La battaglia contro l’autonomia differenziata. Editoriale

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di Marco Pondrelli

Abbiamo dedicato due interviste, a Ugo Boghetta e Stefano Fassina, al tema dell’autonomia differenziata. Torniamo sull’argomento perché la raccolta firme per i quesiti referendari sta dando risultati molto incoraggianti. Se è oramai quasi certo che saremo chiamati a votare su questa ‘riforma’ è altrettanto vero che non bisogna farsi troppe illusioni sul referendum.

Innanzitutto non sappiamo ancora su quali quesiti saremo chiamati a pronunciarci. Le firme sono state raccolte su due testi, mentre il secondo non tocca in profondità il testo Calderoli, il primo potrebbe essere a rischio perché collegato alla legge di bilancio. Sarebbe un precedente pericoloso, perché potrebbe essere usato in futuro per limitare l’istituto referendario, una cosa è un referendum sulla legge di bilancio o su parti di essa, altra cosa un referendum su una riforma che riguarda anche il bilancio (ma sono poche le leggi che non hanno vincoli di spesa).

Una volta ammessi i quesiti avremo di fronte una dura battaglia, l’ottimo risultato sulla raccolta firma non deve quindi indurre facile ottimismi, anche perché, come ha affermato Ugo Boghetta, anche una vittoria non cancellerebbe il tema dell’autonomia differenziata che, grazie alla riforma del centro sinistra del 2001, è in Costituzione. Questo deve non solo metterci in guardia ma anche farci diffidare di alcuni improvvisati compagni di strada (il pd), che sono stati per anni grandi sostenitori dell’autonomia differenziata (l’Emilia Romagna assieme al Veneto e alla Lombardia chiese a suo tempo ulteriori competenze) e in generale del federalismo.

Dagli anni ’90 il nostro Paese ha vissuto una sbornia decentrativa. C’è però una contraddizione evidente, il federalismo è pensato per unire entità differenti. Alla voce ‘federare’ la Treccani scrive: ‘unire con patto federale’, in Italia si è scelto il federalismo per dividere ciò che era unito. Perché si fece questa scelta? Perché il federalismo era lo strumento per limitare lo Stato sociale e le tutele del mondo del lavoro, l’Europa delle regioni doveva essere governata dal mercato non dagli Stati. Reagan negli Stati Uniti ha combattuto una lotta feroce contro i poteri eccessivi dello Stato federale. Limitare i poteri dello Stato centrale non vuole solo dire creare un nuovo centralismo regionale ma è anche lo strumento per creare competizione al ribasso fra le regioni. Pensiamo al tema della sicurezza sul lavoro, qualche Presidente di regione (che con un americanismo che rifiutiamo vengono chiamati governatori) potrebbe avere la bella idea di limitare le tutele per attrarre investimenti. È solo un esempio dell’ulteriore smantellamento dello Stato sociale a cui rischiamo di andare in contro.

È necessario comprendere che alla base della lotta contro l’autonomia differenziata non c’è uno scontro fra accademici ma c’è un tema di classe, il federalismo è il mezzo per colpire il mondo del lavoro. Così come l’euro è stato lo strumento per sostituire alla svalutazione della moneta quella del lavoro, l’autonomia differenziata vuole esasperare questa lotta fra lavoratori all’interno dei confini nazionali. È quindi necessario impegnarsi nella battaglia contro la riforma leghista, sapendo che per vincere dobbiamo costruire basi di massa. Il rischio è che, se in futuro una simile riforma dovesse essere portata avanti da un altro governo, molti falsi oppositori potrebbero essere ridotti a più miti consigli.

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