Lo Xinjiang Moderno, armonia e progresso nel cuore dell’Asia centrale di Li Xinping

xinjiangdi Marco Pondrelli

Nel 2018 mentre mi trovavo in Cina nell’Henan ebbi la possibilità visitare un museo dedicato alla storia del Partito Comunista locale. L’esposizione partiva mostrando il duro lavoro fatto dopo il ’49, fra cui la costruzione di un importante acquedotto, e si concludeva con i progetti futuri mostrando lo sviluppo che quei luoghi avrebbero seguito (sviluppo urbanistico, economico, ecc…). Questo è lo schema con cui si può capire la Cina contemporanea, la modernizzazione ha radici ben piantate nella storia cinese anche quella pre-rivoluzionaria. 4000 anni di storia segnano la Cina contemporanea e segneranno il suo futuro.

Il libro di Li Xinping segue questa struttura e grazie ad essa racconta una delle regioni più difficili da spiegare: lo Xinjiang. Nel primo capitolo l’Autore ricorda l’importanza che gli asini ebbero nella mobilità della popolazione dopo il ’49, essi ebbero un ruolo importante nella rinascita di una regione che fino alla rivoluzione viveva in una situazione di pesante degrado. Ancora oggi esistono i taxi a cavallo ed ancora oggi si ricorda la figura di Kurban che dalla contea di Yutian andò a Pechino per incontrare il Presidente Mao cavalcando un asino. A questo ricordo si lega la moderna mobilità, fatta di mezzi pubblici non inquinanti e di una rete stradale moderna.

Ultimamente si parla molto dello Xinjiang ma spesso a sproposito, dopo il bel libro di Maria Morigi (Xinjiang “Nuova Frontiera”) questo volume contribuisce a mettere ordine. Recentemente l’ex Ministro Giulio Tremonti in un’intervista ha affermato, google maps alla mano, che la Cina è divisa fra una parte costiera moderna ed industrializzata ed un entroterra arretrato, 20 anni fa una simile affermazione avrebbe avuto le sue ragioni, oggi è invece difficile da supportare analiticamente. Il libro di Li Xinping spiega molto bene perché questa teoria sia sbagliata.

Questa regione è ricca di petrolio che aiuta la produzione industriale della parte più sviluppata del paese ma, come in tutti gli stati che funzionano, questa ricchezza naturale avrà una ricaduta anche sul territorio dello Xinjiang, che è infatti una regione strategica sulla nuova via della seta terrestre, collegamento centrale fra oriente ed occidente. La regione sta crescendo perché la ricchezza prodotta dalla parte più sviluppata del paese non rimane là confinata, questo le permette di investire in politiche attive per il sostegno del lavoro, per l’aiuto agli anziani, per la scuola e per la sanità.

Questa crescita dello Stato sociale, sia nello Xinjiang che nel resto della Cina, che noi abbiamo conosciuto in altri periodi storici non ha solo una motivazione politica o etica ma anche economica. La Cina deve sviluppare il mercato interno e per fare questo occorre ridurre la quota di risparmio delle famiglie che in Cina è molto alta, una maggiore sicurezza sociale può permettere alle famiglie di aumentare i consumi.

Per concludere si può tentare di trarre una considerazione generale, lo sviluppo cinese è vittima di un dilemma che l’Occidente non ha vissuto, da noi prima è arrivata la crescita e solo successivamente ci siamo accorti che una crescita non regolata creava danni sociale e ambientali incalcolabili, questo ha cambiato il nostro modello di sviluppo. In Cina non è così. Lo sviluppo deve fare da subito i conti con la tutela dell’ambiente, nello Xinjiang c’è una grande attenzione per la tutela dell’ecosistema, oltre ai trasporti (cui già ho fatto cenno) tutto il sistema produttivo è sensibile a questi temi, ad esempio l’agricoltura ha sviluppato una produzione di qualità con grande attenzione alla realizzazione di prodotti tipici. Paradossalmente mentre in Cina aumenta la sensibilità non solo verso l’ambiente ma anche verso la tutela del lavoro in Occidente si verifica il percorso opposto, le condizioni di lavoro stanno tornando all’Ottocento e l’ambiente arriva sempre dopo il profitto (basta pensare a quello che succede a Taranto con l’Ilva).

Lo Xinjiang è una regione composta da molte etnie, lo sforzo che il governo compie è quello dell’integrazione, da questo punto di vista la scuola sia con la lotta all’analfabetismo che con l’adozione del bilinguismo è una grande strumento di coesione. È questa la migliore risposta che può essere data ai tentativi, anche di matrice terrorista spesso supportati dall’estero, per destabilizzare una regione sempre più importante per lo sviluppo della via della seta, la quale porterà benessere non solo allo Xinjiang e alla Cina ma anche al resto del mondo.