Zelens’kyj. L’uomo e la maschera. Fulvio Scaglione

di Marco Pondrelli

Una scena più di tante rimarrà impressa a segno della santificazione di Zelens’kyj, è l’intervista che gli venne fatta da alcuni camerieri sulla terrazza del Vittoriano di Roma, non si stava intervistando un capo di Stato ma si incensava un dio greco, non bisognava domandare ma adulare perché l’uomo è la rappresentazione del bene, così come, ovviamente, Putin è la rappresentazione del male.

Dal febbraio 2022 sono stati tanti i libri (come scordare quello curato dal politico-regista Walter Veltroni), le copertine di riviste patinate, i servizi giornalistici che hanno elogiato questo personaggio fino ad allora sconosciuto ai più. Va detto però che, ultimamente, l’indifferenza verso il guitto ucraino sta diventando fastidio e l’attenzione dei media nei suoi confronti sta lentamente scemando insieme alla convinzione di poter vincere la guerra, oramai condivisa solo dalla Picerno e Cappellini.

Il libro di Fulvio Scaglione è un’opera interessante perché ci permette di guardare in modo critico alla storia del Presidente ucraino e anche del conflitto che si sta combattendo. Come scrive l’Autore molti credono di parlare di Zelens’kyj ma stanno parlando di Putin [pag. 9]. La favola che ci è stata raccontata è quella di un comico divenuto Presidente, presentandosi alle elezioni con 3 punti fermi: la propria onestà, il proprio amor di patria e la propria indipendenza dagli oligarchi in particolare da Kolomojs’kyj a cui era legato per motivi di lavoro. Nel libro, attraverso gli elementi concreti che ci vengono portati, capiamo perché nessuna di queste tre affermazioni sia vera.

Prima di arrivare a sfatare il nuovo mito dell’Occidente Scaglione ne ricostruisce la storia, la sua nascita, la sua infanzia, i suoi studi fino all’inizio della sua esperienza nel mondo dello spettacolo. Zelens’kyj nasce a Krivyj Rih da una ‘ordinaria famiglia di ebrei sovietici’ [pag. 17]. Il futuro leader dell’Ucraina pura e derussificata nasce quindi nella parte russa del Paese, non è un caso che quando deciderà di abbandonare il russo il suo ucraino si dimostrerà zoppicante.

La sua carriera si sviluppa in un Paese di fresca indipendenza, profondamente diviso e proprio per questo la sua cifra, come attore e come politico almeno fino al 2021, sarà quella di destreggiarsi fra le due parti (russofona e occidentale) senza mai prendere una posizione netta. Proprio questa capacità lo portare a lavorare anche in Russia mentre sta diventando una delle principali star della televisione ucraina. La carriera assieme al successo porta a Zelens’kyj molto denaro, non è quindi strano avere trovato il suo nome nei Pandora Papers per avere nascosto 40 milioni di dollari in società off-shore. Questi soldi arrivavano da Kolomojs’kyj il quale, nello stesso momento, era stato attenzionato dall’allora Presidente della Banca centrale Hontareva per avere sottratto 5,9 miliardi di dollari dalla sua banca. I metodi che usava l’oligarca amico di Zelens’kyj per risolvere questi problemi erano abbastanza sbrigativi: squadrismo e intimidazioni. Alla governatrice della Banca centrale venne recapitata una bara con dentro un manichino con le sue fattezze, dimessasi e trasferitasi a Londra venne investita da un automobile poi fuggita, mentre l’auto del figlio venne bruciata.

Mentre sale la stella di Zelens’kyj esplodono le tensioni interne all’Ucraina, Scaglione individua l’inizio della guerra nel 2012, quando viene firmato l’accordo con l’Ue che esclude la Russia e colpisce una parte consistente del Paese. È un periodo nel quale non vi è un consenso diffuso fra gli ucraini ad entrare nella Ue e nella Nato [pag. 92], questo spiega la politica statunitense, di cui l’Europa è esecutrice, una politica il cui scopo è rompere il fragile equilibrio ucraino per colpire Mosca. Questo avviene dopo altre provocazioni come l’uscita dal trattato ABM o lo schieramento di missili in Polonia, Romani e di sistemi radar in Repubblica Ceca.

Queste sono le premesse al conflitto che si scatena nel 2014. La fallimentare presidenza di Porošenko lacera un Paese che chiede pace e la chiede da entrambe le parti del conflitto. Sarà proprio una vaga promessa di pace a permettere a Zelens’kyj di vincere le elezioni.

Normalmente si pensa che il successo televisivo spianò la strada alle ambizioni politiche del futuro Presidente, in realtà ci spiega Scaglione le cose potrebbero stare in modo diverso. Dietro le mosse di Zelens’kyj e di Kolomojs’kyj c’era un disegno molto accurato. Una volta conquistato il consenso però si rivelò molto difficile da mantenere, perché i problemi dell’Ucraina rimasero irrisolti, in più il Covid mise il difficoltà uno Stato disorganizzato e corrotto.

L’avvio dell’Operazione Speciale ha ricompattato, anche se solo momentaneamente, il Paese attorno al Presidente. Il risultato anche in questo caso non a portato ad un miglioramenti della condizioni di vita, la politica anti-oligarchi del Presidente ucraino in realtà è solo lo strumento per rafforzare il proprio potere, aiutato da questo da compiacenti poteri internazionali a partire dagli Stati Uniti d’America. Ricorda Scaglione la figura di Hunter Biden e le prove di corruzione messe a tacere proprio dall’intervento dell’allora vice Presidente.

La domanda che chiude il libro è se, finita la guerra Zelens’kyj riuscirà a dismettere la sua faccia autoritaria, forse la vera domanda è se finita la guerra ci sarà ancora un futuro politico per Zelens’kyj.

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