro dell’Economia del governo rivoluzionario di Fidel Castro. 

Erano dei rivoluzionari ma questa loro inclinazione li trasformò in degli assassini che hanno gettato nel terrore il popolo che avrebbero voluto aiutare.

La radicalità di un progetto deve essere sempre vista in un’ottica di trasformazione volontaria e di lungo periodo della società e dell’uomo. Lenin disse che il socialismo è un prodotto di una società superiore, noi abbiamo il dovere di fare i conti con l’uomo di questa società, non di quella che vorremmo.

Questa potrebbe essere una delle importanti lezioni che possiamo trarre dall’esperienza della Kampuchea Democratica.

Fonti:

Il sorriso di Pol Pot, Peter Fröberg Idling, Iperborea
Brother number one, David P. Chandler, Westview Press
Cambodia, 1975-1982, Michael Vickery, South End Pr 
S-21. La macchina di morte dei Khmer rossi, Rithy Panh, O Barra O Edizioni