CETA : il Partito del Lavoro del Belgio lancia un appello ai parlamentari per respingere l’ultimatum

ceta stopda solidnet.org

Traduzione dal francese di Lorenzo Battisti per Marx21.it

La presa di posizione dei compagni del Partito del Lavoro del Belgio (PTB) sull’accordo raggiunto che rettifica la decisione della Vallonia di non firmare il CETA

C’è un progetto di accordo intra-Belgio per permettere al governo federale di firmare il Trattato di Libero Scambio con il Canada, il famoso CETA. Innanzitutto, questo progetto di accordo deve essere ancora approvato dai differenti Parlamenti (Vallone, di Bruxelles e Fiammingo, ndt). Se non sarà così, questo progetto di accordo non avrà alcun valore. Un nuovo ultimatum è arrivato: deve essere firmato nelle prossime 48 ore.

“Il Ptb lancia un appello ai diversi parlamentari del nostro paese, tanto ai sostenitore del CETA che ai suoi oppositori, perché assolvano ai propri doveri democratici e rigettino questo nuovo ultimatum. Un dovere democratico, che significa ascoltare le voci dei cittadini, che si ascolti allo stesso modo quella delle organizzazioni civiche nelle quali milioni di belgi sono organizzati, e tra le tante: le società mutualiste, le organizzazioni dei consumatori, i sindacati, le associazioni ambientaliste, le associazioni degli agricoltori e i movimenti dei cittadini.

Reclamano tutti un largo dibattito democratico sulle conseguenze di questo genere di trattato di libero scambio e ne hanno d’altra parte tutto il diritto. Permettete questo dibattito, lasciate che la democrazia si esprima e prendete il tempo per discuterne a fondo. E questo, tanto nell’interesse dei sostenitori del CETA che in quello dei suoi avversari” spiega il presidente del PTB Peter Mertens.

Rispetto per il Parlamento di Bruxelles e per quello vallone

“Grazie alla mobilitazione dal basso e al dibattito svolto già da due anni al Parlamento vallone, la discussione si è alla fine aperta al dibattito tra la società che merita questo trattato. Noi non dobbiamo rimuoverlo dal tavolo ora, né farlo passare in spregio dei parlamenti. Grazie alla resistenza dei parlamenti di Bruxelles e della Vallonia, è stata fatta più chiarezza sull’impatto enorme che può avere il CETA a livello di condizioni di lavoro, dell’agricoltura, dell’ambiente, delle cure della sanità e dei servizi pubblici. Noi vogliamo ringraziare i parlamentari valloni e di Bruxelles per aver aperto il nostro orizzonte e per aver fatto uscire questo dibattito dai saloni ovattati” aggiunge Peter Mertens.

Un nuovo ultimatum: delle promesse, ma poche garanzie

“Sono state fatte alcune piccole modifiche, ma quello che si presenta oggi assomiglia soprattutto a molte promesse a poche garanzie. Il principio dei tribunali speciali resta, ma la Commissione Europea ha promesso di “migliorarlo”. Una promessa senza alcuna garanzia affidabile. C’è anche la promessa di offrire più protezione agli agricoltori. Sono piccole modifiche arrivate grazie a una larga resistenza e al dibattito nella società, ma, fondamentalmente, l’accordo non è stato modificato. Non c’è alcuna ragione di fare passare questo accordo d’urgenza in 48 ore. Noi dobbiamo sapere quali sono le garanzie solide che possono essere ottenute sul piano giuridico e quello che invece non è altro che una promessa” reagisce ancora Mertens. “Inoltre, resta il fatto che sono tutte promesse quelle in merito a che i capitoli del CETA che riguardano l’ambiente e gli affari sociali semplicemente non sono vincolanti. Non si può agire per via giuridica”

Non piegarsi davanti all’enorme “lobbicrazia”

“Qualsiasi sia il rispetto che noi proviamo per il ministro-presidente Paul Magnette e per i Parlamenti di Bruxelles e della Vallonia, sarebbe un grosso danno piegarsi ora. Noi comprendiamo che la pressione è enorme. Tanto da parte della “lobbicrazia” delle grandi imprese, delle élite europee e da parte di larghi strati della socialdemocrazia europea. Non è d’altra parte la prima volta: abbiamo visto la stessa cosa quando il Trattato di Lisbona è stato imposto, dopo che la popolazione francese e quella dei Paesi Bassi l’avevano rigettato. E abbiamo osservato anche le pressioni che sono state esercitate l’anno scorso sul governo greco. Sono circostanze molto difficili ma è proprio sotto la pressione degli ultimatum di una politica di ricatto che pensiamo sia preferibile non curvare la schiena e rendere possibile un largo dibattito democratico” spiega Peter Mertens. “Per questo noi lanciamo un appello a tutti i parlamentari del nostro paese, tanto agli oppositori del CETA che ai suoi sostenitori, a non piegarsi e a rigettare l’ultimatum e a prendersi il tempo per rendere possibile in tutto il paese un largo dibattito democratico”

Si al commercio equo, no al libero commercio

“Noi siamo per il “commercio equo”, non per il “libero commercio”. L’allargamento del mercato europeo verso Est, nel 2004-2007, ci ha portato un’ondata di dumping sociale. L’allargamento del mercato canadese agli Stati Uniti e al Messico, attraverso il famoso accordo NAFTA, è costato milioni di posti di lavoro. Ha provocato dumping sociale ed ecologico. Questo tipo di accordi di libero scambio nuocciono fortemente alla democrazia. E tutti lo sanno: se si fa passare oggi l’accordo con il Canada, utilizzeranno questo precedente per fare passare l’importante accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, il famoso TTIP.” dichiara Mertens. “Noi vogliamo un altro tipo di accordi commerciali, con un commercio equo, dei prezzi giusti, delle garanzie di ferro per il progresso sociale ed ecologico, e il rispetto delle giurisdizioni democratiche nazionali. La società in senso lato ha diritto a questo dibattito.”