
pubblichiamo la prima parte dell’editoriale dell’ultimo numero della rivista ‘MarxVentuno’
di Andrea Catone
Questo volume di “MarxVentuno” intende fornire strumenti di conoscenza, riflessione, analisi sulla guerra in corso e sulla nuova fase della storia mondiale che si è con essa avviata. Non esaurisce certamente il tema; alcuni aspetti del quale non sono qui ancora trattati; diverse questioni vanno riprese e approfondite. Ci impegniamo a farlo nei prossimi numeri, cercando di utilizzare al meglio quella “cassetta degli attrezzi” del marxismo, cui esplicitamente si richiama la nostra rivista.
L’intervento militare russo in Ucraina è oggetto di valutazioni diverse e contrastanti tra i partiti e gruppi di ispirazione comunista, socialista, marxista, sia a livello internazionale che in Italia. È di grande utilità a questo proposito l’ampio contributo di Fausto Sorini (datato a metà maggio), che, basandosi esclusivamente sulle risoluzioni e documenti ufficiali, traccia il quadro delle valutazioni e prese di posizione dei principali partiti comunisti nel mondo, concludendo, in estrema sintesi, che “la stragrande maggioranza dei comunisti a livello mondiale (tenendo conto del numero di iscritti, del consenso politico-elettorale, dell’influenza sui rapporti di forza mondiali) – oltre il 90% della forza complessiva – si è schierata dalla parte della Russia e ha fatto propria l’analisi strategica del quadro mondiale affine a quella del Pcfr. Ma tra questi, pochissimi hanno sostenuto apertamente l’intervento militare. Una piccola minoranza, con argomenti assai diversi al suo interno, ha assunto invece una posizione apertamente critica e/o di divergenza strategica”.
Anche in Italia vi sono state a sinistra posizioni articolate. I tre partiti comunisti che fanno capo alla rete Solidnet – Pci (segretario Mauro Alboresi), Prc (segretario Maurizio Acerbo), Pc (segretario Marco Rizzo) – e le diverse altre organizzazioni o gruppi della troppo frammentata galassia della sinistra italiana condividono la critica all’espansione ad est dell’Alleanza militare a guida Usa, di cui riconoscono il ruolo aggressivo. Anche la segreteria nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (Anpi), nell’Appello rivolto il 22 febbraio ha sostenuto che “il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass da parte della Russia può portare il mondo a un passo dalla guerra ed è l’ultimo, drammatico atto di una sequenza di eventi innescata dal continuo allargamento della Nato ad Est vissuto legittimamente da Mosca come una crescente minaccia” [corsivo mio, AC]. Ma la critica della Nato non significa piena condivisione dell’azione russa. Il Prc ha manifestato il 25 aprile con striscioni per la pace, “contro Putin e contro la Nato”. All’interno della sinistra italiana si riflettono gli stessi problemi di valutazione dell’intervento militare russo e, conseguentemente, di presa di posizione, che incontriamo a livello internazionale, individuati nel saggio di Fausto Sorini.
Come affrontare la questione della guerra ucraina
Qui è fondamentale definire il metodo con cui si affronta la questione: se essa viene collocata e contestualizzata all’interno di un processo storico, oppure se un singolo fatto viene estrapolato dal contesto e assolutizzato. Ora, non c’è bisogno di essere marxisti che si fondano sul materialismo storico per riconoscere che l’approccio corretto per comprendere e valutare i fatti sia il primo, quello della contestualizzazione storica: ai primi di maggio Marco Tarquinio, direttore del quotidiano cattolico “Avvenire”, durante la sua settimana di conduzione della rubrica radiofonica di Radio3 “Prima pagina”, iniziava contando quanti giorni fossero passati dal 24 febbraio, ma poi aggiungeva anche il conto dei giorni di guerra dal 2014, dall’inizio degli scontri militari in Donbass, la “guerra fantasma nel cuore d’Europa” – come suona il titolo del libro di Sara Reginella – che ha causato in 8 anni 14.000 morti, in buona parte tra la popolazione civile. E a questo approccio si richiamavano storici di professione quali Luciano Canfora, Angelo d’Orsi, Franco Cardini, quando, nelle prime settimane dall’inizio delle operazioni militari russe in Ucraina, venivano invitati nei talk show (che oggi sono del tutto scomparsi dai palinsesti televisivi, in ossequio alla censura di guerra invocata dagli oltranzisti euro-atlantici e supportata da articoli degni del peggior maccartismo, come l’ormai tristemente celebre La rete di Putin in Italia: chi sono influencer e opinionisti che fanno propaganda per Mosca, a firma di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini, nel “Corriere della sera” del 5 giugno). Per i propagandisti mediatici del partito Usa/Nato tutta la storia ha inizio solo il 24 febbraio; degli eventi precedenti, essenziali per comprendere il processo storico, fanno tabula rasa. La distruzione della ragione realizzata dal pensiero unico passa oggi attraverso la distruzione della cultura storica.
A questo proposito il saggio, presente in questo volume, di Francesco Galofaro analizza alcune modalità della propaganda per rendere accettabile a livello di massa la cobelligeranza italiana nella guerra contro la Federazione russa. Come si effettua, tecnicamente, la manipolazione del consenso? La guerra in Ucraina è un caso studio ideale. In Italia il governo Draghi e la stragrande maggioranza dei media hanno cercato di escludere il punto di vista del “nemico esterno”, la Federazione Russa, e hanno stigmatizzato il “nemico interno”, i pacifisti. L’intenzionalità della costruzione propagandistica appare chiara nella trasformazione della guerra in un gioco, in intrattenimento, che fa del cittadino un giocatore, infantilizzandolo, per abolire ogni distanza critica e ottenere una “tifoseria” amorale a caccia di emozioni, schierata con una parte senza la possibilità di ragionare sul conflitto stesso e di prenderne le distanze. La campagna russofobica scatenatasi in Italia, legittimata e incoraggiata direttamente dalla Commissione europea, mira ad annichilire il punto di vista del “nemico”.
Samir Amin e la Russia nella lunga durata
Per leggere le vicende in corso all’interno di un quadro più ampio, in modo da osservare la foresta e non il singolo albero, proponiamo la traduzione di ampi stralci tratti da La Russie dans la longue durée, il libro, inedito in Italia, che Samir Amin, il prestigioso intellettuale militante marxista scomparso qualche anno fa, pubblicò con le edizioni Les Indes Savantes nel 2016. Esso ci dà la chiave per comprendere le radici profonde della grande crisi attuale, dello scontro violentissimo ed epocale che contrappone oggi la Russia all’imperialismo Usa/Nato. Samir Amin ci fornisce sia l’approccio metodologico, che integra l’analisi della lotta di classe con l’analisi del sistema-mondo, la storia e la geografia, il marxismo e la geopolitica, sia la lettura di una storia della longue durée della formazione e del ruolo dello stato e della nazione russi dalle sue origini alla rivoluzione e costituzione dell’Urss, fino all’attuale fase post-sovietica, e del posto che oggettivamente occupa il Paese più esteso al mondo nel sistema economico-politico mondiale, con le sue insopprimibili specificità, con l’essere insieme e inestricabilmente Europa e Asia. Scriveva allora Samir Amin, riferendosi alla crisi aperta dal colpo di stato di Euromajdan, che essa “apre gli occhi sulla storia della Russia (e dell’Ucraina, ovviamente) fino ad oggi”. Il conflitto ucraino va inserito, secondo Samir Amin, “nel quadro più ampio del conflitto tra la strategia messa in atto da Washington e dai suoi alleati europei subalterni, da un lato, e le aspirazioni – per quanto confuse – dei popoli, delle nazioni e persino degli stati delle periferie contemporanee, la Russia e gli altri Paesi dell’ex Unione Sovietica, così come tutti quelli dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina, dall’altro”.
Lo scontro tra unipolarismo imperialista
e multipolarismo dell’emancipazione dei popoli
Lo scontro in atto tra Russia e Ucraina, iniziato con il colpo di stato di Euromajdan (come indirettamente faceva notare il direttore di “Avvenire”), proseguito nella forma di una guerra di medio-bassa intensità, con picchi di acutizzazione e fasi di relativa stasi, e divenuto guerra di medio-alta intensità dal 24 febbraio 2022, non si comprende se non nel quadro più ampio del conflitto tra l’imperialismo centrale Usa/Nato, con i suoi satelliti, e i Paesi della periferia del sistema mondo, che cercano una propria strada di emancipazione e sviluppo. O, se ricorriamo ad un’altra coppia concettuale, scontro tra mondo unipolare a direzione Usa e tendenza al multipolarismo. Quest’ultima, secondo Danny Haiphong, co-editore di “Friends of Socialist China”, è definita dalla lotta di classe, dalla lotta per l’emancipazione dei popoli dal dominio imperialistico, come scrive nel testo che qui ospitiamo. Per mantenere il loro dominio unipolare e il loro impero finanziario gli Usa hanno accerchiato militarmente la Russia e la Cina e sono disposti a usare le forme più letali di guerra economica, politica e militare. Le forze progressiste e di sinistra in Occidente, scrive Haiphong, dovrebbero comprendere la reale posta in gioco dello scontro in atto.
La Repubblica popolare cinese è il Paese che con la sua straordinaria crescita economica nel trentennio post-sovietico rende oggettivamente proponibile e e concretamente raggiungibile l’obiettivo del passaggio a un nuovo ordine mondiale fondato sul multipolarismo di contro all’unipolarismo imperialistico a base Usa e su rapporti internazionali reciprocamente vantaggiosi. La Rpc – scrive Francesco Maringiò – di fronte al precipitare della situazione in Ucraina e ai forti venti che da Occidente soffiano sul fuoco della guerra, propone una Iniziativa di Sicurezza Globale. Dopo l’impegno a “costruire una comunità dal destino condiviso per l’umanità”, si disegnano i tratti di una iniziativa politica in grado di definire i prodromi di una nuova governance globale. Essa – scrive Yang Jiechi, membro dell’Ufficio politico del CC del Pcc e direttore dell’Ufficio della Commissione centrale per gli affari esteri – si basa su una serie di nuove importanti riflessioni e proposte che il Segretario generale Xi Jinping ha elaborato di fronte alle nuove caratteristiche della situazione internazionale e dello scenario esterno alla Cina, fornendo una guida all’azione per indirizzare i grandi cambiamenti del mondo nella giusta direzione, risolvere il dilemma della sicurezza internazionale, realizzare lo sviluppo comune in tutto il mondo, salvaguardare la vita e la salute delle persone e sostenere il vero multilateralismo.
La direttrice principale del trentennio post-sovietico
La lotta di classe sul piano internazionale si svolge oggi principalmente sul terreno dello scontro tra polo imperialista a guida Usa e i Paesi e popoli che lo contrastano e vogliono liberarsi dal suo dominio politico-militare ed economico-finanziario. Tutte le guerre americane del trentennio post-sovietico diventano incomprensibili (a meno che non si voglia credere alle narrazioni della “guerra umanitaria”, della “guerra per la democrazia”, della “guerra al terrorismo”, ecc.) se non le si colloca nel quadro più ampio della volontà Usa – del resto esplicitamente dichiarata nei documenti sulla sicurezza strategica pubblicati dalla Casa Bianca negli anni Novanta – di mantenersi come unica potenza mondiale dopo la disfatta dell’Urss nel 1991. Dall’Iraq alla Jugoslavia, dall’Afghanistan alla Libia, alla Siria, gli Usa e i loro satelliti europei subalterni e complici, hanno portato la guerra, o hanno promosso la sovversione interna per imporre un cambio di regime, come in Georgia nel 2003 o in Ucraina nel 2014.
La direttrice principale che emerge nella storia mondiale del trentennio post-sovietico è definita dallo scontro tra imperialismo Usa per mantenere il primato assoluto (possiamo parlare anche di “globalizzazione imperialista”, “dominio unipolare”), e Paesi e popoli che lo contrastano e avviano nuove vie di sviluppo autonomo. Tra questi l’ascesa della Repubblica popolare cinese, con i suoi straordinari ritmi di sviluppo, e la Russia della presidenza Putin.
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