
di Marco Pondrelli
Mentre l’Italia si divide sui deputati pistoleri o pistoloni e tenta di capire perché un personaggio che scimmiotta la destra americana difendendo l’uso delle armi sia finito in Parlamento, il mondo continua a danzare sull’orlo del baratro. Quello che si sta consumando contro i palestinesi a Gaza (o meglio quello che ne rimane) ricorda le peggiori pagine della storia, abbiamo pubblicamente preso le distanze dal discorso del Presidente Mattarella incapace di condannare con lo Stato d’Israele per il genocidio che sta compiendo.
Al massacro di un interno popolo si è aggiunta la strage di Kerman, che segue l’assassinio di Saleh al-Arouri e di Razi Mousavi. La strage di Kerman è stata compiuta sulla tomba del generale Soleimani (per il cui omicidio oltre a Trump e Salvini esultò l’Isis) nell’anniversario della sua morte. Se un attentato di proporzioni simili fosse avvenuto in Israele avremmo avuto schiere di politici e giornalisti in pianto pronti a sostenere qualsiasi reazione dal parte del governo Netanyahu, trattandosi dell’Iran la notizia è appena più importante delle vicissitudini della Ferragni.
L’attacco è stato rivendicato dall’Isis, la domanda a cui dobbiamo rispondere è perché l’Isis organizzerebbeu un simile attentato. In Italia dove si continua a guardare le cose con un misto di superficialità, ignoranza e fervore ideologico mettendo nello stesso calderone Isis, Hamas e Iran, saremmo autorizzati a chiederci perché l’Isis compie un attentato contro i propri ‘alleati’. Ovviamente questa domanda nessun giornalista o politico se la porrà, così come è inutile aspettarsi un’analisi seria di quello che sta succedendo e potrebbe succedere in quest’area di mondo.
Vali Nasr per primo ha parlato di mezzaluna sciita alludendo al rapporto sempre più stretto fra Iran, Libano, Siria e Iraq. Oggi il ruolo dell’Iran e degli sciiti (definizione sempre da intendere con un’accezione politica e non religiosa) è oggettivamente anti imperialista, e la recente storia ci spiega perché. La guerra in Siria si poggiava sui soldi sauditi, sulla logistica turca (prima dell’ennesima giravolta di Erdogan) e sulla manovalanza dei terroristi dell’Isis, il tutto, come denunciato fra gli altri da Julian Assange, sotto la regia statunitense con l’allora paladina della sinistra fucsia Hillary Clinton.
Il ruolo dell’Isis era ben incardinato dentro questa guerra contro gli sciiti, l’Isis non ha mai attaccato Israele ha sempre e solo attaccato la parte più avanzata del fronte musulmano, forte del sostegno israeliano e statunitense (ampiamente documentato). Il fatto che questa organizzazione terroristica ricompaia oggi è significativo del fatto che ci siano Stati o alcune parti di essi che hanno intenzione di estendere il conflitto per colpire l’Iran. Alcuni giornalisti italiani probabilmente non capiscono neanche la gravità delle parole che scrivono o pronunciano quando invocano una guerra contro l’Iran. Un simile conflitto rischierebbe di non restare confinato a un livello regionale ma di deflagrare a livello mondiale, oggi è questo il vero problema a cui siamo di fronte non quello dell’antisemitismo. L’antisemitismo (peraltro prodotto della ‘superiore’ cultura occidentale) è un pericolo da combattere con tutte le forze ma è paradossalmente più forte in Europa che non in medio oriente, laddove gli ebrei non sono attaccati perché semiti (come gli arabi) ma perché occupanti.
Premesso che all’Iran, come alla Russia o alla Cina o a chiunque altro possono essere rivolte delle critiche, dobbiamo constatare che se ad oggi il conflitto non è deflagrato è solo per il senso di responsabilità mostrato da Teheran che non sta candendo nelle provocazione dei signori della guerra. L’Iran sta tentando di stabilizzare la regione, l’accordo, mediato dalla Cina, con l’Arabia Saudita è stato un importante tassello di questa strategia. Sottolineiamo che entrambi i Paesi sono pronti ad entrare nei Brics, questo può aiutare la distensione fra essi. In molti scenari Iran e Arabia Saudita sono su fronti diversi: dalla Siria, al Libano per arrivare allo Yemen, un accordo complessivo potrebbe portare a raffredare tutti questi fronti, inoltre una stabilizzazione dell’area in prospettiva potrebbe aiutare la causa palestinese. Quello che sta succedendo nello stretto di Bab el-Mandeb con gli Huthi che colpiscono le navi dirette in Israele è significativo. Il ruolo degli Huthi in Yemen è sicuramente agevolato dal raffreddamento del fronte interno yemenita, è evidente che i sauditi non possono attaccare chi sta combattendo contro Israele.
Quello che succede in questa martoriata regione del mondo è solo un atto del conflitto più ampio che si sta consumando. Lo scontro mondiale vive e prospera sulla mancanza del diritto internazionale, da esso si può uscire solo in due modi: con una guerra globale nella quale non sarebbe escluso l’utilizzo di ordigni nucleari, o con un accordo globale che tracci i confini di un nuovo ordine mondiale. Se guardiamo alla miseria politica presente oggi in Italia ci compiaciamo del fatto che il nostro Paese abbia un ruolo insignificante, sono altri gli attori che possono guidare il mondo verso la pace, e non stanno in Occidente.
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