Niente di nuovo sul fronte orientale?

di Marco Pondrelli

La crisi ucraina è scomparsa dalle prime pagine dei giornali e le trasmissioni televisive hanno riconvertito i propri palinsesti che erano interamente dedicati ad essa. Dopo il covid e l’Ucraina i soliti noti sono pronti a diventare esperti di altri argomenti. Purtroppo nessuno ha trovato il tempo per riflettere criticamente su tutte le affermazioni fatte, ci avevano detto che la Russia era impantanata e l’avventura militare era fallita, inoltre dopo pochi giorni Mosca disperata aveva chiesto aiuto alla Cina per essere sostenuta ma il no di Pechino aveva decretato la fine di Putin e di tutta la Russia. A differenza di quanto affermato dai giannizzeri del pensiero unico le cose stanno andando in modo molto diverso. La Russia non ha mai avuto intenzione di conquistare tutta l’Ucraina, sarebbe stato folle provare a farlo con un numero di soldati inferiore a quello del nemico, l’obiettivo era il sostegno alle Repubbliche popolari e lentamente ma inesorabilmente l’esercito sta avanzando in questa parte di territorio.

Le milizie ucraine di chiara ispirazione nazista stanno cadendo una dopo l’altra, la denazificazione non era vuota demagogia ma aveva una motivazione politica, eliminare la parte più oltranzista e pericolosa del governo ucraino, cosa che paradossalmente darebbe anche più spazio di manovra al Presidente attuale.

È indubbio che le sanzioni stiano colpendo la Russia ma se guardiamo al quadro generale le preoccupazioni non dovrebbero essere presenti solamente al Cremlino. Giovedì 7 luglio ‘il sole 24 ore’ titolava: ‘Fallimenti, 100mila imprese a rischio’, nell’articolo a firma di Luca Orlando si poteva leggere che ‘le 100mila aziende in pericolo danno lavoro a 831mila addetti e hanno un indebitamento complessivo di 107 miliardi, con un impatto evidente sul sistema creditizio’, una situazione drammatica resa ancora più inquietante da quest’ultima affermazione sul potenziale impatto rispetto al sistema creditizio. Questo vuole dire che la crisi colpirà il sistema Italia nel suo complesso. La conseguenza politica di tutto ciò è una caduta di consensi del governo, il quale, a suo tempo salutato come la salvezza della Patria, è incapace di mettere in campo qualsiasi politica anticiclica, oltre ad essersi avvitato in una folle politica bellica.

Non vanno meglio le cose a Johnson nel Regno Unito, colui che voleva esautorare Putin per poi portarlo davanti ad un tribunale internazionale esce di scena. Boris Johnson paga non solo i tanti scandali che direttamente o indirettamente lo hanno coinvolto ma anche la fallimentare strategia seguita rispetto alla situazione ucraina, pensare che il problema potesse essere risolto con le armi e non con la diplomazia ha chiuso il quasi ex Primo Ministro in un vicolo cieco, con un’inflazione che sta per arrivare alla doppia cifra.

In Francia Macron dopo essere stato eletto Presidente dalla minoranza dei francesi ha perso le elezioni legislative, che hanno visto un’ulteriore avanzata di Mélenchon. All’inizio della crisi la lettura era che gli USA erano i veri vincitori della guerra, si può discutere se ciò sia vero (e probabilmente non lo è) ma sicuramente il Presidente Biden non sta vivendo un buon periodo, il suo consenso è ai minimi e se c’è una persona meno popolare di lui in America è la vice Presidente Kamala Harris. Le elezioni di novembre vedranno molto probabilmente una netta vittoria del Partito Repubblicano che è oramai egemonizzato dall’ex Presidente Trump.

Ciò che emerge guardando al quadro globale è un’Occidente sempre più in difficoltà. Nella bella e riuscita festa di Marx21 che si è svolta a Bologna abbiamo dedicato un dibattito alla presentazione del libro ‘in difesa della Yugoslavia‘, se ripensiamo alla destabilizzazione dei Balcani ci torna alla mente un mondo unipolare in cui gli Stati Uniti potevano impunemente intervenire contro stati sovrani per poi ucciderne i rappresentanti. Oggi il mondo è cambiato, prima gli Stati Uniti ed i loro vassalli lo capiscono meglio è per loro. Gli autoproclamati grandi del mondo hanno appena salutato come una conquista l’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, ingresso tra l’altro pagato sulla pelle dei curdi, qualcuno avrebbe fatto bene ad ascoltare con più attenzione le parole di Medvedev ‘l’adesione alla NATO di Svezia e Finlandia – almeno nella forma annunciata – rappresenta per la Russia una minaccia minore rispetto all’ammissione dell’Ucraina […] attualmente non abbiamo dispute territoriali con questi Paesi e non ne prevediamo, non ci sono ragioni per averle. Se si sentono meglio e più sicuri entrando nell’alleanza, che lo facciano’. Questi due paesi avevano già stretti rapporti con la Nato, gli equilibri nel vecchio continente non sono cambiati mentre la sensazione sempre più concreta è che l’India sia uscita dai radar statunitensi, un evento che avrà una portata strategica molto più importante dell’allargamento della Nato. Un quadro di tale complessità si governa solo in un mondo multipolare, quello che l’Occidente non capisce (o non vuole capire) è che non può più essere il gendarme unipolare del mondo. Detto in altri termini gli Stati Uniti devono accettare, come gli suggerisce neanche tanto implicitamente Kissinger, che in Ucraina hanno perso, una sconfitta ancora più grave di quelle subite in Afghanistan, in Iraq, in Libia e in Siria.

Cosa vuole fare in questo quadro l’Italia? Siamo sicuri di volere continuare la nostra guerra contro Putin? Lo scontro con la Russia è nei nostri interessi? I dati sono quelli che il quotidiano di Confindustria ha squadernato senza pietà. Chiediamoci cosa succederebbe in una situazione già drammatica, se in autunno fosse la Russia a chiudere i rubinetti del gas, il nostro Paese precipiterebbe nel caos con milioni e milioni di nuovi disoccupati e di poveri. Come abbiamo avuto già modo di affermare purtroppo manca un movimento organizzato in grado di mettere in cambio una battaglia efficace. Come Marx21 sosteniamo la necessità di creare un fronte ampio di forze, non solo comuniste, che metta al centro della propria politica la lotta per la pace e per il lavoro. Questa battaglia deve avere le proprie radici ancorate nell’idea di un mondo multipolare, che rappresenterebbe la possibilità di ampliare gli spazi democratici e di costruire politiche sociali progressiste. Continuiamo a chiederci cosa si stia aspettando.

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