Intellettuali, studenti poveri, e AOC

occhiali libroRiceviamo da Alberto Gabriele e volentieri pubblichiamo

1 Come racconta Dostojevski, nella Russia dell’800 la maggior parte dei rivoluzionari, narodniki, anarchici, terroristi e altri senzadio erano studenti o ex-studenti poveri. Nel 1883 Aleksandr Ul’janov si trasferi’ da Nižnij Novgorod per studiare scienze naturali all’Università di Pietroburgo. Entrato nella Narodnaja Volja, partecipò ai preparativi di un attentato alla bomba per uccidere lo zar. Catturato dalla polizia politica, rifiutò’ di presentare domanda di grazia e fu impiccato il 5 maggio 1887. La sua morte contribuì a far sorgere e cementare nell’animo del fratello minore Vladimir, allora studente a Kazan’, un odio inestinguibile contro il regime zarista, i ricchi e lo sfruttamento del popolo [1].

Poco dopo Vladimir fu espulso dall’università. Nel maggio del 1890 Vladimir, dopo molti sforzi, ottenne finalmente l’autorizzazione a sostenere gli esami come studente esterno nella facoltà di giurisprudenza dell’Università di San Pietroburgo. In un anno e mezzo superò tutti gli esami del previsti del corso quadriennale, e nel novembre 1891 si laureò’. Successivamente, assunse lo pseudonimo di Lenin e condusse la prima rivoluzione proletaria e socialista della storia.

Diplomatosi alla scuola normale di Changsha, nel 1918 Mao Zedong viaggiò a Pechino con il suo insegnante delle superiori, il professor Yang Changji, partecipò al movimento del 4 maggio 1919, e collaboro’ con Li Dazhao, direttore della biblioteca, lavorando come assistente universitario. Nel luglio 1921, a ventisette anni, partecipò’ come delegato a Shanghai al primo congresso del Partito Comunista Cinese (PCC), allora composto da 9 cellule per un totale di 57 compagni. Nel 1949 il PCC, sotto la leadership di Mao, fondò’ la Repubblica Popolare Cinese RPC).

Nel dicembre 1920 Deng Xiaoping, allora sedicenne, si imbarcò sulla André Lyon alla volta di Marsiglia. In Francia sopravvisse come studente lavoratore, incontrò Zhou Enlai e altri studenti cinesi rivoluzionari, iniziò a studiare il marxismo. Nel 1921 entrò nella Lega Giovanile Comunista cinese in Europa e nel 1924 nel PCC. Tornò in Cina nel 1927, partecipò alla rivoluzione e sopravvisse alle purghe e alle tragedie causate dal Grande Balzo in Avanti e dalla Rivoluzione Culturale. Successivamente, assunse la guida del PCC e lo condusse nella prima fase delle riforme che hanno portato la Cina a costruire la prima (sia pur primitiva) formazione economico sociale socialista moderna, ad eliminare la povertà estrema e a realizzare una straordinario sviluppo economico e tecnologico.

Alla fine del 1945 Fidel Castro, proveniente da una famiglia rurale della provincia di Holguín, iniziò i suoi studi nella università dell’Avana, diventando presto un leader del movimento studentesco. Nel 1950 si laureò in legge e nel 1959 guidò alla vittoria la prima rivoluzione socialista e antimperialista delle Americhe.

Daniel Ortega, come molti altri antisomozisti, cominciò la sua attività politica nel collegio dei Gesuiti di Managua. Nel 1962 divenne dirigente del Frente Sandinista de Liberación Nacional e comandante della guerriglia urbana. Nel 1979 contribuì a portare la rivoluzione alla vittoria. Nei decenni seguenti la storia del Nicaragua è stata particolarmente tragica e lo stesso Daniel Ortega è stato accusato da molti suoi ex-compagni di crimini e tendenze dittatoriali. Rimane il fatto che il FSLN ha vinto ampiamente le ultime elezioni, ha sconfitto il tentativo controrivoluzionario del 2018 e continua a resistere all’imperialismo.

Nei tempi più recenti, l’unica rivoluzione orientata al socialismo e guidata da comunisti che sembra avere raggiunto un buon livello di stabilità e consolidamento è quella nepalese [2]. I due partiti preesistenti si sono unificati nel maggio 2018, dopo avere ottenuto insieme una maggioranza assoluta alle elezioni legislative del 2017, formando il Partito Comunista del Nepal (PCN). I due presidenti del PCN sono Khadga Prasad Oli e Pushpa Kamal Dahal (Prachanda). Entrambi sono di origine bramina (la casta degli intellettuali). Tutti e due iniziarono la loro carriera rivoluzionaria quando erano studenti.

2 La vicenda umana e storica di Lenin e di altri grandi rivoluzionari comunisti sembra dare ragione al famoso e discusso passo del Che Fare (1902): «La coscienza politica di classe può essere portata ai lavoratori solo dal di fuori; vale a dire, solo dall’esterno della lotta economica, al di fuori della sfera dei rapporti tra lavoratori e datori di lavoro». Riflettendo ulteriormente su questo punto, dopo oltre un secolo di rivoluzioni, controrivoluzioni e tentativi di costruzione del socialismo, è possibile avanzare qualche ulteriore osservazione sul rapporto tra classe, coscienza di classe, struttura e sovrastruttura, ruolo dei quadri etc. Queste osservazioni hanno carattere storico ed empirico e non teorico, e sono essenzialmente le seguenti:

i) Le rivoluzioni orientate alla costruzione del socialismo non si fanno da sole, grazie al improvvisa o graduale presa di coscienza diretta della realtà dello sfruttamento di classe da parte degli sfruttati, in una palingenesi collettiva spontanea basata sul rifiuto di ogni gerarchia e sulla democrazia diretta.

ii) Condizione necessaria per il successo e la sostenibilità delle rivoluzioni è la costituzione il successivo rafforzamento di adeguate organizzazioni rivoluzionarie. Soprattutto nella fase iniziale, queste organizzazioni sono essere formate da un numero relativamente ristretto di militanti, diretti da quadri capaci sia dal punto di vista teorico che da quello pratico. In fasi successive, e soprattutto dopo la presa del potere, l’organizzazione può crescere fino a costituire una parte relativamente grande, anche se minoritaria, della classe (o, se vogliamo, del popolo).

iii) Il buonsenso materialistico e il realismo continuano a dare ragione al Che Fare. La gran parte dei proletari è priva di una visione scientifica d’insieme della società . A causa della loro mancanza di conoscenze più’ ampie [3], essi rimangono preda del tradizionale senso comune conservatore e della ideologia reazionaria costruita e propagata dagli intellettuali di professione al servizio della borghesia (tra cui preti, giornalisti, manipolatori di social, etc.). Possono essere guadagnati alla causa rivoluzionaria solo grazie all’azione di un agente collettivo esterno, costituito in misura decisiva da un tipo particolare di intellettuali. [4]

iv) Gli intellettuali dunque, come ci ricorda Gramsci, costituiscono un gruppo sociale relativamente esiguo, ma la cui importanza storica è decisiva. Essi non costituiscono una classe ben definita (in senso marxiano) nella società capitalista. Alcuni di loro, i più ricchi e potenti, fanno parte in sostanza della borghesia (i.e., i grandi giornalisti e accademici, politici di alto livello), e i loro redditi provengono dal plusvalore, come quello dei grandi amministratori del capitale come CEO, etc. Altri, i più numerosi, sono lavoratori non direttamente produttivi di plusvalore, ma il cui tenore di vita è simile a quello dei proletari, o di poco superiore (i. e., giornalisti e ricercatori subalterni, insegnanti, traffichini e politicanti di basso livello). Altri ancora vivacchiano appena svolgendo attività intellettuali (giornalisti free lance, ricercatori precari, maestri rurali). Vi è poi un ulteriore gruppo sociale, formato da individui giovani che cercano di acquisire cultura e conoscenze ma non sono ancora formati come veri e propri intellettuali, e che non svolgono una attività intellettuale remunerata: gli studenti. Tra gli studenti, i più’ sono mantenuti dalle loro famiglie di origine. Altri – nelle società moderne più avanzate – sono mantenuti dallo Stato, con borse di studio, etc. Altri ancora sopravvivono a stento come studenti poveri, spesso svolgendo mansioni remunerate non intellettuali, spesso saltuarie, come studenti lavoratori. Naturalmente, la numerosità’ e le e caratteristiche sociali e culturali dei vari strati di intellettuali sono molto differenti in paesi e epoche diversi.

v) Gli strati inferiori di intellettuali (compresi gli studenti poveri) hanno costituito storicamente il gruppo sociale da cui sono emersi la maggior parte dei tutti i capi, quadri e militanti dei partiti comunisti nelle fasi iniziali della formazione del partito e dell’inizio del processo rivoluzionario. Il loro ruolo decisivo è stato evidente sia nella rivoluzione sovietica, sia in quelle successive, che hanno avuto luogo in paesi periferici extraeuropei, sono state caratterizzate da una fortissima componente antimperialista, e hanno avuto successo soprattutto grazie alla partecipazione dei contadini.

E’ quindi giusto riconoscere il ruolo decisivo degli intellettuali e dei quadri. Ma, a scanso di equivoci, bisogna anche ricordare un caveat grosso come una casa. Sarebbe errato e pericoloso cadere in forme generose ma irresponsabili di fuochismo [5], o – in modo più volgare, piccolo-borghese e potenzialmente fascistoide – credere che piccoli gruppi di intellettuali possano inventarsi una rivoluzione come proiezione del loro super- io, come Minerva dalla testa di Giove. I pesci rivoluzionari possono prosperare solo se nuotano in un mare ampio e ricco di materiale organico.

I poveri alienati e sottomessi non si ribellano. Quelli che si ribellano sono i poveri che hanno sufficiente coscienza di sé e strumenti culturali minimi per farlo, e che riescono a esprimere una guida e una organizzazione. Le condizioni storiche più favorevoli si danno generalmente quando alle contraddizioni strutturali di lungo periodo del capitalismo si sommano contraddizioni contingenti di breve e medio periodo causate da guerre o crisi, che distruggono le condizioni di sussistenza fisica e spirituale di ampi strati popolari (spesso non coincidenti con quelli dei lavoratori direttamente produttori di plusvalore), soprattutto se dotati di strumenti culturali provenienti dalla istruzione formale e/o dalle stesse tradizioni popolari. [6]

In alcune circostanze storiche, grandi masse di poveri rurali giovani si sono trasferite in tempi relativamente brevi in zone urbane per diventare operai, e/o hanno subito una fortissima destabilizzazione esistenziale a causa di guerre provocate e strumentalizzate dai ricchi. In altre, i figli degli operai e dei contadini hanno avuto per la prima volta accesso all’istruzione formale. In questi casi, il forte shock culturale e il cambiamento rapido del modo di vita e della forma di relazionarsi con gli altri favoriscono nei giovani proletari un abbandono del modo di pensare tradizionale e il bisogno di capire la propria nuova condizione di vita con nuovi strumenti mentali. Alcuni di essi diventano così’ proto-intellettuali e acquisiscono coscienza di classe in modo relativamente autonomo, aprendosi facilmente alla influenza di idee rivoluzionarie. Ad esempio, eccezionali generazioni di proletari emersero come protagoniste in Russia, durante la prima guerra mondiale, e in Italia – nel secondo dopoguerra e ancora nel 1968-1969.

AOC

Come si argomenterà in seguito, è ragionevole attendersi che questa dialettica possa manifestarsi anche nel secolo XXI, anche se in forme nuove e diverse da quelle del passato.

3 Lo stesso Gramsci non avrebbe probabilmente immaginato che le rivoluzioni contro Il Capitale avrebbero costituito la regola della storia contemporanea – per ragioni che appaiono ovvie col senno di poi. Questa regola non ha ancora conosciuto eccezioni. Finora, nessuna rivoluzione orientata al socialismo ha avuto successo in alcun paese capitalista avanzato. [7] Le cose, però, potrebbero cambiare. Ancora una volta, la storia potrebbe riservare delle sorprese. Alcune condizioni soggettive e oggettive favorevoli all’apertura di processi di transizione graduali ma in ultima analisi rivoluzionari di transizione al socialismo si stanno cominciando a manifestare in due paesi imperialisti centrali, che sono tra i pochi che non hanno mai avuto una presenza significativa di partiti comunisti: il Regno Unito e gli USA.

Il Regno Unito e’ l’unico paese capitalista avanzato in cui si e’ presente un partito socialista (in senso buono) con forte militanza – più’ di mezzo milione di iscritti – la cui leadership appare (non senza contraddizioni) orientata a un reale se pur graduale superamento del capitalismo. Il Labour Party, inoltre, opera in una società che attraversa una crisi esistenziale, culturale e identitaria (oltre che sociale) profondissima, e ha possibilità’ reali, anche se esigue, di raggiungere il potere politico per via elettorale.

Tuttavia, il caso più’ interessante e’ quello degli USA, dove le condizioni soggettive per un cambiamento reale sono ancora molto immature, ma quelle oggettive sono probabilmente le più’ avanzate dell’Occidente. Il processo di polarizzazione e impoverimento relativo (e spesso assoluto) delle classi subalterne e’ molto più avanzato che in Europa. Il terreno ideologico e della memoria collettiva non e’ inquinato dal puzzo degli zombie che un tempo erano dirigenti e intellettuali comunisti, e che invece purtroppo infesta ancora il vecchio continente. Sta emergendo un nuovo gruppo sociale di studenti poveri, che costituiscono una componente qualitativamente differente dalla vecchia classe operaia di fabbrica, sempre più’ minoritaria, che in gran parte vagheggia un ormai impossibile ritorno ai vecchi tempi del fordismo.

Un recente sondaggio del Pew Research Center mostra che sempre più’ giovani americani provenienti da famiglie povere e non bianche stanno accedendo per la prima volta ai livelli inferiori di educazione terziaria [8], e che una percentuale crescente di loro e’ a sua volta povera e indebitata:

“Il numero totale di studenti universitari nei college e nelle università’ americane e’ cresciuto moltissimo negli ultimi 20 anni. La crescita e’ stata alimentata quasi esclusivamente da studenti provenienti da famiglie a basso e reddito e studenti non bianchi …Ma questi cambiamenti non stanno manifestandosi in modo uniforme…La crescita degli studenti poveri e non bianchi [9] e’ stata particolarmente pronunciata nei colleges pubblici con corsi biennali e nei meno selettivi tra i college con corsi quadriennali e nelle università’… dove la maggior parte degli studenti dipendenti [10] continua a provenire da famiglie a reddito medio e alto.” [11]

Il numero di studenti e’ aumentato da 16.7 milioni nel 1995-1996 a 20 milioni a 2015-2016. Tra questi ultimi il 47% sono non bianchi e 31% sono poveri, percentuali assai maggiori di quelle di vent’anni prima ( 29% e 21% rispettivamente).

E’ particolarmente interessante osservare l’evoluzione dell’accesso ai college più selettivi. In questi vent’anni e’ aumentata molto la quota dei non bianchi (dal 29% al 47%), ma e’ rimasta infima e stagnante quella degli studenti poveri, passata da 11% nel 1995-1996 a 13% nel 2015-16. Chiaramente, la classe non e’ acqua, e i soldi non hanno colore anche se vengono dall’India o dalla Cina.

Seguendo un trend diffuso tra tutti gli strati della popolazione, anche gli studenti universitari indebitati sono sempre di più’ (39% contro il 26% di vent’anni prima). Curiosamente, ma coerentemente con la cultura iperconsumista del paese, la corsa all’indebitamento è’ stata molto più’ frenetica tra gli studenti di classe media e alta che tra quelli poveri [12] (anche se si mantiene una debole correlazione positiva tra indebitamento e povertà).

Insomma, negli USA una gran parte del proletariato giovanile di varia provenienza etnica [13] ha per la prima volta nella storia accesso alle fasce inferiori della istruzione universitaria. Li’ diventano intellettuali (in senso gramsciano), e li’, attraverso lo studio e la socializzazione, acquisiscono gli strumenti basici per capire la condizione subalterna di sfruttamento delle loro famiglie di provenienza in una prospettiva sia nazionale che internazionale. Senza bisogno di studiare gran che, vedono anche che rimangono poveri, sempre più’ indebitati, e scacciati dalle poche università’ d’elite dove continuano a riprodursi i rampolli della borghesia – le uniche che danno accesso alle fasce alte del mercato del lavoro, dove i lauti stipendi catturano indirettamente una parte del plusvalore.

Non a caso, sembra che siano sempre più’ incazzati. Hanno votato in massa per Sanders, e in maggioranza non hanno paura di dichiarare che il socialismo e’ meglio del capitalismo [14]. Allo scoppiare della prossima crisi finanziaria, i loro ranghi saranno ulteriormente rimpolpati da quelli dei loro compagni ora ricchi ma già’ indebitati fino al collo. Stanno anche cominciando a esprimere quadri capaci (prima fra tutti Alexandria Ocasio- Cortez, la cui biografia sembra un remake in chiave pop di quelle degli anni giovanili di alcuni dei grandi dirigenti del passato) e alcune forme di organizzazione avanzate indipendenti dal partito democratico. Da questa serva Italia possiamo almeno guardare con moderato ottimismo alle contraddizioni montanti nella patria dell’imperialismo.

NOTE

1 L’invidia, e il desiderio di vendetta e l’odio di classe sono fattori fondamentali ed essenziali in ogni rivoluzione. 

2 Due processi rivoluzionari e antiimperialisti di natura più eterogenea, non guidati da partiti comunisti, resistono ancora in Sudamerica tra mille difficoltà, in Venezuela e in Bolivia. I loro capi storici (Chávez e Morales) provenivano da famiglie poverissime appartenenti a gruppi etnici storicamente discriminati. Tuttavia, entrambi ebbero accesso alla istruzione secondaria e divennero autodidatti.

3 Questa condizione cognitivamente e culturalmente subalterna costituisce una condizione necessaria del mantenimento della società’ borghese, soprattutto in regime di democrazia formale. Al contadino non far sapere…

4 Questa è naturalmente una generazione grossolana, valida soprattutto in epoche di relativa stabilità o lento declino della società’ borghese.

5 Nel campo delle scienze sociali, tutte le regole vanno prese con le molle. Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio… Ad esempio, sappiamo bene che Fidel era una figura pubblica conosciuta e rispettata a Cuba negli anni ’50. Ma a chi scrive la rivoluzione cubana appare pur sempre come il più clamoroso successo del fuochismo di tutti i tempi – e forse l’unico.

6 La presenza di tradizioni popolari non-individualiste (comunitarie e anche in un certo senso stataliste) di alcuni popoli hanno svolto un ruolo importante in molti processi rivoluzionari. I casi della Russia, della Cina e della Bolivia sono alcuni tra gli esempi più’ notevoli. 

7 I processi di profonda trasformazione sociale guidati da forze socialdemocratiche hanno consentito nel passato grandi passi avanti verso la realizzazione degli obiettivi umanistici (in senso sostanziale) del socialismo in alcuni paesi nordeuropei, e hanno influenzato positivamente lo sviluppo dello stato sociale in molti altri paesi capitalistici centrali e periferici , dall’Italia al Costa Rica. La spinta propulsiva della socialdemocrazia sembra però’ essersi esaurita – mostrando inter alia l’errore di fondo dell’ingenuo revisionismo di Berlinguer. Tuttavia, e’ancora troppo presto per dare questa ipotesi come scontata. 

8 Questo invece non succede in Italia, dove la percentuale di giovani che va all’ universita’ e’ andata diminuendo per molto tempo, salvo recuperare in parte dopo la meta’ del presente decennio. Molti giovani sono così intrappolati in circoli viziosi di lavoretti e precarietà’, (quando non sono NEET al 100%), senza acquisire maggiore educazione formale ne’ socializzare con altri lavoratori sfruttati in grandi fabbriche o altri luoghi di lavoro di una certa dimensione. Una pacchia per gli intellettuali al servizio dei padroni, che non devono sforzarsi troppo per diffondere alienazione e individualismo.

9 Letteralmente of color. Questa orrenda espressione, considerata paradossalmente politically correct, si riferisce ai gruppi etnici non caucasici.

10 Economicamente dipendenti dalle loro famiglie di origine.

11 Fonte : R. Fry e A. Cilluffo, , A Rising Share of Undergraduates Are From Poor Families, Especially at Less Selective Colleges, Pew Research Center, May 22, 2019, in https://www.pewsocialtrends.org/2019/05/22/a-rising-share-of-undergraduates-are-from-poor-families-especially-at-less-selective-colleges/

12 La percentuale degli indebitati tra gli studenti poveri è’ aumentata solo da 33% a 38%, mentre tra gli studenti ricchi si più’ che triplicata ( da 8% a 30%). 

13 Molti studenti non bianchi appartengono al proletariato giovanile Altri provengono da famiglie di classe media, ricca o ricchissima, soprattutto tra gli asiatici e i latino americani. 

14 Secondo un SurveyMonkey online poll, “ “Il 61% degli americani di età’ compresa tra i 18 e i 24 anni ha una reazione positiva alla parola socialismo – battendo il punteggio della parola capitalismo (58%) ( F. Salmon Jan 27, 2019, Gen Z prefers “socialism” to “capitalism”, in https://www.axios.com/socialism-capitalism-poll-generation-z-preference-1ffb8800-0ce5-4368-8a6f-de3b82662347.html