Lo studioso Vladimiro Giacchè a TPI: “Il muro di Berlino? Un simbolo, la Germania Est è morta con la moneta unica”

giacche muro berlino germania estdi Madi Ferrucci

da tpi.it

Vladimiro Giacchè, classe 1963, è uno studioso italiano esperto della storia della Ddr, è attivo da oltre 25 anni nel settore finanziario ed è presidente del Centro Europa Ricerche che realizza report e analisi di mercato sull’economia italiana ed europea. Nel 2013 ha pubblicato il saggio “Anschluss. L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa”, un’importante ricostruzione su quello che accadde subito dopo la caduta del muro di Berlino e sul processo che portò all’unificazione della Germania Est con la Germania Ovest.

“Il muro non è caduto, è stato semplicemente aperto in corrispondenza dei check point di frontiera”, ci tiene a precisare lo studioso, che nel suo libro spiega come in realtà quel muro non sia mai riuscito ad essere abbattuto del tutto. Le “due Germanie” restano tuttora profondamente diverse, c’è un forte divario economico tra le due zone del paese, simile a quello che in Italia esiste tra il Nord e il Sud. In parte, secondo Giacché questo fenomeno è spiegabile con il repentino processo di unificazione voluto dal presidente della Repubblica federale dell’Ovest Helmut Kohl che decise di mettere in atto da subito l’unione monetaria. Il 1 luglio del 1990 l’unificazione della moneta entrò in vigore. Quella decisione per la Germania Est significò la catastrofe. “Un tasso di cambio ‘insensato’ tra i marchi dei due Paesi, fece salire i prezzi dei prodotti dell’Est del 350 per cento”, afferma Giacché. Interi settori industriali furono messi in ginocchio e solo allora si arrivò alla bancarotta, che spianò la strada anche all’unificazione politica.

In molti parlano di una Ddr in bancarotta poco prima del crollo del muro, era effettivamente così?

No, la situazione non era catastrofica anche se c’erano dei problemi. La voce che la Ddr fosse al collasso fu messa in giro dal portavoce del presidente dell’Ovest Helmut Kohl nel febbraio del ’90 ma non rispecchiava la reale situazione economica del Paese.

Che tipo di problemi c’erano prima del 1989?

Una prima battuta di arresto della produttività si ebbe negli anni ’70 quando il nuovo presidente Erich Honecker che resterà in carica fino all’89 decise di nazionalizzare tutte le residue società a partecipazione privata, che erano molte e importanti soprattutto per l’industria leggera e avevano fatto nascere un piccolo gruppo imprenditoriale. In questo modo Honecker di fatto bloccò il tentativo di un “nuovo corso” economico messo in piedi dal  vecchio predecessore Walter Ulbricht. Negli anni 80 però la situazione peggiorò drasticamente, a causa in particolare del forte rialzo dei tassi di interesse USA e del conseguente rincaro degli interessi sul debito. Questo rialzo causò crisi del debito nei paesi del terzo mondo ma colpì severamente anche i paesi socialisti, che si erano indebitati con l’Occidente nel decennio precedente.

Ma in ogni caso la Ddr non si è mai trovata in una situazione di insolvenza e anche nel 1990 continuava a pagare i suoi debiti. Non era uno Stato al collasso.

I dirigenti della Sed si accorsero subito di quello che stava succedendo il 9 novembre del 1989 o furono colti di sorpresa?

Il nuovo presidente Egon Krenz non capì subito la gravità della situazione e si ostinò a pensare che l’Unione sovietica avrebbe continuato a sostenerlo. Di quello che era accaduto fu data comunicazione alla Russia solo il giorno seguente. Oggi può sembrare strano, ma la verità è che nessuno, a Est come a Ovest, intese subito la portata storica di quanto era accaduto.

Perché allora si arrivò al crollo della Ddr e perché sostiene che il muro cadde davvero solo con l’unificazione della moneta?

C’è una dato poco ricordata, è il 1 luglio del 1990. La Ddr crolla quel giorno. Il 30 giugno il presidente della Germania Ovest decide di unificare la moneta con un tasso di cambio 1:1. Ci voleva un marco della Germania est per avere indietro un marco della Germania Ovest. Questa scelta fu il disastro per l’Est. Precedentemente il cambio ufficioso che regolava le due Germanie era 1 a 4,44. La scelta di unificare la moneta subito a un tasso insensato portò a una rivalutazione del 350 per cento. Questo significa che anche i prezzi di tutti i loro prodotti subirono di colpo un rincaro del 350 per cento. Persino il governatore della Bundesbank dell’Ovest Karl Otto Poehl era in disaccordo, ma Kohl voleva fare in fretta e arrivare subito a un’unione monetaria e soprattutto politica. Da un giorno all’altro le imprese dell’Est andarono in bancarotta perché i suoi prodotti divennnero carissimi. La Ddr perde i mercati di riferimento dei paesi dell’Est all’interno del Comecon che non possono permettersi costi così alti e perde al tempo stesso sia il mercato interno che quello dell’Ovest, dove prima esportava parecchio. Nel solo luglio del ’90 la produzione industriale a Est crolla del 30 per cento. Una roba da tempo di guerra. In breve tempo si arrivò alla disoccupazione di massa.

E come si arriva invece all’unificazione politica?

Una volta unita la moneta la strada era spianata. Ma anche qui c’è un passaggio di cui si parla poco. La Germania Est fu disintegrata anche come Stato. Nel marzo del 1990 ad Est vinsero le elezioni il partito della CDU e i suoi alleati e questo fece sì che l’Est accettasse di firmare alcune leggi per disinnescare la propria Costituzione su alcuni aspetti specifici: la disoccupazione non fu più incostituzionale, così come non fu più incostituzionale privatizzare le imprese. Questo disinnescò di fatto il funzionamento della Ddr. Si approvò una riforma della divisione territoriale del paese. Le province furono accorpate in 5 grandi regioni (Laender). La Germania Est non entrò ad Ovest come uno Stato, ma come un’insieme di regioni.

Cosa ne fu delle industrie della Ddr a quel punto?

La distruzione dell’apparato produttivo fu incredibile. Tutte le imprese vennero liquidate o privatizzate tramite la Treuhandanstalt, un istituto fiduciario che aveva il compito di stabilire quali imprese chiudere o vendere. Il processo avvenne in maniera grossolana e frettolosa, su questo è stata in seguito aperta anche una commissione d’inchiesta parlamentare da cui è emerso che i funzionari dell’istituto in molte occasioni avevano deciso di chiudere fabbriche del tutto sane solo perché avevano come mercato di riferimento l’Est. Fu un processo molto traumatico e ci furono anche consistenti resistenze e proteste dei lavoratori. Le aziende che invece erano già in bancarotta a causa dello shock della moneta furono privatizzate senza subire prima un processo di risanamento. Questo fece sì che venissero svendute a basso costo agli acquirenti dell’Ovest. Grazie al fatto che era stata modificata una legge delle Ddr per cui il terreno era alienabile e non apparteneva più allo Stato, all’azienda dell’Ovest bastava comprare il terreno per comprare l’intera impresa. E quindi in molti i casi le imprese furono acquistate non per rilanciarle, ma per fare speculazione edilizia sull’area su cui avevano sede.

E le case rimasero di proprietà pubblica dei cittadini?

Venne permesso legalmente il principio di restituzione per cui la casa di un cittadino dell’Est espropriata doveva essere restituita al precedente proprietario dell’Ovest. Furono aperte 2,17 milioni di cause, per lo più su case e terreni. Per gli interessati, un calvario che durò anni, anche quando riuscirono a conservare la casa in cui vivevano. Ad altri andò peggio: a Kleinmachnow, una piccola località vicina a Berlino, dovettero lasciare la loro abitazione 8.000 degli 11.000 abitanti.

Era possibile un’unificazione diversa?

Un percorso più lento che era quello più ragionevole fu proposto da Hans Modrow, penultimo Presidente della RDT, in carica dal 13 novembre dell’89 fino al 12 aprile 1990. Fu chiesta una confederazione tra i due Paesi e un avvicinamento progressivo delle economie che portasse lentamente anche a un’integrazione più equilibrata. Questo però avrebbe procrastinato un po’ i tempi dell’unione politica con tutti i rischi connessi per l’Ovest.

In che modo l’annessione della Germania Est favorì l’ascesa della Germania in Europa come potenza produttiva?

L’Ovest in breve tempo ricostruì i rapporti commerciali con i Paesi dell’Est con cui in precedenza commerciava la Ddr. Creò un specie di grande periferia dell’Est, costruendo rapporti di subfornitura e alle imprese dell’Ovest fu aperto un nuovo mercato di esportazione. Inoltre avere una Germania est molto depressa permetteva che fosse sempre disponibile una manodopera a basso costo, con la nascita di vere e proprie “gabbie salariali”. Ancora oggi in Germania Est si guadagna un 80 per cento di quello che si guadagna nelle regioni dell’Ovest. Il costo dei sussidi ai disoccupati che si erano creati a Est pesavano molto sulle casse dello Stato e così nel 2010 con l’agenda Schroeder vennero fortemente ridotti anche quelli.

Che la Germania Est confluisse nella Nato insieme a quella dell’Ovest non era scontato. Perché accadde?

Chi sposta tutti gli equilibri è Gorbaciov, che per avere dei crediti dalla Germania Ovest, decide che non solo non è un problema fare l’unificazione ma dichiara possibile anche l’unificazione dentro la Nato. Gorbaciov dà carta bianca a Kohl anche sulla trattamento dei vecchi dirigenti di partito della Sed. Molti di loro saranno processati e arrestati.

Oggi qual è la situazione in Germania Est?

C’è una diffusa estraneità all’establishment. Il voto è polarizzato su partiti di estrema destra e estrema sinistra. L’Est risente ancora di quella rapida unificazione. Nel giro di nemmeno cinque anni fu spazzata via la grande industria e ancora oggi esistono in quelle regioni solo piccole aziende che sono rinate dopo l’89 oppure filiali di grandi imprese dell’Ovest. La disoccupazione continua ad essere un problema. È l’onda lunga della shock therapy che la Germania Est ha subito in quegli anni.