Con Macron prosegue la politica neocoloniale della Francia in Africa

di Carlos Lopes Pereira
da avante.pt

Traduzione di Marx21.it

Emmanuel Macron prosegue l’ingerenza della Francia in Africa e allarga l’intervento straniero nel continente, in linea con la politica neocoloniale di Parigi degli ultimi decenni.

Arrivato all’Eliseo, il nuovo presidente francese ha ribadito la scelta dell’interventismo militare in Africa e ha richiesto una maggiore partecipazione della Germania alla lotta contro il “terrorismo internazionale”.

Nel suo primo viaggio all’estero, Macron si è recato a Berlino per rendere omaggio ad Angela Merkel. Alcuni giorni dopo, si è recato in Mali per visitare il contingente militare francese a Gao, nel nord.

La Francia ha circa 4.000 soldati nella fascia sahel-sahariana, 1.700 dei quali a Gao, oggi una delle maggiori basi militari in Africa.

Nella storica città sulle rive del Niger, il presidente gallico è stato ricevuto dal suo omologo del Mali, Ibrahim Boubakar Keita, un alleato fedele. Macron ha affermato che “la Germania sa che qui si gioca una parte della sicurezza dell’Europa e del nostro futuro”. E ha chiesto un maggiore intervento tedesco: “Che il terrorismo islamista prosperi nella zona del Sahel è, evidentemente, un rischio per l’Europa. La Francia garantisce [militarmente] la sicurezza europea in Mali e neli altri teatri delle operazioni, ma altri paesi possono fare di più in termini di missioni di appoggio e di equipaggiamento. Spero che la partecipazione tedesca, già percepibile, si intensifichi”.

Berlino è il principale contribuente della missione militare per il mantenimento della pace delle Nazioni Unite in Mali (Minusma), che conta su 12.000 effettivi, la maggior parte provenienti da paesi africani.

In modo demagogico, Macron ha riconosciuto a Gao che “il terrorismo prospera sulla miseria” e che, per fermarlo, “il migliore antidoto” è il miglioramento delle condizioni di vita del popolo. Ha sottolineato che, nella lotta contro il jihadismo, “tutto quello che si fa sul terreno sarà effimero se, allo stesso tempo, non si investirà con decisione nelle infrastrutture, nell’istruzione, nella sanità”. Ma, scrive il giornale El País, non ha annunciato alcuna misura per lo sviluppo.

La violenza si aggrava

L’intervento militare francese in Mali è stato lanciato nel gennaio 2013, all’inizio del mandato di  François Hollande, con l’Operazione Serval. E’ stato allargato a tutta la regione del Sahel, con soldati in cinque paesi (Mali, Burkina Faso, Mauritania, Niger e Ciad), cambiando la denominazione nel 2014 in Operazione Barkane.

Aveva come obiettivo dichiarato sconfiggere i gruppi jihadisti, alleati degli indipendentisti tuareg, che controllavano il nord e minacciavano di avanzare verso il sud e di entrare nella capitale, Bamako.

Nel 2015, è stato firmato ad Algeri un accordo di pace con alcune delle organizzazioni ribelli, ma la sua applicazione è stata difficile e le azioni armate non sono cessate.

Nonostante la presenza di numerose forze straniere – truppe francesi e di altri paesi occidentali (anche di un piccolo contingente italiano, NdT), compresi gli Stati Uniti, e i caschi blu di Minusma – la situazione si è deteriorata.

Secondo la Federazione Internazionale delle Leghe dei Diritti dell’Uomo, il primo trimestre di quest’anno conferma la tendenza osservata nel 2015 e 2016 di “un aggravamento continuo e senza precedenti della violenza in Mali”. La Francia sta perdendo la guerra in Mali.