di Marco Pondrelli
Dopo l’attacco hacker che abbiamo subito in settimana riprendiamo il nostro lavoro. Tutto quello che si rovescia contro Marx21 quotidianamente, dagli insulti ai tentativi di boicottare il nostro lavoro, non ci demotiva ma ci convince ancora di più a proseguire per la nostra strada. Questo perché la situazione mondiale è sempre più preoccupante.
L’Iran la scorsa settimana ha reagito all’attacco che è stato portato contro la sua ambasciata da Israele, Massimo Cacciari ha affermato che quest’atto è degno di un Paese terrorista, l’unico precedente che ricordiamo fu quello del 1999 quanto gli Stati Uniti bombardarono ‘per errore’ l’ambasciata cinese a Belgrado. Un simile atto è un attacco diretto all’Iran ed ha un solo scopo, estendere il conflitto in tutta la regione. Va riconosciuto all’Iran di avere saputo tenere i nervi saldi in questi mesi, evitando di cadere nelle provocazioni. La risposta iraniana è stato un segnale molto chiaro che Teheran non ha intenzione di aumentare la tensione, se la dirigenza iraniana avesse voluto colpire più duramente Israele non avrebbe avuto problemi a farlo. Di fronte a tutto questo Israele ha subito affermato che ci sarebbe stata una reazione, che c’è stata anche se moderata. È evidente che il governo è diviso, con una parte che vorrebbe estendere il conflitto. Non illudiamoci che solo Netanyahu sia favorevole a questa opzione e che lo faccia solo per evitare il carcere, non ci sono solo le pochezze umane c’è un preciso disegno politico.
In un interessante libro del 2018 Dilip Hiro parlò della guerra fredda nel mondo islamico combattuta fra Arabia Saudita e Iran. Il conflitto è stato aspro negli anni scorsi, dalla Siria, al Libano per arrivare allo Yemen. Gli accordi di Abramo, promossi da Trump e proseguiti da Biden, avevano l’obiettivo finale di rendere possibile il riconoscimento di Israele e Arabia Saudita, mostrando così la volontà non solo di chiudere una volta per tutte la questione palestinese ma anche di incunearsi nel mondo islamico, dividendo ancora di più sauditi e iraniani. La politica estera di Israele poggia sulla divisione del campo avverso, una divisione che nel mondo arabo e islamico è presente dal 1948. Come abbiamo più volte ribadito la divisione fra sciiti e sunniti non è solo religiosa ma principalmente politica.
Questo progetto si è arenato, gli accordi di Abramo sono entrati in crisi e non dopo il 7 ottobre ma prima. La grande novità degli ultimi anni è stato l’accordo fra Iran e Arabia Saudita mediato dalla Cina. La Cina ha fatto pesare da una parte i suoi buoni rapporti con l’Iran e dall’altra la sua collaborazione economica con i sauditi, fondamentali per implementare la Vision 2030 che vorrebbe affrancare l’economia di Riyad dalla dipendenza del petrolio. Israele considera l’Iran il nemico principale è quindi vede la distensione fra i due paesi come fumo negli occhi, il ruolo della Cina sta però diventando sempre più importante e anche Tel Aviv non può pensare di ignorarla.
Mentre si sta consumando questo scontro i palestinesi nel disinteresse generale continuano a morire, la situazione a Rafah non è descrivibile con le parole. Ricordiamo che, anche se nessuno ne parla, Israele è alla sbarra per genocidio, se la stessa cosa fosse successa con la Russia ogni sera ci sarebbe un servizio sui nostri telegiornali per ricordarcelo (magari condito con qualche maratona). Facciamo fatica a trovare una parola diversa per descrivere quello che sta succedendo se non genocidio, peccato che il vecchio Occidente continui a guardare altrove.
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