La crisi degli Stati Uniti che lacera il mondo. Editoriale

di Marco Pondrelli

Il recente vertice fra Xi Jinping e Biden offre l’opportunità di un bilancio sulla situazione internazionale. È sicuramente positivo che in un periodo di grandi tensioni le due principali potenze del pianeta si parlino, non ci devono però sfuggire le gravi contraddizioni dentro le quali da decenni vivono gli Stati Uniti d’America.

La retorica sulla liberaldemocrazia assediata è sempre meno efficace, potrà irretire qualche sprovveduto nostrano ma anche in Italia mostra tutti i suoi limiti. La democrazia non è assediata è in crisi e non è in crisi per colpa di Putin o Xi Jinping, non sono stati cinesi o russi a produrre la diseguaglianza e la povertà che caratterizzano la nostra epoca. Una democrazia per essere tale deve tutelare i diritti sociali, un Paese nel quale sempre più persone non possono curarsi perché non hanno i soldi non è un Paese democratico. Una parte, purtroppo maggioritaria, della nostra stampa e della nostra politica è bravissima a girare per il mondo è condannare gli errori che altri Stati commettono ma è poco attenta alla situazione italiana e dell’Occidente collettivo, è il motivo per cui siamo prigionieri della contraddizione che ci fa paladini del bene e allo stesso tempo autori di Guantanamo.

Il modello liberaldemocratico è la ‘sovrastruttura’ dello scontro mondiale, in realtà quello che definisce il principio del XXI secolo è la lotta per l’egemonia mondiale. Quando dentro Rifondazione Comunista si parlava di un Impero mondiale governato da FMI, BM e G8 non si capiva che il nostro nemico non era un astratto potere multinazionale ma l’imperialismo statunitense, venuta meno la loro capacità egemonia gli Stati Uniti hanno spostato tutta la politica sulla forza militare. La grande finanza internazionale ha bisogno del più potente esercito del mondo.

L’aggressività verso il mondo esterno è allo stesso tempo un segnale delle grandi difficolta che gli USA vivono al proprio interno, la finanziarizzazione dell’economia ha lasciato il Paese senza un’industria manifatturiera, assieme alla grande ricchezza di New York o della Silicon Valley ci sono milioni e milioni di poveri. Gli Stati Uniti sono il Paese con la più grande popolazione carceraria del mondo, in stragrande maggioranza costituita da afroamericani. Paradossalmente nel 2016 fu un super ricco come Trump a dare voce ad una parte di questo malessere, come Obama prima di lui e come Biden dopo di lui anche il magnate newyorkese ha fallito, questo perché oramai la finanza ha conquistato un potere egemonico, quasi assoluto, e ha la forza di impedire anche le riforme più blande.

Questa crisi interna rende Washington incapace di visioni strategiche, quando l’Impero inglese percepì il proprio declino non scatenò una guerra mondiale ma passò lo scettro oltre oceano, gli USA oggi non sono intenzionati neanche a condividere una parte del proprio potere. Le crisi mondiali aperte, dall’Ucraina alla Palestina, dall’Africa al mar cinese meridionale prefigurano due possibili strade: o lo scontro totale, anche nucleare, o il dialogo propedeutico alla nascita di un mondo multipolare.

Un mondo multipolare in cui avesse una propria centralità il diritto internazionale sarebbe un mondo più sicuro, un mondo non perfetto ma sicuramente migliore di quello in cui si vive senza norma, definendo la politica internazionale solo rispetto ai rapporti di forza. Si potrebbe pensare che questi scenari poco influiscono sulle lotte italiane, si potrebbe pensare che i Brics non prefigurano un’alternativa di sistema. Sarebbe un errore credere che la nascita o meno di un sistema multipolare non condizioni anche la politica italiana. La svolta di Salerno fu per Togliatti e i comunisti il segnale che una vittoria del fascismo o una sua sconfitta non sarebbe stata indifferente per le sorti del movimento operaio italiano. Anche Stalin sapeva che gli Stati Uniti e l’Inghilterra non si erano convertiti alle idee comuniste, ma sapeva anche che una vittoria di Hitler sarebbe stato il male peggiore. Gli ultimi 30 anni hanno visto una forte limitazione dell’autonomia politica in Italia, la cosiddetta Prima Repubblica permetteva al nostro Paese un margine di manovra, ad esempio nei rapporti con il mondo arabo o con quello comunista, se riuscissimo a conquistare nuovi spazi di manovra i comunisti potrebbero rafforzarsi.

Come abbiamo sottolineato in passato è essenziale capire il nesso che c’è fra lotta anti-imperialista e lotta di classe, per fare questo è essenziale capire che la battaglia che stiamo combattendo non la combattiamo da soli, il ruolo della Cina è oggi fondamentale per costruire equilibri a noi più favorevoli.

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