Francafrica nella Repubblica Centrafricana

di AC | solidarite-internationale-pcf.over-blog.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

La Francia riproduce lo “schema maliano”, destabilizzare per meglio intervenire

Il Centrafrica vive una tragedia. Il principale responsabile è l’ex potenza coloniale. Dal 1960, crea e disfa dittature, manipola consorterie al potere e gruppi di ribelli. La Francia ha lasciato deteriorare la situazione, per meglio giustificare l’intervento imperialista.

Le cifre sono incerte, la tragedia reale: 400.000 sfollati, un milione di persone minacciate dalla carestia, migliaia di morti dall’inizio dell’anno, vittime delle lotte ma anche dei soprusi delle bande rivali. Chi è responsabile di questa situazione?

Si può risalire all’inizio del 2013, ma occorre tornare all’anno dell’indipendenza, il 1960, e ancor prima, alla colonizzazione. La Repubblica Centrafricana è un piccolo paese di 4 milioni di abitanti, ma molto ricco di risorse naturali: oro, diamanti, bauxite, fosfati, uranio e adesso anche petrolio.


Tuttavia, il Centrafrica è anche uno dei paesi più poveri del mondo: l’80% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, fissata a 2 dollari al giorno, e l’aspettativa di vita non supera i 40 anni.

Da Bokassa a Bozizé, 60 anni di sostegno alle dittature

La Francia ha una grande responsabilità. Nel suo interesse fin dai tempi dell’indipendenza, ha sostenuto dei dittatori sanguinari e dei regimi corrotti, appoggiato e asservito colpi di stato militari e generali ambiziosi, alimentato conflitti tra le comunità.

Ricordiamo l’incredibile Jean-Bedel Bokassa, caricatura di se stesso nella sua megalomania imperiale, nel suo presunto cannibalismo, per i doni elargiti ai leader occidentali (ricordiamo i famosi “diamanti di Bokassa”, offerti a Giscard d’Estaing).

Dimentichiamo che Bokassa, tra il 1965 e il 1979, ha imposto il terrore con il supporto della Francia, ha insediato un sistema di corruzione, dilapidato le risorse naturali offrendole alle aziende occidentali e sperperandole in progetti inutili. Dimentichiamo che se la Francia lo ha deposto nel 1979, era perché si era avvicinato troppo alla Libia di Gheddafi, minacciando gli interessi francesi in Ciad.

Il successore, suo cugino David Dacko, che Bokassa aveva rovesciato nel 1965 con il sostegno francese (Dacko aveva avuto la sfortuna di aprire alla Cina comunista), era anch’egli amico della Francia, legato ai servizi segreti. Affari di famiglia, questione di interesse (francese), affari mafiosi.

François Bozizé, uomo forte (è un eufemismo) del paese tra il 2003 e il 2013 è una vecchia conoscenza. Si è formato nell’esercito francese come Bokassa, di cui era generale e braccio destro nel 1979, durante la sanguinosa repressione delle manifestazioni studentesche.

Golpista ambizioso sotto il brutale generale Kolingba nel 1980 e capo della repressione sotto il corrotto Ange-Félix Patassé nel 1990, ha proseguito a tessere intrighi, spingendo Patassé a costringerlo all’esilio in Ciad.

E’ da lì, con il sostegno dell’autocrate ciadiano, Idriss Deby, e della potenza coloniale francese, depone l’ex presidente Patassé e instaura un regime autoritario e favorevole alla Francia quanto quello dei suoi predecessori.

Durante i suoi dieci anni di regno, Bozizé ha potuto contare sul sostegno attivo della Francia, come nel 2007 con i paracadutisti intervenuti nel nord-est del paese per sedare una ribellione.

Dalla Libia al Centrafrica: un continente messo a ferro e fuoco dalla Francia

Laurent Fabius ama presentare l’impegno francese come un aiuto alle popolazioni del Centrafrica “minacciate dal genocidio”, una necessità di fronte alla “minaccia terroristica”. Un’ipocrisia che regge l’analisi di ciò che sta accadendo nella Repubblica Centrafricana.

Come sempre in Centrafrica, è la Francia che tiene il mazzo. Perché ha lasciato che il suo amico Bozizé venisse deposto dalle truppe brutali quanto disordinate e mal equipaggiate della cosiddetta rivolta “Seleka”?

La ribellione “Seleka” non è una ribellione popolare, è un’alleanza (questo vuol dire “Seleka” nella lingua nazionale, il sango) dei signori della guerra regionali, guidata dal criminale di guerra ugandese Joseph Kony.

Un gruppo di teppisti reclutati nei lumpen del nord, soprattutto una banda eterogenea di mercenari ugandesi, ciadiani e islamisti del Sudan (gli “Jajanwids”, responsabili dei massacri in Darfur), della Nigeria (i fondamentalisti di “Boko Haram”) e del Mali.

Queste bande strumentalizzano la questione religiosa, fomentando le minoranze musulmane contro la maggioranza cristiana, e la questione regionale, il ricco Nord contro il Sud, per rompere l’unità del paese e far man bassa delle zone ricche di materie prime, al nord.

Dietro la “Seleka” troviamo la mano del ciadiano Idriss Deby, che ha partecipato a tutte le operazioni di destabilizzazione nella regione, negli interessi suoi e della Francia. Il grande “democratico” rieletto nel 2011… con l’88,7% dei voti.

Déby interviene in Mali a fianco della Francia, supporta i ribelli del Sudan che hanno diviso il paese, gioca un ruolo di mediatore parziale in Costa d’Avorio, mette a disposizione la base ciadinana di intervento francese in Libia.

Sono Deby e il Ciad che portano avanti la missione MISCA attivata dall’Unione africana (UA), con le forze del Gabon di Ali Bongo, del Camerun di Paul Biya, del Congo di Denis Sassou Nguesso: quattro alleati della Francia, governati da dittatori patentati.

Che degli elementi islamici maliani operino ormai a Bangui, 4.000 km a nord del Mali, pone diverse questioni, sottolinea la doppiezza della posizione francese.

Ciò solleva in primo luogo la questione dell’intervento della NATO in Libia, con il rafforzamento delle milizie islamiche, armate e finanziate dai paesi occidentali e petro-monarchie del Golfo.

Alcuni di questi gruppi si sono poi spostati in Mali, creando l’instabilità che ha dato il pretesto per l’intervento francese. Il trasferimento di questi gruppi nella Repubblica Centrafricana offre ora un nuovo alibi alla Francia, che in due anni ha destabilizzato la metà del continente.

Lo “schema maliano” trasposto nella Repubblica Centrafricana

Possiamo rinvenire nel paese lo stesso modello di destabilizzazione e di intervento sviluppato dalla Francia in Mali.

1 – La pre-esistenza di un governo corrotto, legato direttamente alla Francia, che sia quello di ATT in Mali [soprannome di Amadou Toumani Touré, ndt], o di Bozizé nella RCA, diverso solo nel grado di violenza politica e autoritarismo.

Entrambi hanno applicato nel corso di oltre un decennio le ricette liberali del FMI, hanno moltiplicato accordi di cooperazione a tutto vantaggio della Francia, in campo economico e militare.

2 – La scoperta di nuove fonti di materie prime: in Mali come nella RCA, in questi ultimi anni, sono state scoperte nuove riserve petrolifere in paesi già ricchi di minerali (diamanti, oro, bauxite).

Come il Mali di ATT, il Centrafrica di Bozizé aveva firmato contratti di esplorazione con le compagnie petrolifere cinesi, la CNPC, scoprendo riserve di petrolio con capacità di milioni di barili e minacciando gli interessi della TOTAL e di altre multinazionali occidentali.

3 – Il “laissez-faire” e il sostegno indiretto ai gruppi terroristici sediziosi: in Mali, erano i gruppi islamisti (AQIM, Al Ansar Dine, Muqa) finanziati dagli amici del Qatar, in Centrafrica sono le milizie alimentate dal Ciad, primo alleato nella regione. In entrambi i casi, è stato consentito di creare zone di illegalità, nel nord, lasciando deteriorarsi una situazione creata scientemente.

4 – Un colpo di stato di palazzo per porre fine allo stato sovrano: il golpe del capitano Sanogo in Mali, quello di Michel Djotodia nella RCA, che portano rapidamente alla bancarotta dello stato, allo sbandamento delle forme armate, alla divisione del territorio, rendendo la situazione caotica e fuori controllo, tanto da richiedere un intervento armato esterno.

5 – L’intervento militare francese. Presentato come la salvezza del Mali e della Repubblica Centrafricana, con l’approvazione delle Nazioni Unite e il sostegno di una forza africana incardinata nelle dittature della regione (Ciad, Congo, Gabon), permette alla Francia di assicurarsi una posizione nella regione e di mettere le mani sulle risorse petrolifere.

Tutto cambia nella Francafrica… per non cambiare nulla: un imperialismo sulla difensiva

Nel suo discorso a Dakar di ottobre 2012, François Hollande affermava che “il tempo della Francafrica era concluso”, sulla sua scia è intervenuto in Mali. Nel gennaio 2013, a proposito della Repubblica Centrafricana, ribadiva che “quel tempo è finito”.

Se nel mese di gennaio, l’esercito francese ha lasciato che le milizie deponessero Bozizé, mettessero il paese a ferro e fuoco, ora prende il pretesto di proteggere i suoi cittadini residenti nella RCA, che sono 1.200, per rafforzare il contingente. Attualmente, ci sono 400 soldati francesi: un soldato per ogni 3 civili!

Il 20 novembre, François Hollande e Laurent Fabius hanno fatto appello alla comunità internazionale ad “agire”, mentre annunciavano l’invio di truppe supplementari e una nave da guerra è partita da Tolone con 300 uomini a bordo, diversi veicoli blindati ed elicotteri.

L’epoca della Francafrica non è conclusa, oggi meno che mai. La Francia opera ancora in Africa per difendere i propri interessi, quelli delle sue multinazionali.

Se la Francia non è l’unico partner commerciale della RCA, rimane il più grande investitore. Air France, Bolloré, Castel, France Telecom sono ancora tra i maggiori investitori nel paese.

TOTAL è ancora presente in Centrafrica con un occhio sui giacimenti potenziali di petrolio del nord, Areva ha firmato nel 2008 un contratto per lo sfruttamento di una miniera di uranio a Bakouma, sperando di diversificare gli investimenti.

Al di là degli interessi economici, la RCA è di vitale interesse strategico per la Francia. Basta guardare una cartina del continente per vedere la centralità del paese circondato dal Congo al sud, da Camerun e Nigeria ad ovest, dal Sudan a est e dal Ciad a nord.

Qual è il legame tra l’intervento francese e gli interessi americani?

Nel complesso, gli Stati Uniti hanno seguito la stessa strategia della Francia, nel sostenere la ribellione e l’intervento, ma non senza potenziali secondi fini: cogliendo l’occasione di aprire all’influenza americana un paese strategico, considerato territorio di caccia francese.

Consapevoli dei loro limiti e volendo concentrare le loro truppe sul terreno nelle operazioni prioritarie (in Asia), gli Stati Uniti, nella distribuzione delle missioni NATO, delegano le operazioni in Africa a potenze secondarie, Francia e Gran Bretagna, per arginare la potenza cinese.

Non lasciamoci ingannare dalla “retorica umanitaria”, le argomentazioni banali e fuorvianti circa la “lotta al terrorismo”. Da un secolo, è la Francia la forza terrorista nella Repubblica Centrafricana. Lasciamo che i popoli africani decidano del loro destino!