Un calcio ai poveri. Editoriale

di Marco Pondrelli

Nel giorno di Natale tutti siamo più buoni compreso il governo. Purtroppo a differenza di quello che succede nel famoso film natalizio di Frank Capra, questo esecutivo è molto buono con i ricchi e meno con i poveri.

La decisione di limitare il reddito di cittadinanza è indicativa della politica del centro-destra. Al provvedimento del governo Conte possono essere fatte molte critiche, a partire da quella di avere unito politiche attive e di assistenza, ma comunque il R.d.C. è stato un tentativo di dare una risposta al drammatico problema della povertà in Italia. Dopo la crisi del 2008 è arrivato il Covid e oggi c’è il conflitto ucraino, di fronte a tutto ciò questa maggioranza colpevolizza i poveri, chi è disoccupato lo è perché non ha voglia di lavorare.

È una politica classista quella di questo governo che toglie ai poveri per dare ai ricchi, l’esempio più odioso è quello che riguarda le società di calcio.

Una settimana fa si è chiuso il mondiale, scarsa attenzione è stata dedicata ai morti sul lavoro durante la costruzione delle infrastrutture, i telecronisti rai non perdevano occasione per magnificare la bellezza degli stadi che ospitavano le partite, siamo convinti che essi siano vere e proprie opere d’arte ma ricordiamo che migliaia di operai sono morti nel costruirli e ricordiamo anche che in Qatar questa non è un’eccezione. Faceva quasi tenerezza sentire in telecronaca parlare di ‘risvolti politici’ delle partite, senza mai premurarsi di dare significato alle parole che si usavano.

Dall’altra parte la politica, come dimostrato dall’editoriale di Francesco Galofaro della scorsa settimana, era poco attenta rispetto alle condizioni del lavoro in quel Paese, con l’ex vicepresidente del Parlamento europeo (lo stesso che un giorno sì e uno no condanna la Russia) che ne magnificava la legislazione sul lavoro.

Finito il mondiale possiamo nuovamente concentrarci sul campionato di calcio. Per capire l’importanza di questo sport in Italia basta guardarne l’albo d’oro, per accorgersi che neanche la Seconda Guerra Mondiale fermò il campionato che è proseguito fino al 1943, dopo l’8 settembre vista l’impossibilità di giocare un campionato unico nazionale il calcio proseguì su base locale, basti pensare che nella Roma occupata, quella raccontata da Rossellini in ‘Roma città aperta’, c’era un regolare campionato con 10 squadre. L’attaccamento del popolo italiano a questo sport fu lo strumento che la destra fascista utilizzò negli anni ’80 per costruire un rapporto con parte del mondo giovanile, con le curve che si riempivano di svastiche e croci celtiche senza creare fastidio a molti giornalisti, dirigenti e calciatori.

In questo quadro si spiega la scelta del governo di aiutare le società sportive. I club di serie A devono pagare 889 milioni di ritenute IVA e lo potranno fare in 60 comode rate (ovverosia in 5 anni) con una sanzione del 3%, ‘il sole 24 ore’ del 23 dicembre ha commentato che questo è un tasso che ‘nessun imprenditore, artigiano o commerciante riuscirebbe a strappare in banca se dovesse chiedere un prestito magari solo per far fronte al caro bollette‘. Sia ben chiaro che finanziare lo sport non è un errore, ma va finanziato lo sport dilettantistico non club che si sono trasformati in aziende, sia grazie ai diritti televisivi e in alcuni casi sia grazie a stadi la cui costruzione è stata legata a ingenti speculazioni edilizie.

La schizofrenia del sistema calcio è il segno di un mondo diviso fra la volontà di presentarsi come un’industria, per poi chiedere aiuti di Stato per salvare quello che magicamente torna ad essere un gioco. La verità è che del ‘goal’ di Umberto Saba o dello spettacolo sacro di cui parlava Pier Paolo Pasolini non è rimasto nulla. Mentre la politica aiuta i super ricchi del pallone la magistratura sta indagando sui bilanci di importanti società sportive, il pessimismo della ragione porta a pensare che come altre volte cambierà poco. Nei primi anni ’80 lo scandalo scommesse scoperchiò un malcostume che era ben radicato, pagarono in pochi e le cose continuarono allo stesso modo, agli inizi degli anni 2000 scoppiò lo scandalo delle plusvalenze ma anche in quel caso il problema venne risolto aiutando le società sportive ed infine l’ultimo scandalo scoppiato nell’estate del 2006 venne sommerso dalla vittoria dell’Italia ai mondiali.

Eduardo Galeano disse che per spiegare la felicità a un bambino bastava dargli un pallone e farlo giocare, forse per un bambino è vero ma per un Presidente di club è meglio staccare un assegno.

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