Crisi economica e manovra: uscirne si può?

E’ passata l’ennesima manovra economica lacrime e sangue, tutta, ancora una volta, sulle tasche già striminzite dei lavoratori dipendenti e delle categorie deboli.
A cosa serve? Ci rispondono, come sempre, che è necessaria per ripianare il debito pubblico ma è sotto gli occhi di tutti che l’economia italiana è asfittica e in fortissimo declino.
Nel decennio 1999-2009 la crescita è stata appena del 5%; c’è stato uno spostamento evidentissimo di reddito dai salari ai profitti.
L’Italia si è trovata a fronteggiare la crisi economica internazionale con questi numeri: PIL – 5%, industria -20%, export -19,1%, import – 14,5%, oltre 1 miliardo di ore di cassa integrazione, lavoro operaio -15%, lavoro parasubordinato -30%.
Il modello economico che ha preso forma negli ultimi 2 decenni in Italia non è solo un modello classista, predatorio ed ingiusto; esso è fallimentare ; il modello “Marchionne” è anzitutto un modello sbagliato e assolutamente inadeguato, poiché, pur restando dentro le compatibilità del capitale, per reggere la competizione globale è necessario REINVENTARE un diverso modello di sviluppo e sociale.
Il modello fondato sulla diminuzione dei salari e dei diritti è vecchio e del tutto superato rispetto ai tempi e al contesto generale.
Serve invece una società che investa in innovazione tecnologica e ricerca scientifica; che punti alla buona occupazione e all’aumento dei redditi; esattamente il contrario di ciò che sta avvenendo.
Per dare corpo a tutto questo lo Stato deve cambiare radicalmente la natura del proprio intervento nell’economia; deve rompere con quelle imprese che sono parassitarie, che non rischiano mai nulla, che non investono, che vivono di concessioni e svendite, che sono improduttive e speculatrici, che lucrano con l’economia illegale e sommersa e che derubano la nazione con l’evasione fiscale.
Lo Stato deve entrare nella nuova economia dello sviluppo sostenibile fondato sulla società della conoscenza; e ancora non è sufficiente: Lo Stato deve difendere i beni comuni; deve impedire che vengano svenduti e privatizzati (questo è ciò che hanno chiesto gli italiani con il voto referendario).
Finiamola dunque con il propinarci la falsa e ormai disgustosa ideologia della NEUTRALITA’ DELLO STATO!
Senza la propensione dello Stato verso il capitalismo italiano, quest’ultimo sarebbe scomparso sotto il peso della competizione internazionale.
Altro che Stato come “freno fatto di lacci e lacciuoli” come vogliono farci credere! E’ vero esattamente il contrario.
La dialettica non è tra Stato e Mercato o tra Pubblico e Privato; la dialettica è tra le classi.
E’ l’esito di questo rapporto tra le forze sociali a determinare la natura vera dello Stato nell’economia.

Marina Alfier
Comunisti Italiani – Veneto orientale
Associazione MARX XXI Venezia