Il voto e la guerra

di Marco Pondrelli

Il voto odierno arriva dopo una della più brutte ed insignificanti campagne elettorali della storia repubblicana. Nei prossimi giorni pubblicheremo le nostre analisi su queste strane elezioni, oggi ci limitiamo ad alcune riflessioni più generali.

La campagna elettorale non ha affrontato i veri problemi del Paese. Il Partito democratico è riuscito a rappresentare il peggio, dopo avere votato assieme alla Meloni, a Salvini e ad Orban la risoluzione dell’Europarlamento che equiparava nazismo e comunismo, dopo avere mandato i propri dirigenti a Kiev a prendere gli applausi dei neonazisti e dopo avere sfilato il 25 aprile assieme ai fan del battaglione Azov ha riscoperto l’antifascismo. Lo scarso successo dell’iniziativa li ha portati a riscoprire il voto utile che però al momento, soprattutto nel sud, sembra gli si sta ritorcendo contro con molti elettori intenzionati a convergere sui 5 Stelle. In soccorso del partito di Letta sono poi arrivati gli Stati Uniti con un curioso dossier da cui emerge che la Russia ha finanziato 24 paesi nel mondo, anche se non l’Italia ma questo non ha demotivato i tanti candidati del Pd nella loro ricerca del putiniano. Sommessamente ci chiediamo se i finanziamenti statunitensi e sauditi siano invece accettabili?

Con queste premesse la vittoria della destra sembra scontata, assieme a quella dell’astensionismo. La destra non rappresenta l’altra faccia della medaglia ma la stessa faccia della medaglia, sulle questioni essenziali (Euro, Unione europea, guerra) non ci sono differenze con il Pd e i suoi alleati. L’astensione rappresenta invece l’americanizzazione della politica italiana, la scarsa affluenza elettorale negli Stati Uniti non è un posizione politica degli elettori ma è la loro espulsione dal sistema e ad essere espulse sono le classi deboli e gli sfruttati, non certo i super ricchi di Wall Street.

Durante la campagna elettorale i riferimenti alla guerra ed alle conseguenze per l’Italia, che ‘il sole 24 ore’ ha individuato in ‘proteste sociali, desertificazione industriale, recessione’, sono stati scarsi. Pochi giorni fa Putin in un importante discorso alla nazione ha dichiarato la mobilitazione parziale, dicendosi pronto a riconoscere gli esiti dei referendum nelle 4 Repubbliche popolari, vuole dire che a breve queste potrebbero diventare territorio russo ed a quel punto gli attacchi ucraini, con armi occidentali, sarebbero attacchi contro la Russia ed avrebbero una risposta molto più dura di quella attuale.

Questo scenario apre due strade possibili: o la ricerca della via diplomatica o un’intensificazione del conflitto (in che termini è oggi difficile da prevedere). L’Italia in caso di espansione del conflitto sarebbe in prima fila, così come è già in prima fila a pagare le conseguenze economico-sociali, è quindi necessario abbandonare gli slogan atlantisti e prefigurare una via diplomatica. Siamo consapevoli che l’incardinazione del nostro Paese dentro il patto atlantico ne limita l’autonomia ma durante la cosiddetta prima repubblica avevamo una classe dirigenti capace di fare pesare, almeno in parte ed entro certi limiti, gli interessi del Paese. Acquista ancora più importanze quello che Marx21 ha detto all’inizio della campagna elettorale, per noi portare l’Italia fuori dalla guerra è la priorità.

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