Europee: ha vinto Putin? Editoriale

di Francesco Galofaro – Università IULM di Milano

“Ha vinto Putin”: è stato il commento, a caldo, del direttore del Corriere della sera a urne ancora aperte, dopo la diffusione dei dati francesi e tedeschi e la decisione di Macron di indire elezioni anticipate. Luciano Fontana non è un supporter della pace e il nuovo scenario è, dal suo punto di vista, inquietante. La destra euroscettica e “polemoscettica” è in netta crescita in Francia (Le Pen) e Germania (AFD), ovvero nei due Paesi protagonisti dell’asse che ha retto le sorti d’Europa. Il PPE, in apparenza, è solido e guadagna seggi, ma è diviso al proprio interno tra l’opzione di rinnovare l’alleanza coi socialdemocratici, sempre più povera di idee e prospettive di cambiamento, e quella di aprire ai conservatori (dove si colloca, da protagonista, Giorgia Meloni). Assistiamo inoltre a un crollo dei liberali dell’ALDE, ovvero dell’europeismo centrista, e dei verdi, che in Europa sostengono con forza la guerra. Stando a Fontana, la maggioranza popolare-socialdemocratica ha commesso l’errore di presentare sempre il medesimo menù, al punto da creare disgusto nei propri clienti e di farli cambiare ristorante. La metafora culinaria copre i fallimenti grotteschi delle politiche europee in Francia e Germania, dove la guerra ha creato un disagio sociale cui si è preferito rispondere con l’indifferenza o con il manganello. Le preoccupazioni della borghesia europea cosmopolita, bene espresse da Fontana, è che siano Putin e lo scomodo alleato USA a trarre vantaggio dalla divisione e dalla debolezza dell’Unione. La speranza di Fontana e dei gruppi di interesse che rappresenta è che Giorgia Meloni si inserisca nel vuoto di potere rappresentato dalla crisi dell’asse franco-tedesco portando avanti il conflitto con la Russia e, contemporaneamente, dando risposte su dossier importanti quali quello agricolo e climatico. 

Sorprese a sinistra: nel complesso, la sinistra del GUE regge, perdendo un seggio. Interessanti i risultati de La France Insoumise (10%) e, in Germania, di Sahra Wegenecht, che si afferma sulla Linke e si propone come progetto di rinnovamento della sinistra tedesca. Le ragioni per cui queste due sinistre hanno ottenuto buoni risultati sono le stesse che preoccupano il Corriere della sera: le ricadute sociali delle politiche europee, prima fra tutte la guerra, avvantaggiano chi si pone coerentemente in posizione di critica all’UE e per la pace. 

La situazione italiana: in Italia si afferma Giorgia Meloni sulla Lega di Salvini. Il motivo è presto detto: il suo era, in fondo, l’unico vero progetto politico nuovo: sostituire i socialdemocratici nella maggioranza che regge Bruxelles e spostare a destra l’asse politico europeo. FdI non ha proposto genericamente il cambiamento: ha spiegato in che modo intende attuarlo. Il successo della presidente del consiglio si fonda su basi molto solide: Fratelli d’Italia non è più il partito della luna di miele, ha un progetto volto al mutamento culturale del Paese che non andrebbe sottovalutato – specie dai suoi avversari. 

A sinistra, il PD batte i 5 Stelle e si pone in controtendenza rispetto al risultato dei socialdemocratici europei. L’archiviazione del “campo largo” e la resa dei conti tra Conte e Schlein ha pagato quest’ultima, anche nelle elezioni regionali del Piemonte e in quelle baresi. Senz’altro, i flussi elettorali chiariranno cosa è accaduto. L’ipotesi è che i sostenitori del campo largo abbiano finito per votare il PD, mentre i 5 stelle abbiano già in gran parte deluso i propri sostenitori più agguerriti, che questa volta si sono astenuti. Nei fatti, Conte aveva già rinunciato a quei voti per riprogettare e ricollocare i 5 stelle. Tuttavia, sembra aver ereditato la contraddizione della vecchia Rifondazione bertinottiana, tra necessità di battere le destre e aspirazione legittima a contendere l’egemonia del PD. 

Tra i “pacifisti”, il risultato più interessante è quello dei rossoverdi di Bonelli e Fratoianni. Non penso che abbia pagato tanto la candidatura di bandiera della Salis e nemmeno le posizioni sulla guerra, tra le più moderate e arretrate che si siano viste. Queste riflettono una contraddizione interna piuttosto vistosa: teoricamente si tratta di una forza per la pace ma una parte di quei parlamentari potrebbe aderire al gruppo dei verdi europei, la forza più guerrafondaia che ci sia. 

Piuttosto, questa formazione si è rivelata stabile nel tempo e allude a qualcosa di più di un mero cartello elettorale. Dunque, ha confermato la fiducia dei propri elettori e ha attratto nuovi consensi. 

Un’altra caratteristica che può aver convinto l’elettorato pacifista e di sinistra a votare per Fratoianni rispetto alla lista messa in campo da Santoro è il fatto che si tratta di un partito con un programma a tutto tondo; il contrario di una lista elettorale fondata su un solo tema, dalle posizioni poco chiare su tutto – perfino sull’opportunità di uscire dalla NATO. Su questo ho già scritto in precedenza: se la sinistra comunista vuol tornare a vincere, deve smettere di puntare sul leader carismatico inviato dalla provvidenza e lavorare alla costruzione di soggetti politici stabili, unitari, che ridestino la passione dei militanti di base.

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