Marzo 1999: l’aggressione USA-NATO alla Jugoslavia

yugoslav protestdi Mauro Gemma

Sono passati 17 anni dallo scatenamento della guerra di aggressione alla Jugoslavia, che ha inaugurato la lunga catena di massacri e distruzioni che hanno caratterizzato tutte le innumerevoli campagne belliche della NATO destinate ad annientare interi popoli e Stati.

Il 24 marzo 1999,  l’Alleanza Atlantica, guidata dagli Stati Uniti (sotto la presidenza del più noto esponente del clan Clinton e in presenza di un’amministrazione “democratica” – in cui si distingueva per ferocia e cinismo il segretario di Stato Madeleine Albright – che si è macchiata dei più atroci crimini di guerra), senza alcun mandato delle Nazioni Unite (Russia e Cina minacciarono il veto nel Consiglio di Sicurezza, impedendone il pronunciamento favorevole), avviava la campagna militare, definita “Allied Force”, che, terminata due mesi dopo con la capitolazione delle autorità di Belgrado, avrebbe determinato in breve tempo il completo collasso della Repubblica Federale della Jugoslavia.

L’anno seguente, attraverso una “rivoluzione colorata”, finanziata in particolare dal faccendiere George Soros (e sostenuta anche, incredibilmente, da settori della “sinistra radicale” dell’Europa occidentale), il legittimo governo jugoslavo veniva rovesciato da un moto di piazza e il presidente Slobodan Milosevic arrestato (nel 2001) e deferito al Tribunale dell’Aia per un processo farsa, conclusosi con la sua morte in carcere; il Kosovo sarebbe stato trasformato in uno stato fantoccio, guidato dai capi delle bande di trafficanti di organi umani dell’UCK, che, in un clima intimidatorio di discriminazione nei confronti delle minoranze nazionali (a cominciare da quella serba), ha consentito la costruzione della più grande base militare USA del nostro continente, utilizzata anche come campo di prigionia, una sorta di Guantanamo europea.

Mentre la NATO avrebbe accelerato la sua “marcia trionfale” verso est, con l’incorporazione di quasi tutti gli ex stati socialisti dell’Europa centro-orientale, fino a incombere minacciosamente alle frontiere stesse della Federazione Russa, non esitando a tale scopo a sostenere un colpo di Stato in Ucraina che ha fatto calare nuovamente le ombre del nazifascismo in Europa, e ad appoggiare una guerra di sterminio contro le popolazioni russe e russofone del Donbass.

Fu una campagna condotta unicamente dal cielo, costellata di atrocità inaudite, di massacri della popolazione inerme attraverso vigliacchi bombardamenti che non hanno risparmiato le strutture civili, come case, ospedali, scuole, fabbriche,  centrali e la stessa sede della Televisione jugoslava, ridotta in macerie, il 23 aprile 1999, da un’incursione che provocò 16 morti. A Belgrado furono allora colpite persino le ambasciate di paesi contrari all’avventura militare, come quella della Repubblica Popolare Cinese, con alcuni morti sotto le bombe: certo non un “errore” come ci si affrettò a comunicare, ma piuttosto un primo deliberato e minaccioso avvertimento, da parte dei fautori di un mondo “unipolare”, al grande paese socialista che stava emergendo come protagonista di primo piano della scena mondiale.

Si trattò di una campagna, iniziata molto tempo prima con l’avvio del processo di disgregazione della Jugoslavia socialista, e caratterizzata dalla massiccia intossicazione mediatica dell’opinione pubblica occidentale. Si era avviata così la stagione di quella “guerra di propaganda” che, in seguito, avrebbe distinto la preparazione di tutte le aggressioni imperialiste – da allora succedutesi nelle più diverse regioni del mondo e tragicamente in corso anche in questo momento – contro paesi e popoli che, come quello della Repubblica Federale della Jugoslavia, non intendono piegare la testa di fronte al “nuovo ordine mondiale” – con i massacri USA-NATO della popolazione civile sistematicamente presentati come “effetti collaterali”, mai come delitti deliberatamente portati a compimento.

A questa criminale impresa diede un apporto decisivo anche l’Italia – guidata allora da un governo di centro-sinistra presieduto da Massimo D’Alema – non solo con il supporto logistico ai 600 micidiali raid giornalieri contro le città e i villaggi jugoslavi, ma anche con la partecipazione diretta di piloti e aerei del nostro paese ai bombardamenti, smentita in un primo tempo dalle fonti ufficiali ma confermata da numerose testimonianze, a cui da parte governativa non si esitò a rispondere con arroganza.

Mai in seguito, dall’allora presidente del Consiglio (e da coloro che ne avallarono le scelte nel suo partito) sono venuti segnali di ripensamento autocritico rispetto a decisioni che hanno coinvolto il nostro paese in una vicenda bellica dalle così tragiche conseguenze, sul piano delle vittime civili (oltre 2.000 secondo alcune fonti), delle micidiali distruzioni che si proponevano di annientare ciò che rimaneva della Jugoslavia, ed anche dei devastanti effetti sull’ambiente, che non hanno risparmiato neppure le acque del Mare Adriatico che bagnano le nostre coste, inquinate da quell’uranio impoverito che, in quantità massicce, fu sganciato nel corso dell’aggressione.

Occorre opportunamente rammentare che fu proprio dalle basi USA-NATO collocate sul territorio italiano che partirono le operazioni di una impresa militare che violava tutte le più elementari norme del diritto internazionale, nel disprezzo assoluto del ruolo delle Nazioni Unite, della sua Carta costitutiva e dello stesso articolo 11 della nostra Costituzione repubblicana. Come pure non va assolutamente dimenticato che l’aggressione imperialista ebbe l’avallo sostanziale ((oltre che della gran parte dell’opposizione di centro-destra) di tutta la coalizione parlamentare che sosteneva il governo italiano e che allora non ne mise in discussione la tenuta, in un contesto vergognoso di ipocriti distinguo, patetiche giustificazioni e spudorate menzogne – smentite in seguito dalle più autorevoli testimonianze -, utili a criminalizzare la Jugoslavia aggredita, allo scopo, da un lato, di carpire l’appoggio dell’opinione pubblica e, dall’altro, di ridimensionare la portata dell’intervento italiano nella guerra.

Oggi, mentre il nostro paese è sul punto di partecipare all’ennesima operazione militare a guida USA/NATO, riteniamo doveroso rinfrescare la memoria su quella pagina oscura della storia patria, perché sono ancora troppi quelli che ne rivendicano la legittimità, come pure quelli che fingono di essersene dimenticati.