La nuova via del socialismo africano: Amilcar Cabral

di Andrea Genovali | da www.oltre-confine.it

amilcal cabralQuesto terzo articolo dedicato alle grandi figure del socialismo e del movimento di liberazione dei popoli africani, dopo Thomas Sankara e Chris Hani, prende in esame una figura che pochi, purtroppo, conoscono ma che ha improntato di sé la storia dell’Africa nella seconda metà del Novecento: Amilcar Cabral.

Egli viene assassinato Il 20 Gennaio del 1973. Cabral è un politico guineense e leader del movimento per l’indipendenza della Guinea-Bissau e di Capo Verde dal Portogallo.

Nato a Bafatà nel 1924 da madre originaria della Guinea e da padre di Capo Verde, Amilcar Cabral si trasferisce per alcuni anni a Lisbona per studiare agronomia; qui entra in contatto con diverse organizzazioni favorevoli all’indipendenza del suo paese dal Portogallo e comincia ad avvicinarsi alla filosofia marxista.

Rientra nel proprio paese nel 1952 e quattro anni dopo fonda il PAIGC (Partido Africano da Independência da Guiné e Cabo Verde) assieme al fratellastro Luiz Cabral e ad Aristides Pereira (futuri presidenti rispettivamente delle Repubbliche della Guinea-Bissau e di Capo Verde).

L’organizzazione, inizialmente clandestina, riesce ben presto a radicarsi nel territorio sotto l’attenta guida di Amilcar Cabral, il quale intuisce da subito l’importanza di estendere la propria influenza anche ai paesi confinanti e di portare il proprio messaggio politico alla popolazione. A tal scopo, già dalla fine degli anni ’50 allarga l’opposizione all’esercito portoghese alla Guinea-Conakry e all’area senegalese del Casamance; in Ghana, invece, vengono allestiti degli accampamenti in cui formare militarmente i nuovi militanti.

Grazie alle conoscenze acquisite a Lisbona in materia di agronomia, inoltre, Amilcar Cabral insegna alle popolazioni locali nuove tecniche di coltivazione, in modo da avviare il processo di emancipazione dai colonialisti portoghesi e far sì che i militanti del PAIGC che avrebbero successivamente attraversato il paese durante la guerra di liberazione trovassero sempre di che sfamarsi presso i vari villaggi. Il PAIGC da anche vita a mercati itineranti sul territorio in cui era possibile trovare beni di prima necessità a prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli che offrivano i negozi gestiti dai portoghesi e ad ospedali improvvisati in cui distribuire i medicinali che venivano inviati dall’URSS e dalla Svezia per sostenere la lotta guineense.

In questi anni però Amilcar Cabral approfondisce la riflessione sui metodi rivoluzionari e consolida la propria formazione marxista-leninista; in uno dei suoi scritti afferma: “Se è vero che una rivoluzione può fallire anche se basata su teorie perfette, tuttavia nessuno ha ancora fatto una rivoluzione vincente senza una teoria rivoluzionaria”.

Infatti, il populismo dell’ideologia socialista africana è fortemente esortativo, teso nello sforzo “pedagogico” di formare una coscienza nazionale, e di sviluppare le capacità produttive col richiamo costante alla creatività del lavoro e alla sua funzione sociale e morale. La preoccupazione dei cosiddetti teorici del socialismo africano precedente l’avvento di personaggi come Neto, Machal e lo stesso Cabral, è stata quella di fornire l’immagine di società africane senza classi. Con Cabral, invece, il socialismo africano ha imboccato la via dell’analisi scientifica della società, attraverso il rilievo assegnato alle attuali classi e a quelle in formazione, depurando il socialismo dalle scorie umanistiche e morali per volgerlo alla diagnosi della realtà socioeconomica africana. I contenuti di classe delle operazioni indipendentistiche e del significato delle lotte di liberazione e delle rivoluzioni hanno trovato in Cabral uno dei più lucidi oppositori. Più che puntare sulla semplicista contrapposizione fra tradizione e modernità, fra riformismo e rivoluzione: più che indugiare in considerazioni pessimistiche o ottimistiche del domani dell’Africa liberata, egli mette l’accento sulla “crisi di conoscenza” del socialismo africano e sulla necessità di verificarsi con la situazione concreta dell’Africa nera caratterizzata da quelle che venivano individuate da vari studiosi con “società globali”. A partire dai primi anni ’60 inizia una continua e capillare azione di guerriglia che porta il PAIGC a liberare e controllare diverse zone della Guinea-Bissau e di Capo Verde. Nel 1972, quando l’occupazione portoghese aveva ormai perso qualsiasi forza e legittimità sul territorio, Amilcar Cabral forma un’assemblea popolare in cui cominciare a discutere le modalità di costruzione del nuovo ed indipendente stato di Guinea-Bissau.

La guerra condotta dal PAIG contro il colonialismo portoghese, è stata considerata coma la più riuscita esperienza dell’Africa nera di unificare insurrezione armata e rivoluzione sociale di massa. Ciò ha permesso la formazione di un esercito popolare: il FARP (Forze Armate rivoluzionarie del Popolo), accanto alle milizie guerrigliere. A differenza di altre esperienze il PAIG si è costituito come gruppo politico omogeneo di militanti, in conseguenza di alcuni specifici caratteri presenti nelle zone in cui il PAIG ha agito: assenza di grossi interessi monopolitici e presenza di una base logistica per la guerriglia (la Guinea di Sèkou Tourè).

Il gruppo dirigenti della rivoluzione era convinto della qualità del pensiero rivoluzionario marxista europeo ma era altrettanto consapevole delle diverse condizioni storiche rispetto alle esperienze europee e asiatiche. Sia per l’inesistenza di un proletariato consolidato che la scarsa incidenza delle masse contadine espropriate. L’azione antimperialistica, secondo Cabral, imponeva un’azione rivoluzionaria con obiettivi democratici e con l’appoggio delle masse contadine e in questo molto importante risulta essere l’esperienza vietnamita. Il pensiero politico di Cabral è il risultato, sul piano storico, di una attenta analisi del fenomeno coloniale e di una riflessione meditata sulle sconfitte delle esperienze nazional-indipendentistiche africane degli anni Sessanta; così come in parte è frutto, come sopra ricordato, della esperienza vietnamita. Cabral si schierò per il non allineamento che per lui equivaleva alla non integrazione nei blocchi politico-militari esistenti, né ad una adesione automatica alle prese di posizione internazionali dei governi non africani. Egli rivendicò, come Lumumba, per i paesi africani, la parità sul piano del diritto internazionale e la libertà nelle scelte politiche di fondo, in unità ideologica con le forze progressiste. Unità che non fosse il risultato di una imposizione di forza, o di una particolare strategia operativa, bensì il risultato di una convergenza di forze storiche ed ideali, in grado ciascuna di elaborare una strategia autonoma di lotta, in accordo con la riflessione sui singoli problemi nazionali.

Il superamento della politica dei blocchi, tipo Nato o Patto di Varsavia, era la condizione preliminare per il successo della politica estera neutralista di una originale esperienza africana che si manifesto nella CONCP (Conferenza delle organizzazioni nazionaliste delle colonie portoghesi). Alla sua seconda conferenza in Tanzania, Cabral, sottolineò l’inscindibilità della lotta al colonialismo e al neocolonialismo con quella contro l’esperienza nazionalista africana della borghesia riformista. Per questo, per Cabral, i gruppi militanti nazionalistici devono stringere legami con altri movimenti di liberazione nazionale, con le forze progressiste e con il mondo socialista fedeli ad una politica di non allineamento che mira, in una ottica lumumbista, a difendere gli interessi dei paesi africani e, con ciò stesso, gli interessi dell’umanità.

Simili orientamenti portati avanti dai partiti della lotta armata e non solo, poterono contare su sostegni ristretti, dato che la loro strategia, oltre ad essere africana, era anche mondiale e rappresentava una spinta nel fianco di governi africani moderati, guidati da una “pseudo-borghesia”, sensibile ai richiami neocolonialistici. Si trattò di una unità d’azione sostanzialmente fra tre partiti: Frelimo del Mozambico, il MPLA angolano e il PAIG appunto, che non confuse l’unità con l’unificazione e che, soprattutto, fuori da ogni formula etico-geografica, prefigura una unità di pensiero e di azione. L’analisi reale delle condizioni della lotta di liberazione nazionale – che avrebbe dovuto condurre all’edificazione di un’Africa unita e antimperialista – imponeva la creazione di un esercito nazionale e di milizie popolari, quanto un progetto popolare di massa che attivamente partecipasse alla realizzazione storica del socialismo, nelle fasi della lotta per la liberazione. Unità di lotta dei tre partiti rivoluzionari e loro alleanza con i movimenti rivoluzionari africani, non erano soltanto il risultato di una tattica di lotta, quant’anche il prodotto della conoscenza del fenomeno imperialistico e, in modo particolare, dell’imperialismo Usa. La loro lotta era quindi consapevolezza di trovarsi di fronte alle maggiori potenze economico-finanziarie del capitalismo internazionale. Si spezzava così l’ottica provinciale e isolazionistica dei precedenti indipendentismi africani e, soprattutto, si individuavano i pericoli nascosti dietro il “ripiegamento piccolo-borghese sul territorio assegnato al colonialismo agli stati formalmente indipendenti.

Il progetto di Amilcar Cabral si interrompe nel 1973. Le circostanze della sua morte non sono mai state chiarite definitivamente: Amilcar Cabral viene aggredito a Conakry nella notte del 20 Gennaio mentre sta rientrando a casa assieme alla moglie; secondo la ricostruzione ufficiale, a sparare è Inocencio Kani, membro del PAIGC, ma assieme a lui ci sono altri uomini appartenenti al partito della Repubblica di Guinea-Conakry. È dunque verosimile che Kani sia stato manipolato e sostenuto da questi ultimi e dalle più alte cariche portoghesi; nella stessa notte molti altri leader del PAIGC vengono arrestati ma vengono liberati quasi immediatamente su intercessione di Sékou Turé, Presidente della Repubblica di Guinea-Conakry, il quale era però sicuramente al corrente del progetto di aggressione. Con l’assassinio di Amilcar Cabral la guerriglia si intensifica e, a soli pochi mesi dalla scomparsa del leader, la Guinea-Bissau e Capo Verde ottengono l’indipendenza (10 Settembre 1973); ma, già nel 1970, durante un seminario tenutosi in Kazakistan, con queste parole Amilcar Cabral si diceva certo della vittoria del suo paese nella lotta anti-imperialista: “Com’è che noi, un popolo privato di tutto, vivendo una crisi profonda, siamo riusciti ad arrischiarci in questa battaglia e a raggiungere il successo? La nostra risposta è: perché Lenin è esistito, perché ha fatto il suo dovere di uomo, di rivoluzionario e di patriota. Lenin è stato e continua ad essere il più grande esempio di liberazione nazionale dei popoli”.