di Marco Pondrelli
I tifosi nostrani sono già pronti a festeggiare la, secondo loro, imminente controffensiva ucraina, seduti sui loro comodi divani potranno esultare per le gesta eroiche dell’esercito di Kiev indifferenti ai costi umani che tutto questo provocherà. I governi occidentali, fra i quali quello italiano, continuano a mandare armi e soldi per prolungare la guerra e gonfiare le ruberie governative. Mentre gli Stati Uniti hanno un obiettivo strategico chiaro e definito, quello di portare la Nato ai confini russi, i paesi europei hanno fatto della retorica di guerra la loro strategia. Quando Giorgia Meloni parla di pace giusta ricorda lo slogan che Nixon utilizzò per vincere le presidenziali del 1968 ‘pace con onore’ che dietro non aveva alcun contatto con la realtà. Nel 1968 gli USA sapevano già da tempo che la guerra in Vietnam non poteva essere vinta ma allo stesso tempo non era per loro possibile ritirarsi, l’intervento statunitense fu allungato e allargato portando a più morti e maggiori distruzioni fino a quando Washington si ritirò lasciando che il Vietnam decidesse il proprio destino.
Le analogie fra i due eventi finiscono qui, perché gli USA ammisero la sconfitta quando, con un’abile mossa diplomatica, riuscirono a incunearsi fra Unione Sovietica e Cina. Nel loro momento di massima debolezza portarono un attacco fortissimo al cuore dell’alleanza comunista. Oggi le cose sono diverse, la Cina e la Russia non sono mai state così vicine e l’ultima visita di Xi Jinping a Mosca lo ha ampiamente dimostrato.
La Cina dopo avere rilanciato il dialogo fra Iran e Arabia Saudita, dialogo che contribuirà a stabilizzare l’area partendo dalla Siria, per arrivando allo Yemen, passando per il Libano, ha lanciato il piano di pace per l’Ucraina. È l’unico atto concreto che è stato prodotto in questi 13 mesi. Per proporre un accordo di pace servono due elementi: la volontà di pace e la forza economica e militare per essere ascoltati. Pechino è cresciuta non solo economicamente ma anche nel prestigio internazionale. Se l’Arabia Saudita ascolta i consigli cinesi, lo fa in virtù del sostegno economico e degli accordi commerciali garantiti dal gigante asiatico.
Nel caso delle proposta presentata alla Russia occorre aggiungere due considerazioni. La prima è che Russia e Cina sono due nazioni fatte per intendersi, una ha ricchezza di materie prime, l’altra una forte manifattura ma sopratutto entrambe sono fermamente convinte della necessità di costruire un mondo multipolare limitando il ruolo egemonico statunitense. La seconda considerazione e che i 12 punti presentati dalla Cina non sono ovviamente le reali proposte cinesi che al momento rimangono segrete, se Putin ha avuto parole positive è perché il piano è qualcosa di più che una affermazione di principio e contiene rassicurazioni chiare per le richieste russe di sicurezza.
Non sorprende che la prima reazione degli Stati Uniti sia stata un ordine stizzito a Kiev di non accettare il piano (con buona pace della tanto decantata sovranità ucraina), che ha il difetto di essere stato presentato dalla Cina. Le richieste di dialogo che dal governo ucraino continuano a partire verso Pechino ci fanno capire che il sottile filo diplomatico non è spezzato. Se tutto ciò porterà ad un accordo è difficile dirlo ora, gli Stati Uniti sono in campagna elettorale e per loro sarà difficile sciogliere un nodo strategico in questo momento. Quello che va riaffermato è che questa è una guerra vitale per Mosca ma anche per Washington, ciò che viene messo in discussione è l’Impero unipolare statunitense, la sconfitta degli USA segnerebbe una sconfitta al loro prestigio politico e militare e un passo avanti nella costruzione del mondo multipolare.
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