Informazione di guerra. Editoriale

di Marco Pondrelli

È risaputo che la prima vittima della guerra è la verità, personalmente ricordo ancora quando durante l’attacco alla Jugoslavia nel 1999 il tg2 intervistò un sedicente psicologo che, nel commentare i disegni di alcuni bambini che si trovavano sotto ai bombardamenti, sosteneva che gli uccelli nel cielo rappresentassero per loro gli aerei della Nato che andavano a liberarli.

L’informazione sulla Russia non è mai stata delle migliori ma nelle ultime settimane è addirittura peggiorata, improvvisati esperti hanno dato il cambio ai virologi appalesandosi sulle televisioni per spiegarci che Putin vuole distruggere l’Ucraina per poi evidentemente conquistare il mondo, il tutto ovviamente senza fornire grandi argomentazioni. Le voci di dissenso sono zittite o ridicolizzate. Il primo bersaglio in ordine di tempo è stato Marc Innaro inviato rai a Mosca, contro di lui si è mosso financo il segretario del Pd per chiedere provvedimenti, evidentemente le pessime frequentazioni ucraine (Paese che non brilla certo per la libertà d’informazione) di questo Partito ne condizionano le posizioni sulla libertà di stampa. A Marc Innaro si contesta di avere espresso un’opinione (la Russia si è sentita minacciata dall’espansione ad est della Nato) in una trasmissione televisiva, opinione che personalmente trovo vera, se non lapalissiana. Se i vari Calenda, Mieli e Letta non sono d’accordo più che invocare sanzioni o allontanamenti argomentino le loro tesi.

In realtà a Innaro si vuole far pagare ben altro. Non piacciono in suoi servizi da Mosca, non piace che in passato egli abbia mostrato qualcosa che non fosse la repressione del ‘principale oppositore di Putin’, il mainstream ha costruito il nostro immaginario collettivo su quel Paese con Rocky IV, se pensiamo a quel popolo dobbiamo pensare a Ivan Drago e non certo ad Onegin o Tatiana. Questa narrazione non può essere messa in discussione. L’ultima perla arriva da un giornale torinese che in prima pagina pubblica la fotografia di una strage ucraina in Donbass e l’attribuisce all’esercito russo (ma l’ordine dei giornalisti…). Sono solo esempi in un mare di disinformazione, che però non raggiunge il proprio obiettivo se una fetta importante degli italiani continua a non credere nei media. È di questi giorni la notizia che a Pisa i lavoratori si rifiutano di caricare le armi che viaggiano nascoste fra gli aiuti umanitari, un importante segnale di una reale opposizione a questo Stato di guerra. Facciamo nostra la parola d’ordine dell’USB di Pisa “dalla Toscana ponti di pace, non voli di guerra!”.

Così come della Russia bisogna sempre parlarne male degli Stati Uniti bisogna sempre parlarne bene, è meglio evitare di far vedere la povertà, di parlare della condizione degli afroamericani (ora che Trump non è più Presidente) o di raccontare qualcosa della popolazione carceraria più numerosa del mondo, meglio fermarsi alle mille luci di New York e poi stupirsi del consenso all’estrema destra.

Marco Travaglio ha scritto su ‘il fatto quotidiano’: “ciò che affermano Spinelli, Fini e altri sul Fatto e Innaro alla Rai, per lo sdegno del Cretino Collettivo, lo sostengono da anni Romano, Caracciolo e perfino Kissinger. Tutta gente che ci vede benissimo perché non calza l’elmetto sugli occhi”. La verità è che quando ci si mette l’elmetto si vede solo quello che si vuole vedere, mi domando se nessuno ha nulla da osservare rispetto ad un telegiornale che manda in onda le immagini di un videogioco presentandole come immagini di guerra. Che sia stato un errore in buona fede non è una giustificazione, semmai un’aggravante.

Di fronte a tutto questo le singole voci non bastano più. Marx21 fa il suo lavoro così come altre testate, siti e piattaforme online, il futuro vedrà però ulteriormente ridursi gli spazi democratici. Dobbiamo quindi trovare il modo di unire le nostre forze, magari pensando ad iniziative comuni. Personalmente mi sento di proporre di costruire immediatamente una diretta online sulla crisi Ucraina, per offrire un punto di vista alternativo, potrebbe essere il momento per mettere a confronto esperti, politici e giornalisti per riflettere sia sulla crisi sia sul livello dell’informazione. Questa iniziativa va pensata come il punto di partenza per avviare un lavoro che possa tradursi in un impegno quotidiano ed anche nella nascita di un comitato contro la guerra che non sia spazio alle posizioni russofobiche.

È solo una proposta, è poco? Certamente, ma da qualche parte occorre incominciare.

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