Il leader comunista russo commenta il discorso di Trump

zjuganov microfonidi Ghennady Zyuganov
da kprf.ru

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Il 21 gennaio scorso, di fronte al Mausoleo di Lenin, in occasione della cerimonia commemorativa della scomparsa del grande dirigente della Rivoluzione di Ottobre, il leader del Partito Comunista della Federazione Russa, Ghennady Zyuganov, ha commentato anche il discorso pronunciato da Donald Trump dopo il suo giuramento, al momento del suo insediamento alla Casa Bianca.  

(…) Ho ascoltato con attenzione il discorso di Trump. Da noi ci sono alcuni che rumoreggiano e gridano, esprimendo entusiasmo. Tra questi si distingue soprattutto Zhirinovsky (il leader della destra parlamentare ultra-nazionalista russa, NdT). Ma noi dobbiamo ricordare che Trump è un prodotto del capitalismo americano, sebbene egli sia alla testa del capitale industriale manifatturiero orientato nazionalmente. Il suo discorso, a opinione di alcuni, avrebbe persino assunto “sfumature marxiste”. Egli ha dichiarato che l’élite di Washington si è separata dal popolo. Trump ha dichiarato che occorre fare tutto il possibile per sviluppare la produzione nazionale e perché chi si sente umiliato e abbandonato abbia maggiore sicurezza. E ha detto che opererà per far si che il suo paese non imponga il proprio ordine ad altri, uscendo da tutti i conflitti.

Ma le autorità russe non devono dimenticare che l’America ha una strategia precisa. Tempo fa scrissi un libro dal titolo “I 200 anni del sogno americano”. Analizzando 200 anni delle politiche statunitensi, sono rimasto stupito. Sono cambiati i tempi, la produzione e persino il clima, ma la strategia è rimasta la stessa: l’espansionismo, la conquista dei mercati e le provocazioni. Se osservate tutta la loro storia, è necessario iniziare dal fatto che hanno massacrato due milioni di indiani. Dopo la Prima Guerra Mondiale gli americani si sono impadroniti del 50% delle riserve auree del mondo, e dopo la Seconda Guerra Mondiale del 60%. Perciò occorre comprendere che loro ci prenderanno in considerazione ad unica condizione: se saremo forti, se conseguiremo successi, se primeggeremo sul piano dell’istruzione e padroneggeremo le tecnologie più avanzate.

(…) Trump ha seriamente impegnato l’America. Gli USA usciranno dalla partnership Transpacifica. Le tenaglie globaliste erano già in procinto di strangolare il nostro paese. In Europa con il sostegno delle provocazioni in Ucraina e il rafforzamento della NATO, in Asia con la rimozione della Russia dai mercati locali. Ho la sensazione che avremo un piccolo intervallo, in cui gli americani saranno maggiormente coinvolti nei problemi interni e si immischieranno meno nei problemi degli altri, indicando loro come devono vivere e lavorare. Ma se questo piccolo spiraglio non sarà utilizzato dal potere al Cremlino, alla Duma e al governo, a profitto del rilancio del nostro paese, della sua scienza, dell’industria, della produzione manifatturiera, se il potere non raccoglierà l’eredità della modernizzazione leninista-stalinista e dell’epoca Sovietica, il nostro futuro sarà ancora peggiore.