
di Marco Pondrelli
Questo editoriale è sospeso fra due date importanti. Il 21 gennaio abbiamo ricordato i 104 anni dalla fondazione del Partito Comunista, come direttore del sito ho partecipato ad un interessante dibattito a Livorno organizzato dal PCI, è stata l’occasione per discutere e riflettere sulla storia di un glorioso Partito la cui storia è segnata da grandi conquiste ma anche da grandi errori, che hanno portato al suo scioglimento.
La nascita del Partito Comunista fu segnata, l’anno successivo, dall’insediamento del governo Mussolini che di lì a poco avrebbe spianato la strada alla dittatura fascista. In questo nostro periodo storico si parla nuovamente di fascismo ma lo si fa molto male, riducendo la sua affermazione o alla megalomania di un pazzo o al trionfo della pura violenza. Non c’è nel dibattito italiano un’analisi di classe di quelle che furono le cause del fascismo. Come bene ha scritto Clara Mattei il fascismo rappresentò una reazione alle istanze sociali, che in Italia erano state alla base del biennio rosso. Il fascismo fu il ritorno dell’austerità, un attacco feroce e violento (con la compiacenza di tanti ‘sinceri democratici’) alla classe operaia italiana. I comunisti in Italia rappresentarono l’unica reale risposta, perché erano l’unico Partito che metteva al centro il lavoro e le masse lavoratrici. Lo stesso Partito socialista diviso fra massimalismo e riformismo fu incapace di articolare una proposta di lotta che non fosse la richiesta di aiuto alla polizia.
La lotta dei comunisti ebbe momenti di grande difficoltà ma la Resistenza fu la prova della loro capacità organizzativa e del loro radicamento popolare. Di fronte ad una politica che unisce nella condanna nazismo e comunismo, è necessario condurre anche una battaglia teorica per spiegare che non è vero che il liberalismo è l’unica strada percorribile. È solo comprendendo la capacità dei comunisti di radicarsi nelle masse operaie e di sviluppare analisi al passo con la realtà, che si può capire l’importanza dell’esperienza comunista e il suo insegnamento che parla anche a noi e alle nostre difficoltà. Da anni i comunisti ed in generale la sinistra non sono più punto di riferimento del mondo del lavoro ed anche le battaglie che in alcuni settori vengono portate avanti (in particolare nella logistica) non hanno una rappresentanza politica.
La seconda data che vogliamo ricordare cade lunedì ed è la giornata della memoria, nella quale si ricorda la liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa. Mentre destava scandalo la possibilità che un criminale come Netanyahu potesse non essere invitato alla commemorazione (per via del mandato d’arresto) nessun problema solleva in fatto che nessun rappresentante della Federazione Russa sia presente, ovverosia non vengono invitati gli eredi di chi ha avuto fra i 25 e i 30 milioni di morti per sconfiggere il nazifascismo. In compenso dovremmo sorbirci patetici e pericolosi paralleli fra Hamas e il nazismo e fra Putin e Hitler, con Zelensky e il battaglione Azov a glorificare la sconfitta di quelli che nel loro Paese sono considerati eroi.
Questi due date ci mettono di fronte alla necessità di riconquistare la nostra memoria, dopo decenni di veltronismo pronto a incensare i ragazzi di Salò e venuto il momento di urlare con forza che il fascismo non è il non politicamente corretto, che il fascismo non è il negazionismo climatico o la semplice affermazione che i generi sono due, il fascismo è l’attacco al mondo del lavoro portato dalla finanza, il fascismo è l’accettazione della guerra come consustanziale alla politica, essere antifascisti e comunisti oggi vuole dire lottare per la pace e al fianco della classe operaia. In questi giorni si stanno svolgendo e stanno per avviarsi i congressi del PRC e del PCI speriamo che queste idee trovino terreno fertile e speriamo che nelle pur legittime differenze, i comunisti sappiano trovare la strada giusta per costruire un grande movimento di lotta nel nostro Paese.
Unisciti al nostro canale telegram