La speranza della Repubblica Popolare Cinese

bandiere campi personepubblichiamo LA SPERANZA DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE di Alessandro Pascale, contenuto nel libro collettivo “La Cina e il leninismo del Ventunesimo secolo” con contributi di F. Giannini, A. Pascale, M. Pondrelli,  D. Burgio, M. Leoni e R. Sidoli, che si può trovare per intero su www.mondorosso.wordpress.com

di Alessandro Pascale

«“Ma allora voi non volete sopprimere il potere dello Stato?” Sì, noi vogliamo sopprimerlo, ma non ora; non possiamo ancora farlo. Perché? Perché l’imperialismo continua a esistere, perché la reazione interna continua a esistere, perché le classi continuano a esistere all’interno del paese. Il nostro compito attuale è quello di rafforzare l’apparato dello Stato popolare, e principalmente l’esercito popolare, la polizia popolare e la giustizia popolare, al fine di consolidare la difesa nazionale e di proteggere gli interessi del popolo». (Mao Tse-tung, da Sulla dittatura democratica popolare, 30 giugno 1949)

«Nel nostro paese, la lotta per il consolidamento del regime socialista, la lotta che deciderà del socialismo o del capitalismo, si svilupperà ancora durante un lungo periodo storico. Ma noi dobbiamo renderci conto che il nuovo regime socialista si consoliderà infallibilmente. È certo che noi possiamo edificare un paese socialista dotato di un’industria, di un’agricoltura, di una scienza e di una cultura moderne». (Mao Tse-tung, da Intervento alla conferenza nazionale del Partito comunista cinese sul lavoro di propaganda, 12 marzo 1957)

Il centenario del Partito Comunista Cinese (PCC) cade in un momento decisivo della storia dell’umanità. Dopo la caduta dell’URSS e i successivi 30 anni di trionfo del totalitarismo “liberale”, l’Occidente si ritrova sconvolto dalla crisi economica conseguente alla pandemia del COVID-19. La capacità dei cinesi, come degli altri paesi socialisti, di fronteggiare con successo questa calamità ha mostrato al mondo intero la superiorità delle capacità politiche delle forze comuniste. Tutto ciò avviene mentre la Repubblica Popolare Cinese si appresta a diventare la prima potenza economica mondiale, non solo in termini relativi (primato raggiunto già a metà degli anni ’10 secondo molti indici) ma anche assoluti. Non è un caso che l’imperialismo occidentale, che si affida ancora alla leadership statunitense, stia affilando le armi rinfocolando le tensioni in quella che è ormai la “guerra fredda” del XXI secolo: il confronto tra capitalismo e socialismo, che sembrava essersi chiuso nel 1991, appare la chiave di volta per interpretare anche l’epoca in cui viviamo. Date le epocali sfide che l’umanità deve fronteggiare, a partire dalla questione ambientale e dalla permanente sottoalimentazione di buona parte del mondo, è lecito pensare che da questo conflitto, per ora solo politico ed economico, si decideranno le sorti della stessa sopravvivenza del genere umano. Nonostante il PCC rifiuti di porsi esplicitamente come l’avanguardia del movimento comunista mondiale, e tantomeno dell’umanità intera, esso è diventato effettivamente la grande speranza dei popoli e degli oppressi del mondo. Solo dalla riuscita delle sue politiche sarà possibile costruire una globalizzazione più equa e sostenibile, mettendo i popoli di ogni continente in condizione di poter superare gli instabili assetti economici del modo di produzione capitalistico. Come ha fatto il PCC a realizzare questo miracolo politico? Di seguito cercherò di sintetizzare i risultati delle analisi storico-politiche svolte nel 19° capitolo della Storia del Comunismo, offrendo una visione alternativa a quella presentata dai media occidentali, più interessati a fare propaganda anticomunista e sinofoba che ad offrire informazioni e dati veritieri del modello cinese. In questo senso riteniamo superfluo trattare in questa sede la rivoluzione colorata del 1989 (Tienanmen) e la questione degli Uiguri, massimi esempi della faziosità occidentale.

continua a leggere