Le nazioni africane stanno per decidere sul progetto d’origine italiana Transacqua, grande trasferimento idrico dal fiume Congo per il Lago Ciad

lagociad 500di Aldo Mariani
da ilpattosociale.it

Si cominciò a parlarne agli inizi degli anni Settanta. Il progetto, denominato Transacqua, consiste nel trasferimento dell’acqua da certi affluenti del fiume Congo verso il lago Ciad, attraverso un canale che utilizzerebbe la valle del fiume Chari, principale tributario del lago. L’origine del progetto è stata la grave siccità che colpì allora il Sahel africano, talmente grave da far diminuire in poco tempo la superficie del lago Ciad da 22.000 Kmq a circa 8.000 Kmq. La crisi, che fece molto rumore a quell’epoca per le sue dimensioni, sembrava non potesse risolversi e avere delle conseguenze irreversibili di desertificazione di larghe superfici coltivabili e coltivate fino ad allora e ben presto cominciarono ad affermarsi i timori degli scienziati sull’effetto serra.

Si diffuse allora l’dea di un grande trasferimento d’acqua a partire dalle regioni eccedentarie del bacino del Congo verso le zone deficitarie del Sahel. Fu nel 1972 che Francesco Curato, Ceo di Bonifica S.p.A., una delle più importanti società d’ingegneria del gruppo Iri-Italsat, concepì un’ipotesi del progetto. Un documento di dieci anni dopo, redatto da Marcello Vichi con l’autorizzazione del nuovo Ceo Renzo Rosi riunì gli studi e il consiglio di agenzie internazionali. Cinquecento copie in tre lingue, con l’indicazione “Bonifica SpA-Iri-Italsat” furono distribuite ai Paesi interessati, alle autorità italiane e a numerosi organismi internazionali. Lo scopo principale di questo trasferimento d’acqua sarebbe stato quello di ripristinare e stabilizzare la superficie del lago Ciad com’era negli anni 1960 e di permettere l’irrigazione di superfici ancora più vaste, dato che la popolazione locale della regione era almeno triplicata rispetto ad allora. E ciò rendeva necessarie zone coltivate ben più estese. In secondo luogo questo trasferimento avrebbe permesso un’importante produzione d’energia idroelettrica. Sarebbe stata creata anche un’importante via navigabile di 2.400 chilometri, con una portata di 100 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno, che collegava il bacino del lago Ciad con la rete del fiume Congo e più tardi con i grandi laghi e l’Africa dell’Est.

Per troppi anni il progetto è stato ignorato e osteggiato come un progetto “faraonico”. Le condizioni politiche dei Paesi interessati, inoltre, non permettevano scelte così impegnative ed importanti. L’instabilità politica e l’attività terroristica non consentivano ai governi di impegnarsi a fondo. Ora invece la crisi migratoria e il consolidarsi di un nuovo paradigma politico grazie alla presenza cinese in Africa hanno creato condizioni più favorevoli per la fattibilità dell’opera. La notizia diffusa in questa settimana della convocazione di una conferenza internazionale organizzata da alcuni Paesi africani, che si terrà dal 26 al 28 febbraio ad Abuja, capitale della Nigeria, fa bene sperare. Lo scopo è quello di decidere come salvare il lago Ciad. Ad essa parteciperanno capi di Stato e di governo, funzionari ed esperti provenienti dal continente africano, dall’Europa, dagli Stati Uniti e dalla Cina. La conferenza, organizzata con gli auspici del governo nigeriano, della Commissione del bacino del lago Ciad e dell’Unesco, tende a generare un consenso e la disponibilità per un efficace sostegno al progetto Transacqua di trasferimento idrico dal bacino del Congo al lago Ciad. Tra i relatori vi saranno i rappresentanti dell’impresa italiana Bonifica SpA e del conglomerato cinese PowerChina, che hanno stretto un’alleanza strategica per compiere uno studio di fattibilità della grande infrastruttura. Il governo italiano contribuirebbe al finanziamento dello studio e non è escluso che, a margine della conferenza si firmi un accordo a quattro tra le due società, la citata Commissione e un rappresentante del governo italiano. I politici europei hanno speso molte parole negli ultimi anni e mesi, riferendosi a un “Piano Marshall per l’Africa”, al fine di sviluppare il continente e annullare alla fonte il flusso dei migranti economici verso l’Europa.

Nonostante le molte parole nessun progetto è mai stato presentato. Il solo che esiste è quello italiano di Transacqua. A questo proposito desidero ricordare un intervento dell’on. Muscardini del 17 luglio 2013 che indirizzò alla Commissione europea un’interrogazione scritta con la quale, ricordando la tragedia della carestia nel Sahel ed il conflitto nel Mali, chiedeva se era a conoscenza del progetto Transacqua, se ne conosceva la versione ridotta di cui si era parlato nel 2010 a Ndjiamena alla presenza di Gheddafi, e quali erano le ragioni che non avevano permesso di prendere in considerazione il progetto integrale di Transacqua. La risposta della Commissione affermava che il Fondo europeo di sviluppo aveva erogato 2,5 milioni di euro a favore della Commissione del bacino del lago Ciad per la gestione delle risorse idriche e che era a conoscenza del progetto Transacqua, ma che gli studi di fattibilità indicavano che il progetto avrebbe comportato notevoli rischi ambientali. L’UE, tuttavia, era impegnata ad analizzare 32 proposte di progetti volti a preservare il lago Ciad che erano stati discussi in occasione del Forum mondiale sull’acqua tenutosi a Marsiglia nel 2012. La Commissione ricordava inoltre che nel 2013 era stato concesso un aiuto umanitario di 115 milioni di euro in risposta alla crisi alimentare in atto nel Sahel e alla crisi del Mali. Il 20 dicembre del 2013 l’on. Muscardini ritornò alla carica e riferendosi alla risposta relativa all’interrogazione precedente ricordò con ironia che negli anni Cinquanta in Italia coloro che erano contrari alla realizzazione dell’autostrada del Sole affermavano che non si doveva fare perché nuoceva all’ambiente, dividendo il paesi in due. Perché la Commissione non aveva risposto al fatto che Transacqua non era stato nemmeno preso in considerazione? La risposta era burocratica. Nel quadro delle azioni regionali prioritarie nelle infrastrutture, è stato definito un programma per lo sviluppo a tutti i partner nazionali e regionali e per il momento il progetto Transacqua non era stato scelto tra i 51 progetti selezionati. Lo stesso piano nazionale di sviluppo proposto dal Ciad, che individua le priorità per il paese nel periodo 2013-2015, non fa riferimento al progetto Transacqua. In altri termini: se il Ciad non mi propone il progetto, perché dovrei interessarmene io, Commissione europea? La logica della risposta è burocratica, come abbiamo detto, perché Transacqua va ben al di là di una proposta regionale ed investe la responsabilità di molti Paesi, comportando tra l’altro molti progetti infrastrutturali, non solo idrici, ma anche dell’energia, dei trasporti, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, comprese numerose centrali idroelettriche nel lungo percorso dei 2.400 chilometri del canale proposto. Un’occasione perduta, dunque, che si ripresenta ora in un contesto geopolitico più favorevole?

Trenta milioni di persone dipendono dal Lago Ciad, in termini di pesca e agricoltura. Anche il prosciugamento parziale del lago ha causato emigrazioni verso l’Europa e prodotto un terreno di reclutamento per i terroristi del gruppo Boko Haram. La forza multinazionale composta dai Paesi rappresentati nella Commissione del Bacino del Lago Ciad è riuscita a assestare colpi decisivi a Boko Haram come forza militare, ma resta ancora molto da fare: anche questo tema sarà discusso durante la conferenza internazionale. Il Progetto Transacqua affronta simultaneamente tutti questi aspetti della crisi africana, offrendo una prospettiva di occupazione di massa, crescita e benefici per tutte le nazioni a Sud del Sahel, inclusa la Repubblica Democratica del Congo, che “donerebbe” l’acqua (altrimenti destinata a riversarsi nell’Oceano Atlantico), ma riceverebbe in cambio un formidabile arricchimento infrastrutturale e produttivo.

Sarà la volta buona? Ce lo auguriamo di tutto cuore. Sarebbe una luce che s’accende nel buio del continente africano e che potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova fase per molti Paesi africani, quelli coinvolti dal progetto Transacqua in primis, verso lo sviluppo e la crescita, due antidoti efficaci contro il terrorismo ed il caos dell’instabilità.