L’informazione va alla guerra

di Marco Pondrelli

Ad una settimana dal vile attentato contro Daria Dugin si può dire che assieme alla figlia del filosofo sia morta l’umanità. Nei commenti della stampa italiana si è letto un sottile compiacimento per l’attentato, tanto da arrivare a nascondere le parole del Papa di commozione e condanna (parole che hanno tra l’altro provocato le ire di Kiev). Come al solito i messaggi che vengono mandati sono contraddittori, prima si dice che Putin non è riuscito ad evitare l’attentato e poi che esso è opera dei servizi segreti russi, la confusione regna sovrana.

Non abbiamo letto articoli sugli haters, eppure i social sono ribolliti di commenti compiaciuti per la morte di Daria ed allo stesso tempo dispiaciuti per la mancata morte del padre. Dove sono quei giornalisti che pochi anni fa si stracciavano le vesti per il linciaggio morale subito da Benetton dopo il crollo del ponte Morandi? Probabilmente sono troppo impegnati a difendere Sanna Marin anche se non si sa bene da chi visto che in Italia non si ha notizia di attacchi contro di lei.

Abbiamo già detto che le idee di Dugin sono lontane dalle nostre non essendo egli un marxista, siamo però rimasti allibiti dall’atteggiamento di parte della stampa e della politica italiana. Di fronte a questi atteggiamenti non si pone solo un problema di umanità ma un più ampio problema politico. Si dice che Dugin sosteneva una guerra di aggressione e quindi è corresponsabile di molte morti, premesso che sono stati molti gli intellettuali che negli anni in Italia hanno sostenuto molte guerre ingiuste (Iraq o Libia tanto per fare degli esempi) che hanno causato milioni di morti, non crediamo che la strada della vendetta sia compatibile con l’idea di democrazia. Però c’è un ragionamento ancora più forte da contrapporre a questo, ovverosia i bambini in Ucraina muoiono dal 2014 (300 secondo l’OSCE) cosa dicono i nostri opinionisti su questo? Cosa dicono dei bambini palestinesi che vengono uccisi dall’esercito israeliano? Perché non si da alla Palestina lo stesso spazio che su Tv e giornali viene dato all’Ucraina? Perché quando si solleva una critica ad Israele si viene accusati di antisemitismo (evidentemente da chi non conosce il senso di questa parola) e se si critica Putin non si viene accusati di russofobia?

La risposta è semplice, perché siamo in guerra e la nostra è un’informazione di guerra. Gli spazi di democrazia continuano a restringersi e non ci si venga a dire che il pericolo è la Meloni perché l’unica differenza fra la destra e la sinistra è che la destra rivendica le sue scelte mentre la sinistra nasconde le peggiori politiche ad esempio contro immigrati (vedi Minniti), sotto la retorica del buonismo. Dobbiamo sapere fin d’ora che i prossimi anni vedranno aumentare la repressione a partire dai luoghi di lavoro (abbiamo seguito con preoccupazione la vicenda dei sindacalisti incarcerati prima dell’estate per le loro battaglie nel comparto della logistica) per arrivare alla limitazione di qualsiasi altro spazio di democrazia.

Sarà necessario unire le forze nei prossimi anni e per farlo dobbiamo sapere prendere spunto dai nostri nemici. Trump nel 2016 vinse le elezioni con tutto il mainstream contro e lo fece sapendo utilizzare canali d’informazione alternativi. Se lo fa la destra dobbiamo provare anche noi unendo le nostre forze. Sappiamo che la nostra più grande forza sono le contraddizioni interne alla società in cui viviamo e sappiamo di non essere soli in questa battaglia.

Quando si parla della Russia isolata o della comunità internazionale che sanziona Mosca dobbiamo ricordarci che questa comunità conta circa il 15% della popolazione mondiale, gli Stati Uniti si ritengono la nazione prescelta da Dio per diffondere, anche militarmente, la democrazia liberale, e i paesi che li seguono probabilmente ritengono di essere stati scelti come vassalli dallo stesso Dio. Purtroppo per loro nel mondo ci sono stati come la Cina che non la pensano così e che stanno cambiando gli equilibri mondiali. Noi in Italia difendiamo queste battaglie, sapendo che una sconfitta degli Stati Uniti aiuterebbe una crescita complessiva del nostro Paese, un mondo pacificato sarebbe un mondo più prospero. In questi giorni abbiamo assistito all’aumento vertiginoso del prezzo dell’energia, notiamo la contraddizione di chi si lamenta di questa ma poi chiede una linea ancora più dura verso Mosca, la soluzione non è la guerra l’unica soluzione percorribile e la via diplomatica, essa garantirebbe non solo la fine delle sofferenze per le popolazioni civile (ed in Donbass soffrono da otto anni) ma anche la possibilità di evitare una pesante crisi economica. Pochi giorni fa il financial times ha avvertito che sta partendo la speculazione contro il debito pubblico italiano, ai politici che promettono le ‘magnifiche sorti e progressive’ sotto il cappello dell’agenda Draghi facciamo presente che se non si riapre un dialogo con Mosca andremo di fronte ad una crisi di proporzioni drammatiche.

Continueremo a ripeterlo ben oltre il 25 settembre il no alla guerra è la nostra priorità perché solo con la pace si può costruire la giustizia sociale.

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