Il mondo che cambia e la necessità dell’alternativa. Editoriale

di: Francesco Maringiò

Questi sono alcuni dei titoli in prima pagina su il Foglio venerdì scorso:

Americani e canadesi intercettano i bombardieri di Russia e Cina quasi in Alaska.

I Giochi di Israele. La paura che Parigi si trasformi in una nuova Monaco.

L’asse della violenza. Assad a Mosca si fa dettare da Putin le ultime richieste russe sul riavvicinamento alla Turchia.

(Il Foglio, 26/7/2024)

Questi, invece quelli di ieri:

I sabotatori dei Giochi Attacco coordinato alle ferrovie francesi. La pista ambientalisti e tutti i sospetti su Mosca.

Giochi made in China. Le istituzioni olimpiche proteggono i nuotatori cinesi positivi al doping. C’è un motivo.

(Il Foglio 27/7/2024)

È la costruzione scientifica e sistematica del nemico. Funzionale al tentativo di far precipitare il mondo in una nuova guerra (fredda o calda dipenderà dallo sviluppo della situazione) nel tentativo antistorico di prolungare l’egemonia americana nel mondo, allargata oltre ogni limite a partire dai primi anni Novanta a seguito della sconfitta dell’Urss.

Il Foglio (ma il discorso è identicamente estendibile a qualsiasi altra testata del fronte unico della guerra) si sente investito della missione propagandistica di condizionare l’opinione pubblica italiana, prepararla alla possibilità di doverla mobilitare se (o quando) si deciderà di andare in guerra contro quei paesi oggi quotidianamente disumanizzati ed additati come nemici del nostro “giardino ordinato” minacciato dalla “giungla” (Borrell dixit).

Quello che questi campioni del “partito unico della guerra” non capiscono è che la loro azione sicuramente raggiunge dei risultati nel brevissimo tempo, ma è destinata in prospettiva ad essere spazzata via dal vento della storia.

Per quanto si sforzino di affilare le armi della propaganda e di rendere sempre più sofisticato il messaggio manipolatore, la fase politica della storia del mondo nella quale siamo entrati è cambiata rispetto ai ruggenti (e devastanti) anni Novanta. Se per lungo tempo, infatti, si è riusciti ad ammansire i popoli dell’Occidente, convincendoli che non ci fosse alternativa alle scelte della classe domandante, oggi questa operazione diventa sempre più difficile perché l’alternativa emerge con sempre maggiore forza.

Ne è prova – tra le altre – quanto avvenuto in Cina questa settimana. Prima la firma della Dichiarazione di Pechino da parte dei 14 rappresentanti palestinesi e poi l’arrivo del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba hanno trasformato Pechino nella capitale della diplomazia. E sebbene questo tema sia un tabù assoluto per i media mainstream non è più così per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, che vede con chiarezza la differenza tra la politica portata avanti dalla Nato e dall’Occidente e quella incarnata dai pilastri del mondo multipolare. Ma questa differenza diventa evidente anche ad una fascia sempre maggiore dell’opinione pubblica del nostro paese: basta guardare al crollo verticale nelle vendite dei quotidiani e negli ascolti dei programmi di informazione sui mass media. Oppure nel calo sistematico di elettori ad ogni tornata elettorale: sentendosi privati della possibilità di una vera alternativa, molti elettori si rifiutano di esercitare un diritto che vivono sempre più come un vuoto rituale.

È qui che il liberalismo e le oligarchie che controllano il discorso pubblico in Europa sono riusciti a conseguire la vittoria più significativa: da un lato polarizzare una, ormai, minoranza di elettori a partecipare al gioco democratico convincendoli della alternatività di posizioni che, a ben guardare, rappresentano due varianti della stessa politica. Dall’altro a spingere la maggioranza della popolazione fuori dalla partecipazione popolare e democratica, in un processo pervasivo di de-politicizzazione.

Se a livello internazionale un’alternativa concreta e sistemica alla direzione indicata dalle classi dirigenti auro-atlantiche è visibile, è sul piano continentale e, soprattutto, nazionale che essa langue. È qui che vanno concentrati tutti gli sforzi e le energie.

Innanzi tutto lavorando perché si sviluppi un nuovo ciclo di lotte che riportino grandi fasce della popolazione alla partecipazione popolare, in grado di strappare e contendere diritti e potere alle classi dirigenti. Su questo terreno due sono le battaglie fondamentali da combattere: quella contro l’autonomia differenziata e, soprattutto, la lotta per l’uscita dell’Italia dal sistema di guerra, che vede il nostro paese coinvolto in una pericolosa escalation contro la Federazione Russa e nell’Indo-Pacifico.

Accanto a questo, per noi, resta centrale un lavoro culturale e politico di ricostruzione di una presenza comunista non residuale nel nostro paese e, quindi, la necessità di un lavoro politico e teorico funzionale a rivitalizzare ed innovare il marxismo. È con questo spirito che questo sito e le Edizioni Marx Ventuno dedicano enormi energie a tradurre e presentare al pubblico italiano i lavori più interessanti dei centri di studio e formazione marxista a livello internazionale, oltre a produrre analisi specifiche del contesto mondiale ed internazionale. Perché siano il lievito di una discussione in grado di farci fare, complessivamente, un significativo passo in avanti.

Il nostro impegno e piccolo contributo in questa direzione non verrà mai meno.

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