A 90 secondi dall’apocalisse. Editoriale

di Marco Pondrelli

Ascoltando i ministri del Governo italiano o informandosi sui mass media mainstream ci sentiamo rassicurati rispetto alla guerra in Ucraina: l’esercito russo è in ginocchio, noi inviamo nuove armi ma, siccome l’Occidente è magnanimo, una volta che la Russia si sarà ritirata ci mostreremo generosi e ci fermeremo. Purtroppo chi fa queste affermazioni ignora l’insegnamento del generale Montgomery, il quale ricordava la prima regola del manuale di guerra: ‘mai marciare su Mosca; ci hanno provato in tanti, Napoleone e Hitler, e non è andata bene’.

La realtà è quindi molto diversa, la guerra è fatta di tattica e di strategia. Una ritirata non automaticamente vuole dire sconfitta, di fronte agli ultimi accadimenti gli stessi mass media che pochi mesi fa si entusiasmavano per le conquiste territoriali ucraine, oggi tacciono o minimizzano l’offensiva russa. La guerra sta quindi proseguendo e la Russia non è stata sconfitta, in questo contesto l’invio delle armi rappresenta per l’Italia, e per gli altri paesi dell’Occidente, un costo doppio. Accanto alle spese per rifornire l’Ucraina vanno messi in bilancio i soldi per ricostituire le scorte militari. Da tempo denunciamo la scelta di aumentare i costi delle difesa al 2% del PIL e da tempo sosteniamo come lotta all’imperialismo e lotta di classe siano unite, chi pagherà per le armi? Marco Travaglio giovedì su ‘il fatto quotidiano’ ha scritto che l’invio dello scudo anti-aereo Samp-T costa all’Italia 800 milioni, ovverosia quanto tagliato al Reddito di Cittadinanza. Sarebbe poi bello chiedere conto delle promesse fatte al tempo del Covid, le assunzione di medici e infermieri dove sono finite? Perché anziché le spese militari non si propone di togliere quelle sociali dal patto di stabilità? Un recente sondaggio SWG dimostra che la maggioranza degli italiani è contraria all’aumento delle spese militari ma ovviamenti abbiamo da tempo capito che tutti sono sovranisti all’opposizione e atlantisti al governo.

A questi costi va sommata la frenata dell’economia, più la guerra durerà più le cose peggioreranno. È difficile prevedere come e quando finirà il conflitto, quello che possiamo dire e che saranno i paese europei a pagare il costo più alto, anche se non tutti i paesi allo stesso modo. Assisteremo nei prossimi anni ad un cambio dell’equilibrio di potere in Europa, la Germania perderà parte della sua centralità e la Polonia si rafforzerà. La domanda è quale interesse abbiamo noi a difendere tutto questo? Sempre su ‘il fatto quotidiano’ Peter Gomez ha scritto ‘chi è appena andato al governo non vuole perdere gli appoggi politici americani ed europei e ha anche paura che gli alleati penalizzino l’Italia economicamente. Chi sta all’opposizione ha dei timori in più: venir massacrato dai media. “La scialuppa è piena di buchi”, ci ha detto un ministro, “ma è l’unica che abbiamo”. Così la politica italiana ci resta aggrappata costringendo i cittadini a fare altrettanto’. Purtroppo questa è la triste verità, una classe politica che ci fa rimpiangere il CAF perché incapace di guardare agli interessi del proprio Paese. Se una parte dell’establishment italiano capisce ma non fa nulla, un’altra parte è così legata agli Stati Uniti che non è più in grado di distinguere fra loro e noi.

Sembra di essere precipitati dentro ‘the day after’, un film del 1983 che immaginava lo scontro nucleare fra l’URSS e gli USA, quando Paolo Mieli scrive sul ‘corriere della sera’ che l’invio di carri armati di ultima generazione non rappresenta un’escalation probabilmente vuole illudere se stesso prima che i lettori del suo giornale. Il Bulletin of the Atomic Scientists che monitora i rischi di un conflitto nucleare ha recentemente affermato che ci troviamo a 90 secondi dalla mezzanotte, ovverosia a 90 secondi dalla catastrofe nucleare. Manlio Dinucci da anni denuncia questi rischi ma prima è stato ignorato, poi accusato di essere putiniano proprio dal giornale che oggi ci racconta che le armi inviate a Kiev avvicinano la pace.

Di fronte ad una situazione più grave di quella che si verificò nell’ottobre del ’62 al tempo della crisi di Cuba non possiamo che pensare a Ennio Flaiano ‘la situazione è grave ma non è seria‘, difatti scopriamo che Zelensky dopo Cannes e Venezia sarà presente al festival di Sanremo con un messaggio registrato. Ci sentiamo di condividere la protesta di chi, come Moni Ovadia, chiede di boicottare la kermesse canora, aggiungiamo che sarebbe meglio per gli organizzatori lasciare la propaganda alla Maggioni o a Mentana e tornare a fare il proprio lavoro. Nel caso in cui la coscienza civile imponga una riflessione sulla guerra, evitiamo di chiamare chi mentì al mondo, ma è solo un esempio, accusando la Russia di avere bombardato la Polonia, ci permettiamo di suggerire di pescare nel repertorio di un grande cantautore prematuramente scomparso (e che con Sanremo ha avuto poco a che fare): Fabrizio de André. Magari le sue canzoni potrebbero ricordare che una guerra nucleare non vedrebbe vincitori ma solo sconfitti.

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