La strage continua. Editoriale

di Marco Pondrelli

La strage nella centrale di Suviana ha rimesso, probabilmente per pochi giorni, al centro del dibattito politico la sicurezza sul lavoro. La cifre dei morti sul lavoro in Italia mostrano una situazione oramai fuori controllo. È un tema che dovrebbe essere affrontato prima delle stragi, prima dei morti ma che riceve sempre scarsa attenzione. Ad oggi non sono ancora chiare la cause e le responsabilità, non si può però tacere che le politiche sul lavoro degli ultimi anni che hanno precarizzato e tolto diritti, sono alla base del dramma che quotidianamente si consuma. È difficile chiedere maggiori tutele sul posto di lavoro quando si sa che alla fine del mese il proprio contratto potrebbe non essere rinnovato. La grande modernità sbandierata anche e sopratutto a sinistra, è in realtà il ritorno all’Ottocento: bassi salari e zero tutele.

Una politica seria rimetterebbe al centro del proprio agire la questione salariale e la questione dei diritti, mentre purtroppo al centro del dibattito c’è la guerra e la necessità di armarsi, Borrell ha dichiarato che ‘la prospettiva di una guerra non è una fantasia’. Su ‘il sole 24 ore’ del 10 aprile Roberto Bongiorni informava che ‘il 2023 si è concluso con una spesa mondiale senza precedenti: 2.200 miliardi $. Ma non è finita. I bilanci del 2024 indicano spese ancor più rilevanti‘, l’obiettivo di portare le spese militari (che con un eufemismo chiamiamo per la difesa) al 2% del PIL è solamente un obiettivo intermedio, a breve si prevede di arrivare al 4%, l’articolo si concludeva con queste preoccupanti, ma veritiere, parole ‘qualunque sia la decisione presa dai Governi dei Paesi occidentali, su entrambe le sponde dell’Atlantico la nuova corsa al riarmo è ormai un processo irreversibile. Come sarà pagato lo si vedrà col tempo. Sicuramente con dei sacrifici‘.

L’Italia, per dimostrare il suo servilismo verso la Nato, ha inviato 3 mila uomini e 1100 mezzi in Polonia, nonostante la Presidente del Consiglio continui a dire cha la nostra priorità è il mediterraneo. Le prospettive di pace sono molto basse, sia in Palestina che in Ucraina, in questo secondo caso notiamo con stupore come in Svizzera si terrà una conferenza di pace senza la Russia, ci chiediamo con chi l’Ucraina parlerà di pace?

È incredibile come la nostra comunicazione sia in grado di fare passare messaggi contraddittori senza doverne rendere conto. Si chiedono più soldi da spendere per i controlli sulla sicurezza del lavoro, oltre a chiedere più soldi per la sanità, e nello stesso tempo si parla della necessità di armarsi per fare la guerra. La verità è che quelle sul sociale sono solo chiacchiere, sanità e lavoro non sono la priorità, la priorità e la guerra contro Russia e Cina. Se esaminiamo l’esperienza cinese vediamo come la classe lavoratrice stia migliorando la propria posizione, sia da un punto di vista salariale, sia da un punto di vista della tutela dei diritti, andamento esattamente opposto al nostro. Se dismettessimo le nostre scelte belliciste potremmo costruire una collaborazione con la Cina, se anziché uscire dal memorandum sulla via della seta, per poi tornare dai cinesi col cappello in mano, avessimo implementato quel progetto saremmo in una situazione migliore di quella attuale.

Ci stiamo preparando alle elezioni europee, sarebbe interessante sapere cosa pensano le tante liste che si presenteranno, o tenteranno di farlo, non solo dell’Europa ma anche della collocazione internazionale dell’Italia. Come possiamo aumentare le spese sociali e allo stesso tempo preparci alla guerra? È possibile invertire questo trend rimanendo fedeli ai diktat d’oltreatantico? Se non abbiamo il coraggio, come sinistra e come comunisti, di rimettere al centro del dibattito questi temi allora le lacrime per i morti sul lavoro resteranno lacrime di coccodrillo.

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