Gli analisti russi commentano le elezioni amministrative in Ucraina

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Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Le elezioni amministrative del 25 ottobre in Ucraina, si sono svolte tra brogli, scarsa partecipazione e assenza dalla consultazione dell’intero territorio del Donbass, in un generale clima di violazione di diritti democratici e civili, di cui la sostanziale messa fuori gioco – attraverso misure repressive e una violenta campagna propagandistica – dei comunisti e di altre forze di opposizione rappresenta un aspetto rilevante che dovrebbe suscitare la preoccupazione e l’indignazione dell’opinione pubblica democratica di tutto il nostro continente. Sull’esito della consultazione e sulle prospettive del dopo elezioni, riteniamo utile proporre anche le riflessioni di alcuni analisti russi, raccolte da “Svobodnaja Pressa”.

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Svobodnaja Pressa – Quale significato hanno assunto queste elezioni in Ucraina? Hanno cambiato gli equilibri politici nel paese?

Queste elezioni hanno rappresentato una vera trappola per Kiev – afferma la vicedirettrice dell’Istituto russo di studi strategici (RISI), responsabile del Centro di ricerca sui problemi della CSI e dei paesi baltici, Tamara Guzenkova – . Fin dal primo momento, il percorso elettorale è stato condizionato dal tentativo di coinvolgere il Sud-Est nello spazio politico ucraino. Essenziale è stato cercare di far votare il Donbass e Lugansk con le regole di Kiev e non importava quali fossero i partiti e le forze politiche che potevano partecipare al processo elettorale in quei luoghi.

Ma la speranza di far partecipare al voto le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk si è rivelata un fallimento, e Kiev si è trovata sola con i propri problemi. Di conseguenza, pur se Kiev non aveva lasciato al caso queste elezioni, tuttavia ha dovuto cambiare la logica della loro preparazione e la valutazione dei risultati.

SP – Sono state elezioni regolari?

Occorre dire che l’Ucraina si è sempre distinta, in un certo qual modo,  per un comportamento schizofrenico al momento del voto. Praticamente mai vi ha partecipato un numero di partiti ragionevole agli occhi del cittadino medio. Nelle liste elettorali – io stessa le ho avute tra le mani, in quanto più volte osservatrice dell’OSCE alle elezioni ucraine – solitamente figurava un lungo elenco di partiti. Ma in queste elezioni il numero dei partiti è sembrato strabiliante: oltre 140.

In questo pantano, nella confusione delle liste elettorali, molti ucraini, soprattutto nelle zone rurali, non sono stati in grado di raccapezzarsi. E questa confusione ha obiettivamente offerto grandi opportunità per la manipolazione e la falsificazione dei risultati della votazione.

Penso che ora, dopo il conteggio dei voti, saranno esercitate pressioni su molte delle commissioni elettorali locali per “adeguare” i risultati a ciò che desiderano le autorità di Kiev.

SP – Potrebbero queste elezioni avere rappresentato un’arma contro movimenti filo-russi?

Non penso: non è questa la situazione psicologica e politica sul posto. Questa situazione nasce da un clima di paura, da infinite ondate di mobilitazione dell’opinione pubblica. Penso che gli ucraini, che hanno segretamente simpatizzato per la Russia, o almeno, che sono insoddisfatti della politica di Kiev, oggi non si trovano nella possibilità di esprimere apertamente le proprie opinioni. A loro non viene concessa questa opportunità.

A mio avviso in queste elezioni Kiev ha fatto ampio ricorso alle risorse amministrative. Mentre i sindaci delle città vengono eletti, i governatori delle regioni sono scelti dal governo di Kiev. E ciò rende più facile al potere centrale ucraino il controllo delle elezioni locali.

SP – Quale peso hanno le elezioni amministrative in Ucraina?

Alle elezioni locali ucraine viene attribuito un significato di gran lunga meno importante che alle elezioni parlamentari e a quelle presidenziali. Per questo è inutile aspettarsi dai risultati di queste elezioni, dopo l’annuncio dei risultati ufficiali, un contesto politico “indipendente”.

E’ vero che, qua e là, in alcune località sembrano sfondare le forze nazionaliste radicali. Ciò, naturalmente, rappresenta una complicazione della situazione per Kiev: i radicali in tal modo non acquisiscono solo forza, ma anche risorse derivanti dall’esercizio del potere. Penso che ciò possa portare a qualche “giro di vite” sul piano locale.

Tuttavia una cosa è molto evidente: se queste elezioni non fanno il punto, purtuttavia modificano in modo significativo l’equilibrio territoriale-politico delle forze sul campo. Da un lato, una volta che le repubbliche di Lugansk e Donetsk non partecipano al gioco, per Kiev non ha importanza quali siano i risultati specifici delle regioni. Inoltre, il centro controlla la provincia di Odessa attraverso il governatore Mikhail Saakashvili, sotto il cui controllo si trova anche la provincia di Dnipropetrovsk. Dall’altro lato, le elezioni assumono comunque un certo significato, perché rappresentano un implicito riconoscimento da parte di Kiev delle rivendicazioni di Donetsk e Lugansk, perlomeno quelle destinate a ottenere uno statuto speciale. E in prospettiva, forse, un  assetto ancora più indipendente.

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Le elezioni hanno permesso ad alcuni partiti di aumentare la loro presenza nello spazio politico ucraino – osserva il vicedirettore del Centro di ucrainistica e bielorussistica dell’Università Statale di Mosca (MGU Lomonosov) Bogdan Bezpalko – . Prima di tutto, questo riguarda “Batkivshchyna” di Julija Timoshenko e il partito Radicale di Oleg Lashko. Utilizzando la retorica del populismo radicale e argomenti sociali, questi partiti hanno cercato un più ampio sostegno della popolazione. Nel complesso le elezioni hanno dimostrato che oggi in Ucraina per ottenere consenso elettorale occorre utilizzare il populismo radicale, e nient’altro.

Questo dato complica i giochi sia del presidente Petro Poroshenko che del premier Arseny Yatzenyuk. E’ su di loro che pesa la responsabilità per tutto ciò che accade in Ucraina. E il loro consueto mantra – quello per cui la Russia è l’aggressore e su di essa ricadono tutte le colpe – ora funziona poco.

Tuttavia, queste elezioni non hanno cambiato molto. Sia il partito Radicale che “Samopomich” (partito nazionalista sorto nell’Ucraina occidentale), per molti aspetti, non si differenziano molto dal “Blocco di Petro Poroshenko”. Una vera opposizione in Ucraina non esiste. In modo condizionato la esercita il “Blocco di Opposizione”, derivante da un “Partito delle Regioni” ormai a pezzi. E non ovunque è stato ammesso alle elezioni.

Io non ho alcun dubbio che subito dopo le elezioni in tutta l’Ucraina cominceranno a funzionare le risorse amministrative e ciò ancora di più contribuirà ad annientare il ruolo del “Blocco di Opposizione”, tanto più dopo i suoi modesti risultati elettorali.

A mio parere, la principale conclusione da trarre dopo queste elezioni è che il discorso nazionalista in Ucraina prevarrà come in precedenza, sia nella retorica politica che nell’iniziativa di politica estera di Kiev. Probabilmente si cercherà di combinarlo con una serie di slogan socialisteggianti per conquistare la simpatia della popolazione, almeno per un po’.