Recensione a Karl Marx, Manoscritti matematici, a cura di Agusto Ponzio, Milano, Pgreco, 2020

Cover Marx manoscritti matematici. 2020a cura di Francesco Galofaro per Marx21.it

Università di Torino

Al pensiero di star recensendo un libro di Carlo Marx non riesco a trattenere un sorriso. Come presentarlo? «Filosofo dalle solide radici hegeliane, autore di opere controverse, non si è affermato in accademia perché coinvolto in attività politiche sovversive»? «Talento poliedrico, che spazia dalla filosofia critica alla scienza politica, dalla sociologia all’economia»? Forse non sarebbe neppure il caso di presentare l’autore della filosofia politica più duratura della storia delle idee, non fosse che, non più tardi di quest’anno, un mio studente mi ha scritto ‘Marcs’ in una tesina…

L’edizione italiana

Certamente Marx è più noto come inventore del socialismo scientifico che per i propri contributi alla filosofia matematica. I manoscritti matematici sono stati pubblicati in Russia solo nel 1968, a cura di Sonia Janovskaja, ma erano già noti almeno a partire dagli anni ‘20. La prima edizione italiana, incompleta, è del 1975, a cura di Augusto Ponzio e Francesco Matarrese. In seguito è stata riveduta e ripubblicata per Spirali (2006) a cura dello stesso Ponzio e oggi viene riproposta per la casa editrice Pgreco, corredata da una presentazione che ricostruisce l’accoglienza della critica italiana nel corso di oltre quarant’anni. Il saggio introduttivo è molto completo: presenta le fonti di Marx in fatto di calcolo infinitesimale; la sua critica filosofica alle definizioni di ‘infinitesimo’ di Leibniz e Newton; i debiti verso Hegel; un tentativo di porre in relazione le sue concezioni con successiva filosofia della scienza di stampo operazionista; la centralità che gli studi sul calcolo infinitesimale rivestono nel suo programma di ricerca economico. 

Filsofia matematica: a cosa serve?

La risposta alla domanda di questo paragrafo è: praticamente a nulla. E Marx ne era ben consapevole. Perché, il 24 settembre 1882, scrive ad Engels:

Caro Fred,

[…] Sam[1], come hai visto immediatamente, critica il metodo analitico applicato da me semplicemente mettendolo da parte, e invece si concentra sull’applicazione geometrica, su cui non ho detto una sola parola. Allo stesso modo, potrei liberarmi dello sviluppo del cosiddetto vero metodo differenziale – a partire dal metodo mistico di Newton e Leibnitz, proseguendo poi con il metodo razionalistico di d’Alembert ed Eulero, per finire col metodo strettamente algebrico di Lagrange (che, tuttavia, inizia sempre dalla stessa fondamentale originale prospettiva di Newton-Leibnitz) – Potrei liberarmi di tutto questo sviluppo storico dell’analisi dicendo che, praticamente, nulla di essenziale è cambiato nell’applicazione geometrica del calcolo differenziale, cioè nella rappresentazione geometrica[2].

Contemporaneamente, Marx non si limita a semplici appunti, note di lavoro nell’approfondimento di strumenti funzionali all’analisi economica. Quello di Marx è un abbozzo, incompiuto, di filosofia della matematica, nella cornice del suo sviluppo storico, e si staglia sullo sfondo della più generale opposizione tra la visione del mondo dell’età dei lumi e quella del secolo seguente.

In primo luogo, Marx considera le nozioni di infinitesimo proposte da gli inventori del calcolo infinitesimale. Leibniz e soprattutto Newton lo definivano alla stregua di una ‘cosa’, un’entità positiva realmente esistente. Marx considera questa fase mistica e metafisica. Attraverso le riflessioni di d’Alembert avviene in seguito un rovesciamento, e con Lagrange l’infinitesimo passa attraverso una fase di razionalizzazione, fino a divenire un puro risultato di una operazione algebrica. E’ questa sorta di attività didifferenziazione, che Marx pone al cuore del calcolo e che attrae maggiormente la sua attenzione di filosofo. Non è difficile vedere la concezione dialettica della storia al lavoro dietro questa serie ternaria (fase mistica, razionale, algebrica).

Stile filosofico

Non si tratta di una lettura semplice: il saggio introduttivo di Ponzio è indispensabile a orientare la lettura delle pagine ricche di formule. Allo stesso tempo, però, come in altre opere salvate dalla critica dei topi, la trattazione è discorsiva, come nello stile del filosofo di Treviri, e quanto di più distante dal manuale di analisi. A titolo di esempio: «tutte le operazioni del calcolo differenziale potrebbero essere trattate in questa maniera, che però darebbe luogo a una dannata inutile prolissità (p. 56)».

Una semiotica in Marx?

Le tappe ricostruite da Marx riguardo al calcolo infinitesimale possono essere viste come una dialettica del rapporto tra materia e simbolo[3] in rapporto alla conoscenza. Con un primo passo, la conoscenza matematica si relaziona con l’oggetto conosciuto come se si trattasse di materia, in un atteggiamento che potremmo definire ‘di stupefazione’ (misticismo). L’infinitesimo è un qualcosa, un punto di partenza. Il secondo passo (razionale) ha un carattere negativo: rispetto a Newton (ma in linea col formalismo di Leibniz), d’Alembert circoscrive il ruolo della nozione di incremento, ed enfatizza quello della differenza (p. 146). L’infinitesimo è un nulla. Con il terzo passo, i coefficienti differenziali diventano nient’altro che simboli di operazioni, come Marx ripete a più riprese: l’infinitesimo è un risultato. Ad ogni modo, ciascun nuovo passo contiene e sviluppa i passi precedenti (p. 148). Qui si crea una sorta di cortocircuito tra la nozione dialettica, algebrica e storica di sviluppo. Sviluppo che promette sviluppi ulteriori, se mi è permesso il gioco di parole.

Marx in Cina

Sbaglieremmo a pensare di aver di fronte uno studio astratto e innocuo sulla matematica; nessuno scritto marxiano lo è. Per fare un esempio, sintetizzo quanto ho letto in un articolo di qualche anno fa[4]. Curiosamente, la pubblicazione, in Cina, dei manoscritti matematici di Marx ebbe un impatto rilevante durante il periodo della rivoluzione culturale (1966 – 1976). Le bozze di una prima traduzione dal giapponese circolarono nell’ambiente di Shanghai a partire dal 1971. Quattro anni dopo, una seconda traduzione indipendente apparve a Pechino negli Acta Mathematica Sinica. Gli scritti marxiani suscitarono entusiasmo nella comunità matematica, e in essi si vide forse anche più di quel che c’era – uno strumento di critica a Lin Piao e Confucio, un’arma contro il revisionismo borghese. Tuttavia, si tratta di un evento centrale dal punto di vista della semiotica della cultura: la traduzione di Pechino introduce neologismi per rendere Differentiation,abgeleitete Funktion, Grenzwert; la relazione di accessibilità tra la semiosfera cinese ed europea avviene attraverso la mediazione linguistico-concettuale di Marx. In conseguenza di ciò, l’approccio ‘marxista’ alla matematica diede impulso immediato agli studi nell’ambito del calcolo infinitesimale, e consentì una rilettura originale dell’analisi non-standard, proposta negli anni precedenti da Abraham Robinson. Forse, c’è qualcosa di Marx nel 5G e nei telefonini Huawei.

Conclusione

Personalmente, ritengo che gli studi matematici rivestano per Marx la stessa importanza che per Lenin ebbe l’approfondimento della Logica di Hegel. Nella ricerca, il passaggio alla maturità comporta sempre una riflessione sul fondamento dei propri strumenti, una rinnovata consapevolezza rispetto al proprio lavoro. Allo stesso tempo, questi studi esprimono un chiaro legame tra la filosofia della storia di Marx e i suoi studi scientifici nel campo dell’economia. Non esistono due Marx, il giovane filosofo hegeliano e lo scienziato maturo dell’economia: le distinzioni che si sono tratte tra i due nella seconda metà del Novecento erano strumentali alla lotta politica di allora, ed è merito di Augusto Ponzio l’averlo mostrato.

Nonostante il lavoro di Marx sia rimasto incompiuto, la sua riflessione filosofica sulla matematica è quantomeno interessante perché da essa emerge una questione di fondo sul ruolo della differenziazione nell’ambito della conoscenza (scientifica e non solo).Essa è ricca di conseguenze in tutte le direzioni, tanto verso le opere economiche e la sua filosofia politica, quanto verso la sua filosofia della storia, la semiotica e la gnoseologia, luoghi in cui Marx entra maggiormente in interferenza – talvolta costruttiva, talaltra distruttiva – con Hegel, la Logica, la Fenomenologia dello Spirito. 

E con questo auguro a tutti una buona, approfondita lettura.

Note:

1. Samuel Moore (1838 – 1911) era un avvocato inglese e amministratore coloniale. Fu il primo traduttore inglese del Capitale.

2. Lettera pubblicata in Mathematical Manuscripst of Karl Marx, London, New Park publications, 1983, pp. 270. Mi scuso per la traduzione dall’Inglese.

3. Sullo stesso argomento cfr. C. Smith, ‘Hegel, Marx, and the Calculus’, ibid., pp. 270. Qui ci discostiamo in parte dall’interpretazione dello Smith per quel che riguarda il primato della materia sull’astrazione, che a nostro parere Marx pone in un rapporto dialettico come tesi e antitesi.

4. Joseph W. Dauben, ‘Marx, Mao and Mathematics: The Politics of Infinitesimal’, in Documenta Mathematica, Extra Volume ICM 1998, III, 799-809.