
di: Francesco Maringiò
La grande parata per commemorare la Vittoria celebrata il 9 maggio a Mosca non è ancora svanita nel ricordo di chi vi ha partecipato (1) che un bilancio politico si impone.
Il primo aspetto è relativo all’evento politico che ha visto la partecipazione di 33 stati che assieme rappresentano il 51% della popolazione mondiale. Non male per il supposto isolamento della comunità internazionale nei confronti di Putin e della Russia, come ci ripetono un giorno sì e l’altro pure le più “brillanti” firme del giornalismo (embedded) nostrano.

Nei giorni scorsi su questo sito abbiamo pubblicato due articoli, proprio con lo scopo di affrontare un tema centrale del dibattito politico, ma che nel nostro paese viene trattato senza il rigore necessario che merita. Parliamo del tema dell’antifascismo.
Il primo articolo al quale facevamo riferimento è quello dello storico Ruggero Giacomini, che contesta la narrazione occidentale dell’inizio della Seconda guerra mondiale, evidenziando come essa ignori il contributo di altre nazioni e proponga una visione occidentocentrica degli eventi. Il secondo articolo è invece la traduzione italiana dell’articolo di Xi Jinping pubblicato pochi giorni fa sul quotidiano russo Rossijskaja Gazeta e che evidenzia il ruolo fondamentale dei sovietici e dei cinesi nella vittoria ed ammonisce a costruire un futuro migliore fondato su unità, cooperazione e giustizia, opponendosi all’egemonismo e alle pratiche coercitive. Le celebrazioni del 9 maggio, hanno quindi innescato una riflessione che non è solo di natura storica o storiografica, ma ci aiuta a riflettere sul presente.
Come mai, bisognerebbe chiedersi, la Federazione russa sta ponendo da alcuni anni il tema della riemersione di movimenti fascisti e neonazisti? A riprova di questo impegno vi è il fatto che, recentemente, su iniziativa del Partito Comunista della Federazione russa è stato organizzato a Mosca il Secondo forum internazionale antifascista (2). Analogamente bisognerebbe chiedersi: come mai la Cina sente il bisogno di ribadire, ancora oggi, il bisogno di rapportarsi alla storia in modo corretto? («Qualsiasi tentativo – scrive il Presidente cinese – di distorcere la verità storica della Seconda guerra mondiale, negarne l’esito vittorioso o diffamare il contributo storico della Cina e dell’Unione Sovietica è destinato al fallimento».)
Se guardiamo all’Europa, si trovano molte risposte alle domande su citate. L’ondata revisionista che porta a cancellare la verità storica, o a riscriverla, travisarla e manipolarla, è abbastanza evidente, come pure il tentativo di equiparare il nazismo a chi ha fornito il contributo decisivo per sconfiggerlo. E questo per un mero calcolo politico, per manipolare la coscienza collettiva dei popoli occidentali e prepararli ad una nuova guerra contro i nuovi nemici (esattamente quelli che un tempo ci hanno liberato dalla dittatura, dalla vergogna dei campi di sterminio e dall’occupazione nazista in tutta l’Europa).
Proprio l’anniversario del 9 maggio ha fornito una sfilza inquietante di esempi in questa direzione. In Germania, per esempio, la polizia di Berlino ha vietato l’uso di tutti i simboli della vittoria: nastri di San Giorgio, effigi sovietiche, canzoni tradizionali degli anni della guerra…financo i colori della bandiera russa. Esattamente come in Ucraina, dove nella giornata di ieri si sono registrati arresti di donne anziane, ree di aver commemorato la Grande Guerra Patriottica, indossando le effigi dei liberatori (3).
Riflettere su questi nodi storici nel 2025 ha una doppia valenza.
Da un lato, rimettere nella giusta prospettiva storica gli eventi, sottraendoli quindi dal revisionismo imperante che è anche effetto della sconfitta storica conseguita in questa parte di mondo con la caduta del muro di Berlino. Abbiamo assistito in questi anni ad una interpretazione rovesciata della storia, prodromica all’espansione ad Est di quella Nato che ha abbaiato alle porte della Russia.
Dall’altro lato tutto questo ci impone una riflessione capace di dare senso all’impegno antifascista nel nostro Paese e nella nostra parte di mondo. Per farlo in modo corretto occorre rifuggire da due errori, entrambi tragici e molto comuni: cadere in un antifascismo di maniera, funzionale ad operazioni di piccolo cabotaggio elettorale (come abbiamo a lungo sperimentato negli ultimi 30 anni) o, per reazione, alla negazione del tema, abbracciando alcune delle parole d’ordine dell’ideologia dominante, che vorrebbero la fine di ogni ideologia o l’inconsistenza di ogni pericolo fascista, come se russi e cinesi, che invece questo tema pongono con forza, fossero fuori dal mondo.
Proprio per combattere coerentemente l’antifascismo di maniera di coloro che hanno trasformato l’antifascismo in un rituale privo di ogni connotazione politica e di classe, coloro insomma che canterebbero ad ogni piè sospinto Bella Ciao, abbracciando però acriticamente l’ideologia “degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del capitale finanziario” (4), c’è bisogno di ricollocare la battaglia antifascista nella corretta dimensione storica e dei compiti attuali (per chi non l’avesse ancora fatto, leggete l’intervento di Xi Jinping).
In questa fase quindi, Russia e Cina non solo aiutano a riequilibrare un dibattito mondiale storico-politico caratterizzato – in questa parte del mondo – da una totale egemonia delle forze reazionarie e revisioniste, ma ci impongono una riflessione sul nostro futuro. C’è ampia materia su cui riflettere.
Note:
- Tra i tanti, lo ricordiamo, una delegazione di Marx21 per partecipare ad una serie di eventi dei quali vi daremo notizie nei prossimi giorni: seguiteci!
- Anche a questo evento era presente una delegazione di Marx21.
- Qui un’anziana signora arrestata per avere indossato un berretto con la stella rossa: https://www.tiktok.com/@ilmegliodeivideo08/video/7502463622103207190.
- Questa espressione è presa dal Rapporto presentato al VII Congresso dell’Internazionale Comunista (2 agosto 1935) da Georgi Dimitrov che nel descrivere il carattere di classe del fascismo dice: «Il fascismo al potere, come lo ha giustamente definito la XIII Sessione plenaria del Comitato Esecutivo dell’Internazionale comunista, è la dittatura terroristica aperta degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del capitale finanziario».
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