Comment Te Dire Adieu: la classe operaia ha scelto la brexit

Brexit grungeRiceviamo e volentieri pubblichiamo

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L’esito del voto inglese ha spiazzato un po’ tutti, non per la vittoria annunciata dei conservatori ma per la debacle netta e senza appello dei laburisti. 

Corbyn si è presentato all’appuntamento con un programma da ala sinistra della socialdemocrazia, portando nel dibattito pubblico inglese temi tabù da molti anni in Italia come nazionalizzazioni, tassazione progressiva, investimenti pubblici e lotta alle disuguaglianze sociali.


Tutte tematiche che erano scontate in un partito socialdemocratico degli anni ‘70, basti leggere le analisi politiche di Olof Palme o Mitterand.

In Francia i socialisti e i comunisti vinsero le elezioni del 1981 con un programma ancora più radicale di quello di Corbyn, in cui erano presenti temi come l’autogestione e la democrazia economica.

Eppure oggi, anche parlare di nazionalizzare un’azienda ti trasforma in un nuovo Lenin che minaccia l’ordine costituito, a tanto è arrivata la propaganda di regime in questi quarant’anni.

Oltre ad essere definito comunista, che idiozia, è stato trasformato in antisemita perché difende i diritti del popolo palestinese e denuncia la sanguinaria politica dell’etno-nazionalismo israeliano. 

C’è una bella differenza tra essere antisionista, contestare quindi le politiche dello stato d’Israele, ed antisemita.

Recentemente su “The Independent Slavoj Zizek, noto filosofo marxista sloveno, ha pubblicato una breve riflessione sul tema: 

Oggi l’accusa di antisemitismo è sempre più rivolta a chiunque devi dall’accettabile establishment liberale di sinistra verso una sinistra più radicale – si può immaginare una manipolazione più repellente e cinica dell’Olocausto? Quando le proteste contro le attività delle forze di difesa israeliane in Cisgiordania vengono denunciate come espressione di antisemitismo e (implicitamente, almeno) messe sulla stessa linea dei negazionisti dell’Olocausto, vale a dire quando l’ombra dell’Olocausto è permanentemente evocata per neutralizzare qualsiasi critica delle operazioni militari e politiche israeliane – non è sufficiente insistere sulla differenza tra antisemitismo e la critica di particolari misure dello Stato di Israele. Si dovrebbe fare un ulteriore passo avanti e affermare che è lo Stato di Israele che, in questo caso, sta profanando la memoria delle vittime dell’Olocausto, usandole spietatamente come strumento per legittimare le attuali misure politiche.”

Sono gli stessi liberali di sinistra che oggi festeggiano la sconfitta di Corbyn come se fosse la vittoria della Terza Via di Blair sulla vecchia socialdemocrazia. Non hanno proprio capito che il macellaio Blair ha proseguito nella distruzione della società inglese, come i suoi compari nel resto d’Europa, con lo stesso vigore del neoliberismo di Thatcher e Reagan. Se il Partito Laburista fosse rimasto su quelle posizioni avrebbe preso ancora meno voti, lo si ricordi al bomba fiorentino.

Diciamo le cose come stanno, centrale in queste elezioni era l’esito finale della Brexit. Corbyn ha pagato le ambiguità su questo tema che nascono dal non aver voluto rompere con gli scarti dell’era Blair rimasti nel partito.

Il nemico in casa ha lavorato con tutto il massimo impegno per bloccare la svolta a sinistra dei laburisti, nonostante abbia prodotto un aumento del numero degli iscritti e avvicinato alla politica le generazioni più giovani nonché le principali vittime della deregolamentazione iniziata quarant’anni fa del capitalismo.

Corbyn è euroscettico ma ha mantenuto un’eccessiva ambiguità nelle posizioni del partito, tentando di catturare i voti dei favorevoli e contrari alla Brexit con il proprio programma economica, deleteria impostazione economicista. Invece la permanenza nella gabbia europea è la questione madre, sentita soprattutto dagli abitanti dell’Inghilterra periferica e deindustrializzata dove insicurezza economica, sociale e culturale si sommano. Avendo chiara la natura classista dell’UE, gli operai inglesi hanno votato chi dava più certezze nel voler realizzare finalmente la Brexit.

Ecco perché i voti dei vecchi feudi rossi del Nord operaio, dove si vota laburista dagli anni ‘30, sono andati verso i conservatori e nell’altra Inghilterra, quella cosmopolita e globalizzata, ha invece tenuto Corbyn, intercettando il voto del proletariato urbano composto da lavoratori precari e studenti universitari.

Molto probabilmente Corbyn si dimetterà dalla guida del Partito Laburista ma ha avuto il merito di archiviare una volta per tutte la delirante Terza Via di Blair che ha corrotto in profondità tutti i carrozzoni socialdemocratici del continente. Il futuro dell’Inghilterra sembra indirizzato nella prosecuzione con altri mezzi della moltiplicazione delle disuguaglianze e dello sfruttamento.

I conservatori sono anche disposti a perdere l’Irlanda del Nord, indirizzata verso una possibile unificazione con il resto del paese dentro l’UE, e della Scozia, dove hanno vinto i nazionalisti favorevoli alla permanenza dentro la gabbia, ma vogliono avere le mani libere per agire come meglio credono nell’oceano del mondo multipolare. Hanno in mente un’Inghilterra terra di agevolazioni fiscali per i ricchi e di azzeramento dei diritti sociali e per questo è urgente ancora una volta capire come declinare quel senso di insicurezza economica, sociale e culturale, amplificato dai processi della globalizzazione, da sinistra per fermare il mattatoio sociale.