di Marco Pondrelli
Nel raccontare la storia dell’Eritrea Meninet Abraha Teferi, sviluppando quella che fu la sua tesi di laurea, indaga anche su se stessa e sulla sua generazione, nata dopo la conquista dell’Indipendenza. Una generazione che conosce l’importanza della lotta che ha portato alla nascita del Paese e che venera i Martiri caduti per la libertà. Allo stesso tempo una generazione che deve guardare avanti continuare a lottare per il progresso dell’Eritrea e questo vale anche per chi, come l’Autrice, appartiene alla Diaspora.
Nonostante il passato coloniale italiano nel nostro Paese si conosce poco la storia di questa lontana nazione africana, la cui posizione è invece strategica trovandosi ‘alla fine del Mar Rosso, all’imbocco delle stretto di Bab-el-Mandelb, all’inizio del Golfo Persico e all’apertura sull’?oceano Indiano. Dunque, è un punto di passaggio, del 40%, di trasporti petroliferi, tra l’Asia e l’Occidente’ [pag. 97]. Questa posizione, divenuta ancora più rilevante dopo l’apertura del canale di Suez, spinse l’Italia alla sua avventura coloniale, a partire dagli anni ’80 dell’Ottocento. La pagina del colonialismo italiano, prima ancora del fascismo, è una pagina rimossa maguardando al passato ci rendiamo conto che ‘italiani brava gente’ non è altro che una favola. Per il Governatore Fernando Martini l’indigeno era un impicco che andava aiutato ‘a sparire’ [pag. 31]. Con il fascismo si andò verso una società rigidamente divisa, nella quale gli investimenti italiani erano riservati ad una parte della società, come puntualizzato nel libro ‘l’economia coloniale africana fu caratterizzata da un sistema di rapina e di sfruttamento delle risorse […] è favorì soltanto un altare politico importante, il colono’ [pag. 41].
L’Autrice denuncia l’uso dei gas vietati dalla convenzione di Ginevra, va però detto che questa non fu una prerogativa italiana. Come sosteneva Domenico Losurdo l’atteggiamento coloniale era un atteggiamento razzista e quindi le regole che valevano nella ‘civile’ Europa non dovevano essere rispettate nelle colonie. Lo stesso Marx aveva ben presente questa differenza quando scrisse che ‘ la profonda ipocrisia, l’intrinseca barbarie della civiltà borghese ci stanno dinnanzi senza veli, non appena dalle grandi metropoli, dove esse prendono forme rispettabili, volgiamo gli occhi alle colonie, dove vanno in giro ignude1‘.
Dopo la parentesi inglese il Paese venne unito, formalmente attraverso una federazione, all’Etiopia il cui dominio è ricordato sullo stesso piano di quello coloniale. È subito dopo la risoluzione delle Nazioni Unite e l’addio inglese che nasce un sentimento ed una protesta popolare che confluì nel Fronte di Liberazione Eritreo (FLE) che nel 1962 si diede una struttura stabile. Nel suo lavoro l’Autrice ripercorre le vicissitudini del FLE il suo scioglimento, la sua rinascita e le divisioni che accompagnarono questa lotta, divisioni solo formalmente religiose (fra musulmani e cristiani) perché come scrive Meninet Abraha Teferi è ‘errato considerare le differenze religiose come la contraddizione principale della società eritrea’ [pag. 64], furono in realtà i colonialisti ad usare la pedina religiosa per dividere il popolo. La conquista da parte degli eritrei di Nakfa nel 1977 cambiò il segno del conflitto, difatti il FPLE qui costruì le prime forme di governo, creando le premesse per la liberazione nazionale.
Per concludere occorre sottolineare il ruolo che l’Italia, ed in particolare Bologna, ebbe nel sostenere la lotta nazionale ospitando dal 1974 fino all’anno dell’indipendenza il Congresso popolare eritreo.
La lotta eritrea può essere sintetizzata nelle parole di Fisshatsien Petros ambasciatore a Roma ed uno dei maggiori rappresentanti della Diaspora eritrea in Italia. Rispondendo ad una domanda dell’Autrice egli afferma ‘se il nemico non è riuscito a sconfiggere questa piccola nazione, lo dobbiamo sicuramente alla determinazione della nostra gente e all’estremo sacrificio degli ex-combattenti e dei giovanissimi di Sawa, che sono stati in grado di resistere e respingere l’aggressione etiopica nonostante un rapporto di forze di 10 a 1 per l’esercito nemico’ [pag. 111].
Note:
1 Losurdo Domenico, Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere, Editori Laterza; Bari, 2017, pag. 58