Referendum contro la guerra, proviamoci. Editoriale

di Marco Pondrelli

Il conflitto ucraino prosegue e da oltre un anno l’unica strada che l’Occidente è stato in grado di intraprendere è solo l’invio di armi. I Leak del Pentagono, a prescindere dal fatto che siano stati manipolati o meno, rilevano, fra le altre cose, due elementi: il primo è che gli Stati Uniti continuano a spiare i proprio ‘alleati’ (casomai qualcuno avesse avuto dei dubbi) dimostrando al mondo qual è il rispetto della sovranità nazionale a Washington, inoltre il secondo punto che emerge è che l’Occidente ha svuotato i propri arsenali è ricostituirli sarà impresa lunga. A fronte di un Occidente che ha inviato quantità spaventosi di armamenti i mezzi d’informazioni continuano ad attribuire ai soli russi tutte le distruzioni, anche quelle compiute su territorio controllato da loro. Un chiaro esempio di deficit logico.

Le armi che continuiamo ad inviare allontanano la pace e creano più morti e distruzione, gli Stati Uniti potrebbero fermare la guerra domani mattina se si impegnassero a non espandere la Nato in Ucraina ma evidentemente per loro questo obiettivo va perseguito fino all’ultimo ucraino.

Per l’Italia questa guerra vuole dire anche un forte rallentamento dell’economia già provata dalla pandemia e prima ancora della crisi del 2007-08. La situazione della sanità italiana è prossima al collasso, chi deve prenotare una semplice visita sa quali sono le liste d’attesa, l’inflazione continua ad aumentare mentre i salari ristagnano. È una situazione sempre più insostenibile perché non c’è consenso popolare rispetto alle scelte di guerra fatte dal Governo Draghi e confermate, in perfetta continuità, dal governo Meloni.

I sondaggi d’opinione continuano a sostenere che la maggioranza degli italiani sono contrari all’invio di armi e pensano che con la Russia si debba dialogare, sono argomentazioni di buon senso e non servono i sondaggi, basta entrare in un bar per capire che sono maggioritarie nel Paese. Questo scollamento fra paese reale e paese legale è grave e dovrebbe preoccupare anche la politica, ci si chiede che senso abbia votare o partecipare alla vita politica se le decisioni non dipendono dalla volontà popolare. C’è da stupirsi quando alle recenti elezioni regionali ha votato meno della metà degli aventi diritto? Assolutamente no! Nello stesso momento in cui gli elettori sono chiamati a votare gli si dice che su alcune materie (che sono quelle fondamentali) il loro voto e la loro scelta non hanno valore.

In questa situazione di crisi economia e di grave problema per la tenuta democratica del Paese, la scelta di raccogliere le firme per un referendum abrogativo che cancelli le norme che permettono all’Italia di rinviare armi all’Ucraina è una battaglia da combattere fino alla fine. La prima sfida sarà la raccolta delle firme, a parte poche testate giornalistiche la raccolta sarà boicottata, questo richiederà un lavoro ancora maggiore sia sui territorio che online. Dovremo lavorare per far sapere che c’è questa possibilità, tra l’altro si potrà firmare il referendum anche con lo SPID, facendolo quindi online, e questo sarà un grande aiuto per arrivare al traguardo delle 500 mila firme. Ci saranno altri due ostacoli, quello della Consulta che dovrà stabilire l’ammissibilità dei quesiti e, una volta indetto il referendum, il raggiungimento del quorum. Una battaglia dura ma che va combattuta. Tra l’altro sforzo cinese per costruire una via per la pace rafforza il nostro sforzo perché dimostra che l’invio di armi non è l’unica soluzione. È il segnale più forte che dimostra che non siamo soli in questa lotta.

Questo impegno permetterà anche di dare vita sul territorio a comitati nei quali è necessario unire le tante forze contrarie alla guerra. Sappiamo benissimo che molti di coloro che si oppongono all’invio di armi non hanno la nostra stessa visione sulla pericolosità dell’imperialismo statunitense o sul ruolo di Russia e Cina, non di meno oggi dobbiamo essere in grado di unire queste opzioni diverse per un obiettivo comune. La nascita di un forte movimento per la pace è l’unica soluzione per dare voce alla stragrande maggioranza di italiani sistematicamente ignorati dalla politica guerrafondaia. Di fronte a questa prospettiva non si può tergiversare, chi è contro la guerra deve fare la battaglia per la pace fino in fondo e senza ambiguità, da parte nostra dobbiamo tenere le porte aperte a chiunque voglia fare guerra alla guerra, come si diceva ai tempi dell’invasione dell’Iraq ‘senza se e senza ma’.

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