Milosevic e l’attualità

milosevic tribunaledi Jorge Cadima | da “Avante!”, Settimanale del Partito Comunista Portoghese

Traduzione di Marx21.it

Slobodan Milosevic moriva 10 anni fa nei sotterranei del “tribunale” speciale creato dai carnefici della Jugoslavia, l’ICTY. Seguendo il copione abituale, il presidente (eletto ripetutamente) Milosevic era stato personalmente demonizzato e calunniato alla vigilia della distruzione del suo paese. Ora che è morto, dall’ICTY viene il riconoscimento della falsità delle calunnie. E’ necessario  rompere il silenzio complice della comunicazione sociale su questo riconoscimento che contrasta in modo flagrante con l’impressionante unanimismo delle accuse di due decenni fa. Ed è necessario trarre una lezione da tutto ciò. Lezione che è di tremenda attualità. Nuove campagne belliciste, dalle conseguenze probabilmente più drammatiche, sono oggi in corso.

I presunti “genocidio” e “pulizia etnica” di cui la Jugoslavia e Milosevic erano stati accusati sono come le “armi di distruzione di massa di Saddam Hussein”: una montatura mostruosa. La menzognera offensiva mediatica preparò l’offensiva mediatica propriamente detta. Nel suo libro Fools’ Crusade, la giornalista statunitense Diana Johnstone fornisce abbondanti dettagli su questa truffa colossale. La “necessità” della “pulizia etnica” era stata confessata un anno prima dell’inizio della guerra dalla rivista Time (23.3.98).

Parlando del conflitto di bassa intensità allora già in corso  nel Kosovo, e delle resistenze alle operazioni militari della NATO contro la Jugoslavia, Time scriveva: “Gli USA e la Gran Bretagna dovrebbero agire unilateralmente e convincere altri a unirsi a loro. Nessuno di questi scenari è probabile a meno che Milosevic lanci una campagna di genocidio e pulizia etnica”. E dopo avere affermato che nulla andava in questa direzione e che “solo rifugiati si trovavano in Albania”, la rivista nordamericana rimarcava: “Questa potrebbe sembrare una buona notizia […] ma c’è un problema. Se non ci sarà la pulizia etnica e neppure un’ondata di rifugiati che attraversano le frontiere internazionali con la vicina Albania e la Macedonia, allora ci saranno poche probabilità di interventi internazionali”. Un anno dopo, le potenze imperialiste cambiavano la domanda: furono i bombardamenti iniziati il 24 marzo 1999 a provocare l’esodo massiccio degli abitanti di origine albanese del Kosovo, come avrebbe poi confessato l’ex segretario generale della NATO, Lord Carrington (“Diário de Notícias”, 27.8.99). La propaganda bellica della comunicazione sociale del grande capitale si fece carico del resto.

E’ da oltre un decennio che si è riconosciuto che non esistono basi plausibili per condannare Milosevic. Fox News titolava il 28.2.04: “Milosevic sarà probabilmente assolto dalle accuse di genocidio” e scriveva che dopo due anni di procedimento da parte dell’ICTY c’era consenso sul fatto che i procuratori “avevano fallito” nel sostenere le accuse. La difesa coraggiosa di Milosevic davanti all’ICTY era un ostacolo tremendo per i piani della NATO. L’avvocato canadese di diritto criminale internazionale e capo della Commissione Giuridica del Comitato Internazionale per la Difesa di Milosevic, Cristopher Black, há così sintetizzato: “Il processo [a Milosevic] era necessario alla NATO per giustificare l’aggressione contro la Jugoslavia e il golpe appoggiato dalla NATO [che rovesciò Milosevic nell’ottobre 2000] […] e non poteva che terminare in uno dei due modi, com la condanna o com la morte del presidente Milosevic. […] Ma siccome la condanna del presidente Milosevic era evidentemente impossibile dopo la presentazione delle prove […], la sua morte si presentava come l’unica via possibile per le potenze della NATO”. L’8 marzo 2006 Milosevic scrisse una lettera ufficiale al Ministero russo degli Affari Esteri, affermando di avere il sospetto che, invece di essere curato per i propri problemi cardiaci, lo stessero avvelenando. Tre giorni dopo, Milosevic moriva nella sua cella della prigione NATO-ICTY. Il legittimo sospetto circa l’assassinio si rafforza se pensiamo al destino di altri bersagli delle potenze imperialiste, come Samm Hussein e Muammar Gheddafi.

La legge del più forte

La propaganda di guerra doveva essere spietata e terrorizzante perchè la dimensione del crimine che si stava per commettere era enorme. La guerra di aggressione alla Jugoslavia fu la prima guerra in Europa dopo il 1945. Fu la prima guerra aperta scatenata dalla NATO e una violazione aperta del Diritto Internazionale. Ma fu soprattutto l’affermazione da parte delle potenze imperialiste del nuovo rapporto di forze risultante dalla disintegrazione dell’URSS e dalle vittorie controrivoluzionarie nell’Est dell’Europa che há permesso loro di liberarsi dai vincoli che la vittoria sul nazi-fascismo aveva imposto nel 1945. La Carta dell’ONU era cosa del passato. A partire da quel momento entrava in vigore la legge del più forte. E il più forte era l’imperialismo nordamericano. Era questa l’essenza del nuovo concetto strategico della NATO, approvato mentre era incorso l’aggressione alla Jugoslavia (Vertice di Washington, 23-24 aprile 1999), che lasciava cadere la maschera di organizzazione difensiva, proclamando il “diritto” di intervenire in qualsiasi parte del pianeta. Era questo il significato della distruzione dell’ambasciata della Cina a Belgrado, si sostenne “per errore”, ma che rappresentò “ l’unico bersaglio scelto dalla CIA durante le 11 settimane di bombardamenti sulla Jugoslavia” (Reuters, 23.7.99).

Inebriati dalle vittorie dell’imperialismo degli inizi del decennio, i cronisti di regime arrivarono a confessare che “durante la Guerra Fredda, il solo avviso del Cremlino sarebbe stato sufficiente a tenere le mani della NATO furoi dai Balcani” (“Financial Times”, 26.3.99). Un altro commentatore affermava: “nei giorni in cui l’Unione Sovietica ci conteneva, le realtà del potere avrebbero impedito agli USA di interferire. Siamo lì perchè ora siamo liberi di sostenere com i missili Cruise i nostri ideali e simpatie”. Questo è ciò che intendono dire quando parlano di “libertà”.

Sarebbe stato difficile per la NATO scatenare i bombardamenti su Belgrado senza la legittimazione scandalosa da parte di forze politiche che si autoproclamano “di sinistra” e “progressiste”.Nel marzo 1998 era presidente degli USA Clinton. In Germania c’era un governo di coalizione SPD-Verdi. In Inghilterra, i laburisti – com Blair – stavano al potere. In Francia, era presidente il socialista Jospin, alla testa di un governo di “Sinistra Plurale”. L’Italia aveva, per la prima volta, un primo ministro proveniente dal vecchio Partito Comunista Italiano. In Portogallo, Antonio Guterres guidava un governo del Partito Socialista. Era segretario generale della NATO il socialista spagnolo Javier Solana, che aveva cominciato la sua carriera politica opponendosi all’adesione della Spagna alla NATO. La promozione delle menzogne sulla “guerra umanitaria” da parte di questi “progressisti” è stata criminale – sebbene abbia aiutato alcune lucrative carriere politico-commerciali – e há contribuito a confondere e a indebolire il movimento contro la guerra. Questo ruolo di “legittimazione” dell’imperialismo si è ripetuto in Libia, Siria, Ucraina e nelle operazioni in corso contro la Russia, la Cina, la RDP della Corea, l’Iran, l’Angola e altri paesi.

Stiamo parlando del presente

Come è successo da altre parti, l’aggressione imperialista ha distrutto la Jugoslavia. I bombardamenti della NATO cessarono dopo 78 giorni, con l’accordo sul cessate il fuoco che riconosceva la sovranità della Jugoslavia sul Kosovo e prevedeva la smilitarizzazione dei terroristi dell’UCK. Ma gli accordi che l’imperialismo statunitense firma non hanno neppure il valore del foglio di carta su cui vengono scritti. L’anno successivo l’accordo, la CIA organizzava a Belgrado la prinma delle sue “rivoluzioni colorate” e il rovesciamento del presidente eletto Milosevic, che fu consegnato all’ICTY nel 2011. Nel 2008 il Kosovo dichiarava la sua indipendenza, immediatamente riconosciuta dalle principali potenze della NATO. Gli uomini dell’UCK, lungi dal disarmare, sono diventati le forze di “sicurezza” del territorio e occupano posizioni al vertice del potere. Il giornale inglese Guardian ha descritto la situazione nel Kosovo meno di un anno dopo l’occupazione da parte della NATO (13.3.00): “Le agenzie internazionali che combattono il traffico della droga avvertono che il Kosovo si è trasformato in un “paradiso dei contrabbandieri”, che fornisce fino al 40% dell’eroina venduta in Europa e nell’America del Nord. Le forze della NATO […] non hanno il mandato di combattere i trafficanti di droga e con l’espulsione dal Kosovo della polizia serba […] i contrabbandieri gestiscono la rotta balcanica in libertà”. La “libertà” della NATO si estende ad altri sordidi affari. Nel 2011, il Consiglio d’Europa ha approvato il rapporto del senatore svizzero Marty che accusa “membri di spicco dell’UCK di avere assassinato prigionieri serbi e albanesi-kosovari e di avere trafficato con i loro organi”. Il primo ministro del Kosovo Hashim Thaci figura tra gli accusati (swissinfo.ch, 25.1.11).

E’ indispensabile ricordare queste vicende. Non stiamo parlando solo del passato. Stiamo parlando del presente. Stiamo parlando delle campagne di demonizzazione di Assad, Putin e Kim Jong-Un. La crisi del sistema capitalista è in procinto di conoscere una nuova esplosione. Non esistono palliativi in grado di nascondere che il sistema finanziario è a pezzi. La tentazione del sistema di rispondere attraverso la guerra è un pericolo enorme. Questa è la natura dell’imperialismo. Mascherare opportunisticamente la vera natura dell’imperialismo con semplici menzogne e illusioni mediatiche significa disarmare i popoli e fare il gioco degli autentici signori della guerra e del genocidio.